domenica 4 marzo 2012

Patria della cultura?


L’articolo di fondo del Corriere della Sera di oggi, scritto da Gian Antonio Stella, è dedicato alla scarsa cura che riserviamo al nostro patrimonio culturale e non solo (http://www.corriere.it/editoriali/12_marzo_04/la-dittatura-dell-incuria-stella_fdbf73d4-65ca-11e1-be51-f4b5d3e60e3d.shtml).
Vi si ritrovano alcuni temi che, più diffusamente, erano stati oggetto di un saggio breve (definirlo articolo mi sembra riduttivo) di Gilberto Corbellini nell’inserto del Sole 24 Ore di domenica scorsa (http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2012-02-25/conoscenza-libera-pizzo-170741.shtml?uuid=AaTGFixE&fromSearch).
Buona stampa. Per tutti e due, ma… ma credo che i mezzi di informazione dovrebbero andare oltre la critica della politica o la promozione di manifesti. Ci vorrebbe anche una capacità autocritica, la volontà di riflettere realmente sul proprio contributo alla crescita culturale del paese, che a me pare essere sempre più modesto.
In un paese che vive un fenomeno drammatico come l’analfabetismo di ritorno e nel quale la lettura di un libro l’anno è pratica assai infrequente, bisognerebbe che i media facessero di più e, per cominciare, dovrebbero resistere alla tentazione di solleticare gli appetiti peggiori del pubblico, evitando così di dare spazio ad argomenti e modalità di comunicazione che finiscono per aggravare l’impoverimento culturale della popolazione.
Sotto questo profilo, sono portato ad attribuire maggiori colpe alla televisione, tuttavia anche la stampa ha le sue responsabilità. Il diffondersi dell’aggressività, verbale e non, del voyeurismo, della passione per il pettegolezzo, della convinzione che fama e denaro (poco importa come ottenuti) siano le uniche misure delle capacità individuali, tutto questo, credo, è stato largamente favorito dai modelli che vengono offerti dalla televisione attraverso i programmi di maggior ascolto, ossia talk e reality show. Modelli che, temo, diverranno anche più diffusi e si affermeranno anche nei cosiddetti nuovi media, se è vero quel che afferma oggi Marco Bassetti, l’italiano che dirige Endemol, in un’intervista al 24 Ore (purtroppo non disponibile in rete). I progetti della società guidata da Bassetti, infatti, sono di ampliare l’offerta dei propri prodotti attraverso internet, ossia il mezzo di comunicazione che sta lentamente erodendo gli ascolti televisivi. E non è che Endemol offra gran che come qualità…
Com’è evidente, il problema non è soltanto italiano, ma sono convinto che nel nostro paese sia più grave e che richieda una svolta decisa: il basso livello di concorrenza, infatti, unito alle pessime condizioni economiche della RAI e alla minore redditività di Mediaset (a riguardo ottimo Mucchetti qualche settimana fa: http://www.corriere.it/editoriali/12_febbraio_23/la-concorrenza-che-non-si-vede-massimo-mucchetti_2e836e9c-5de4-11e1-ab06-25238cfc8ce3.shtml) inducono a temere una riduzione degli investimenti in prodotti di qualità. E non mi pare che Sky faccia molto per stimolare il processo competitivo, anzi.
E’ auspicabile, quindi, che il Governo Monti faccia valere la volontà di liberalizzare i mercati anche nel settore dell’informazione, non solo in quello del commercio dei farmaci e dei trasporti urbani.
Non che mi faccia grandi illusioni: dalle parti della politica, infatti, ha ancora notevole peso il proprietario del maggior gruppo editoriale e televisivo italiano così come non vedo negli altri principali partiti la volontà di allentare la presa clientelare sulla RAI.
In ogni caso, la qualità della nostra televisione, in assenza di misure strutturali, è destinata a peggiorare, anche perché si è ormai disperso il patrimonio sviluppato in passato.
Un rischio, purtroppo, che scorgo anche nel settore della carta stampata, ancor più provato di quello televisivo dall’andamento dei ricavi. Le tirature calano, il sostegno pubblico si riduce, la presenza in rete non è ancora in grado di dare contributi significativi ai bilanci. Così anche i giornali finiscono per dare spazio, nella speranza di fermare l’emorragia delle vendite, ad argomenti che possono forse attirare qualche nuovo lettore, ma certamente non ne migliorano la cultura, al contrario. Un atteggiamento che negli altri paesi non si riscontra, quantomeno tra i quotidiani più autorevoli.
Aprite il sito del Corriere, della Stampa, di Repubblica: lo spazio riservato a certa cronaca nera, alle vicende di presunte celebrità, agli avvenimenti nelle isole e nelle case non è trascurabile. Aprite il sito, che so, del Times, del Guardian, di Le Monde, della Faz, del New York Times e cercate qualcosa di simile. Non lo troverete.
Non vorrei essere accusato di esterofilia, perciò sottolineo immediatamente che anche altrove la maggior parte della popolazione sembra interessarsi soprattutto a scandali e pettegolezzo e vicende artefatte di personaggi artefatti, ma questa attitudine non viene incoraggiata  dai quotidiani più prestigiosi, né su carta né on line.

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