Oggi parliamo d’Italia e d’italiani. Cominciamo con la
stringente attualità: il crollo di parte di un soffitto in una scuola di Ostuni
ristrutturata soltanto pochi mesi fa. Scelgo Lettera 43, soprattutto per le
considerazioni che concludono il pezzo: http://www.lettera43.it/cronaca/ostuni-crolla-il-soffito-della-scuola-bambini-feriti_43675166495.htm.
Buona stampa. Anche se è cronaca, ma mi piace la
sottolineatura di come, anche sul fronte della sicurezza degli istituti
scolastici, Renzi abbia promesso molto e realizzato nulla. Dopo di che,
intendiamoci, non è che sia sua la responsabilità di quanto accaduto a Ostuni.
Mi piacerebbe proprio sapere chi ha gestito la ristrutturazione, vorrei che
venissero analizzati l’appalto e la modalità con cui è stata scelta l’impresa che lo ha vinto… Insomma, mi
piacerebbe che saltasse fuori un colpevole e che rispondesse del suo operato,
se inadeguato. Non è possibile che in questo Paese crollino tratti di
autostrada o soffitti di scuole appena realizzati e la colpa non sia di
nessuno. E il Presidente del Consiglio la piantasse di twittare e si desse da
fare per cambiare sul serio le cose.
E passiamo a un’altra storia, sulla quale necessariamente sospendo il giudizio per l’inadeguatezza delle informazioni che danno i giornali e, ancor più, per quella della mia conoscenza della materia. Una storica distilleria friulana, la Domenis di Cividale (UD), ha portato i libri in tribunale perché, al termine di una vicenda giudiziaria durata ben oltre dieci anni, è stata condannata dalla Cassazione a pagare più di dieci milioni di euro all’Agenzia delle Dogane per una questioni di accise su esportazioni di alcol in alcuni paesi della UE. Parliamo di una sanzione che è più di cinque volte il fatturato dell’azienda. Ripeto: non conosco la materia e anche le notizie che ho trovato sono incomplete (ecco un pezzo da Il Messaggero Veneto: http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2015/04/09/news/choc-per-la-maxi-multa-la-domenis-sospende-la-produzione-1.11202260). Mi chiedo, tuttavia, come sia possibile arrivare a un punto simile, come sia cioè possibile che un’azienda sia costretta, al termine di una vicenda giudiziaria di durata spropositata (tipicamente italiana), a far fronte ad una sanzione assolutamente smisurata che, pur in condizioni di equilibrio economico, la costringe a chiudere i battenti. C’è, con tutta evidenza, qualcosa che non va. Non so dire che cosa, non ho gli strumenti per farlo, ma mi sembra vi sia qualcosa di insano in una storia come questa.
Restiamo in ambito economico e nel territorio del Nordest
italiano. Nel fine settimana si sono svolte le assemblee di due Banche
Popolari, quella di Vicenza e la Veneto Banca, che hanno chiuso i bilanci del
2014 con risultati molto negativi (come altre banche) e che hanno deciso di ridurre
sensibilmente il valore, determinato dai rispettivi consigli di
amministrazione, delle proprie azioni (oltre il 20% per entrambe). In realtà,
sia le pesanti perdite che la decurtazione del valore delle azioni (che resta
peraltro teorico perché nessuna delle due banche è quotata e nulla garantisce
che un azionista possa vendere i suoi titoli a quel valore) non stupiscono.
Entrambi gli istituti, infatti, erano stati oggetto d’ispezioni puntigliose da
parte di Banca d’Italia che, per entrambi gli istituti, aveva messo in evidenza
una cospicua serie di comportamenti non soddisfacenti. Troverete tanti articoli
sull’argomento in rete, dovete soltanto cercare. Io vi segnalo un
pezzo da Il Sole 24 Ore di ieri, che non è granché, ma introduce un tema sul
quale voglio soffermarmi: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-04-12/pop-vicenza-stringe-veneto-banca-081351.shtml?uuid=ABXoVHOD&fromSearch.
Cronaca. La parte conclusiva dell’articolo elenca una serie
di lamentele di azionisti “delusi” dal sensibile deprezzamento del loro
investimento e anche dall’impossibilità di liquidare il medesimo, perché le
azioni non hanno mercato. Si manifesta, una volta di più, un carattere
fondamentale di molti risparmiatori italiani: non si preoccupano di nulla allorché
si tratta di incassare dividendi o interessi che, comparati a quelli correnti
sul mercato, risultano non solo molto più alti, ma anche difficili da
giustificare, quando poi, come si dice, casca il palco, allora si stracciano le
vesti e si disperano. Anch’io mi arrabbio quando va male uno dei miei pochi e
modesti investimenti. Allora vado davanti allo specchio e mi dico quello che
penso (e quando capita so essere piuttosto pesante), non me la prendo con gli
altri perché, anche se ne ho parlato con un consulente, la decisione è stata
mia e io sono il responsabile del cattivo risultato.
Non ne posso proprio più di questa incapacità di riconoscere
i propri errori e di trarne insegnamento. Investire il proprio denaro non è facile,
ma è “più facile” dandosi degli obiettivi realistici e informandosi
adeguatamente. E buone informazioni le trovate, come sempre, su theboxisthereforareason, il blog di Roberto Plaja, che oggi analizza le relazioni tra speculazione sui mercati
azionari e costo del finanziamento per chi specula e suggerisce un meccanismo
di controllo che attenuerebbe l’effetto moltiplicativo esercitato dalla
speculazione sugli andamenti al rialzo e al ribasso, riducendo al volatilità
dei mercati. Sembra difficile? Beh… Nessun pasto è gratis (There’s no such thing as a free lunch), come diceva Milton
Friedman.
Avrei voluto parlare anche di un altro paio di argomenti, ma
per oggi basta. Sono stato anche troppo prolisso.
Veniamo alla musica. Torniamo al Trio Malipiero (http://www.triomalipiero.it/) e alla loro
esecuzione del Primo Trio Op. 49 in la minore di Felix Mendelssohn.
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