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venerdì 15 dicembre 2017

Giganti e nani

Operazioni come l’acquisizione di 21st Century Fox da parte di Disney sono così complesse da rendere difficile per chiunque valutarne le conseguenze a distanza di poche ore dalla comunicazione ai mercati. A maggior ragione è difficile per me. E, tuttavia, qualche riflessione mi sento di farla. Prendiamo spunto da un articolo di Matthew Garrahan e Shannon Bond su The Financial Times: https://www.ft.com/content/db933926-e0ee-11e7-a8a4-0a1e63a52f9c.
Buona stampa.

venerdì 27 febbraio 2015

Perché?


Ci mancava soltanto che l’ISTAT segnalasse un impercettibile tasso di crescita del PIL, forse parente lontano dello 0,1%… Non voglio nemmeno guardare cosa hanno cinguettato i nostri politici. Non ho il minimo dubbio che, a seconda dello schieramento di appartenenza, avranno cinguettato idiozie di tipo A o di tipo B o di tipo C. E’ un pregiudizio? Senz’altro: ho il pregiudizio che la nostra classe politica, che sia di maggioranza o di finta opposizione o di quasi opposizione, non abbia niente a che fare con un futuro migliore per il nostro Paese. Non è un pregiudizio, vero?
Veniamo all’argomento principale di questo post. Si fa un gran parlare della OPAS da parte del gruppo Mediaset, attraverso la controllata EI Towers, su Rai Way.
In sintesi: la società che controlla il principale gruppo televisivo privato italiano, attraverso una società di cui ha la maggioranza del capitale, si propone di acquistare la società che possiede e fa funzionare le antenne attraverso le quali arriva nelle case degli italiani il segnale delle reti televisive della sua concorrente pubblica, finanziata con il canone, che ha e intenderebbe mantenere il controllo delle proprie antenne.
Detto altrimenti e con nomi, cognomi e numeri: una società quotata in Borsa (EI Towers) controllata da una società quotata in Borsa (Mediaset) controllata da una famiglia (Berlusconi) si dice intenzionata ad acquistare una società quotata in Borsa (Rai Way) di cui il 51% è in mano a un’azienda pubblica, la RAI S.p.a., che ha venduto la parte restante pochi mesi fa e che, anche a detta del Presidente del Consiglio Renzi, non dovrebbe scendere sotto la quota di controllo assoluto (il 51% appunto). Stiamo cioè parlando di un’operazione che, sulla carta, ha probabilità di successo 0 (zero). Ossia stiamo parlando del sesso degli angeli. Perché si mette in cantiere un naufragio?
Mi sembra evidente che solo in Italia può accadere qualcosa del genere. Altrove, parlo di nazioni finanziariamente e politicamente civili (sono poche, ma ancora ce n’è qualcuna), non sarebbe mai successo niente di simile. E si parlerebbe di altro, di cose che hanno realmente a che fare con il futuro dei cittadini. Da noi, però, se ne parla... Chissà mai perché? Sarà che sono sospettoso...
Veniamo alla battaglia dalla parte della musica. Mi rendo conto di aver dato poco spazio alla canzone italiana e faccio ammenda. Mi gioco una carta che considero facilmente vincente. Uno dei brani più belli di Lucio Dalla: Caruso.


giovedì 29 marzo 2012

Lo hanno cacciato. Anzi, no

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Ho sbagliato. Il povero Emilio Fede, a quanto pare, è stato licenziato. O meglio, Mediaset ritiene di aver risolto il rapporto di lavoro con lui, ma lui nega. Potete trovare il resoconto sul Corriere (http://www.corriere.it/cronache/12_marzo_28/fede-mediaset-tg_2004b05c-7909-11e1-9401-15564ff52752.shtml) e su Libero (http://www.liberoquotidiano.it/news/969228/Fede-Cacciato-dal-Cav-addio-a-Tg4-e-Mediaset-Lui-fa-spallucce-Che-bella-che-%C3%A8-la-primavera.html).
Buona stampa.
Devo dire che non condivido affatto l’atteggiamento comprensivo (addirittura compassionevole) di Gad Lerner. A me pare, dalle ricostruzioni, che, quantomeno, Fede abbia di gran lunga sopravvalutato il suo peso all’interno dell’azienda. Non vorrei infilarmi nel ginepraio della dietrologia e dei complotti, come invece fa il protagonista di questa storia piuttosto ambigua. Osservo, però, che Mediaset è una società quotata in Borsa, il che imporrebbe la certezza su questa vicenda. Non capisco come sia possibile che l’azienda sostenga una cosa e Fede il contrario. Inoltre, se le ricostruzioni sono corrette, appare evidente che c’è stato un uso improprio di beni aziendali in ogni caso: che a bordo ci fosse realmente Emilio Fede o un impostore, a quanto pare un’auto di proprietà di Mediaset è stata usata per recarsi a Lugano o per versare un’ingente somma di denaro contante o per realizzare un torbido intrigo.
Magari il mio naso funziona male, ma l’odore che emana da questa storia mi piace sempre meno.
E per concludere in bellezza su questo, voglio sperare che non si avveri quanto sostenuto da Fede e riportato da diversi giornali, ossia che si apriranno per lui le porte del Parlamento.
Mi pare non ci sia nessun bisogno di un deputato o di un senatore ultraottantenne del genere. Sono più che convinto che abbia già dato tutto quel che poteva dare (e anche preso tutto quello che poteva prendere). Non riesco proprio a vedere perché mai dovremmo pagare un lauto stipendio a un signore che, anche a trascurare le vicende ancora da definire sul piano processuale, non mi pare si possa considerare, come si diceva una volta, un buon esempio.
Avrà bene dei nipotini di cui occuparsi e, con la ricca pensione maturata come giornalista in RAI prima e in Mediaset poi, non credo sia necessario fargli avere anche il lauto stipendio di parlamentare.
A proposito di stipendi dei parlamentari… Vi ricordate le promesse di Schifani e Fini? Avete visto risultati concreti voi? Sono passati quasi due mesi da quando si sarebbero dovuti vedere i cambiamenti promessi da entrambi. Anche qui, l’aria è piuttosto maleodorante.
Finiamo con l’intervista di cui parlavo ieri. Ancora non è apparsa sul sito del Corriere. Se entro domenica non verrà pubblicata, la digitalizzerò con lo scanner. E’ troppo importante, perché contiene altre promesse da parte di un altro politico di primo piano e voglio proprio vedere se, quando finalmente le norme anticorruzione saranno approvate, le affermazioni di questo tale si riveleranno veritiere o meno. Io ne dubito, ma stiamo a vedere.
Mi sa che mi tocca citare ancora Edward R. Morrow: Buona notte e buona fortuna.

domenica 4 marzo 2012

Patria della cultura?


L’articolo di fondo del Corriere della Sera di oggi, scritto da Gian Antonio Stella, è dedicato alla scarsa cura che riserviamo al nostro patrimonio culturale e non solo (http://www.corriere.it/editoriali/12_marzo_04/la-dittatura-dell-incuria-stella_fdbf73d4-65ca-11e1-be51-f4b5d3e60e3d.shtml).
Vi si ritrovano alcuni temi che, più diffusamente, erano stati oggetto di un saggio breve (definirlo articolo mi sembra riduttivo) di Gilberto Corbellini nell’inserto del Sole 24 Ore di domenica scorsa (http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2012-02-25/conoscenza-libera-pizzo-170741.shtml?uuid=AaTGFixE&fromSearch).
Buona stampa. Per tutti e due, ma… ma credo che i mezzi di informazione dovrebbero andare oltre la critica della politica o la promozione di manifesti. Ci vorrebbe anche una capacità autocritica, la volontà di riflettere realmente sul proprio contributo alla crescita culturale del paese, che a me pare essere sempre più modesto.
In un paese che vive un fenomeno drammatico come l’analfabetismo di ritorno e nel quale la lettura di un libro l’anno è pratica assai infrequente, bisognerebbe che i media facessero di più e, per cominciare, dovrebbero resistere alla tentazione di solleticare gli appetiti peggiori del pubblico, evitando così di dare spazio ad argomenti e modalità di comunicazione che finiscono per aggravare l’impoverimento culturale della popolazione.
Sotto questo profilo, sono portato ad attribuire maggiori colpe alla televisione, tuttavia anche la stampa ha le sue responsabilità. Il diffondersi dell’aggressività, verbale e non, del voyeurismo, della passione per il pettegolezzo, della convinzione che fama e denaro (poco importa come ottenuti) siano le uniche misure delle capacità individuali, tutto questo, credo, è stato largamente favorito dai modelli che vengono offerti dalla televisione attraverso i programmi di maggior ascolto, ossia talk e reality show. Modelli che, temo, diverranno anche più diffusi e si affermeranno anche nei cosiddetti nuovi media, se è vero quel che afferma oggi Marco Bassetti, l’italiano che dirige Endemol, in un’intervista al 24 Ore (purtroppo non disponibile in rete). I progetti della società guidata da Bassetti, infatti, sono di ampliare l’offerta dei propri prodotti attraverso internet, ossia il mezzo di comunicazione che sta lentamente erodendo gli ascolti televisivi. E non è che Endemol offra gran che come qualità…
Com’è evidente, il problema non è soltanto italiano, ma sono convinto che nel nostro paese sia più grave e che richieda una svolta decisa: il basso livello di concorrenza, infatti, unito alle pessime condizioni economiche della RAI e alla minore redditività di Mediaset (a riguardo ottimo Mucchetti qualche settimana fa: http://www.corriere.it/editoriali/12_febbraio_23/la-concorrenza-che-non-si-vede-massimo-mucchetti_2e836e9c-5de4-11e1-ab06-25238cfc8ce3.shtml) inducono a temere una riduzione degli investimenti in prodotti di qualità. E non mi pare che Sky faccia molto per stimolare il processo competitivo, anzi.
E’ auspicabile, quindi, che il Governo Monti faccia valere la volontà di liberalizzare i mercati anche nel settore dell’informazione, non solo in quello del commercio dei farmaci e dei trasporti urbani.
Non che mi faccia grandi illusioni: dalle parti della politica, infatti, ha ancora notevole peso il proprietario del maggior gruppo editoriale e televisivo italiano così come non vedo negli altri principali partiti la volontà di allentare la presa clientelare sulla RAI.
In ogni caso, la qualità della nostra televisione, in assenza di misure strutturali, è destinata a peggiorare, anche perché si è ormai disperso il patrimonio sviluppato in passato.
Un rischio, purtroppo, che scorgo anche nel settore della carta stampata, ancor più provato di quello televisivo dall’andamento dei ricavi. Le tirature calano, il sostegno pubblico si riduce, la presenza in rete non è ancora in grado di dare contributi significativi ai bilanci. Così anche i giornali finiscono per dare spazio, nella speranza di fermare l’emorragia delle vendite, ad argomenti che possono forse attirare qualche nuovo lettore, ma certamente non ne migliorano la cultura, al contrario. Un atteggiamento che negli altri paesi non si riscontra, quantomeno tra i quotidiani più autorevoli.
Aprite il sito del Corriere, della Stampa, di Repubblica: lo spazio riservato a certa cronaca nera, alle vicende di presunte celebrità, agli avvenimenti nelle isole e nelle case non è trascurabile. Aprite il sito, che so, del Times, del Guardian, di Le Monde, della Faz, del New York Times e cercate qualcosa di simile. Non lo troverete.
Non vorrei essere accusato di esterofilia, perciò sottolineo immediatamente che anche altrove la maggior parte della popolazione sembra interessarsi soprattutto a scandali e pettegolezzo e vicende artefatte di personaggi artefatti, ma questa attitudine non viene incoraggiata  dai quotidiani più prestigiosi, né su carta né on line.