sabato 11 aprile 2015

Sarebbe l'ennesimo oltraggio


Partiamo da lontano. Ieri il Corriere della Sera e giovedì The Guardian hanno dato una notizia che non mi piace per niente. Scelgo il quotidiano inglese per ragioni di primogenitura e anche per qualità dell’articolo, che mi sembra superiore: http://www.theguardian.com/world/2015/apr/09/china-may-build-rail-tunnel-under-mount-everest-state-media-reports.
Buona stampa. L’idea, come ho scritto anche su Facebook, non mi sembra gran che.
Credo che l’Everest, in particolare, e tutto l’Himalaya in generale stiano già subendo un assalto anche troppo violento da parte dell’uomo. Penso, per esempio, al fatto che oggi anch’io potrei arrivare in cima a un “ottomila”, portato in spalla da qualche sherpa ben pagato (dal suo punto vista) e lascerei, come qualche migliaio di altri ridicoli turisti delle vette, la mia abbondante dose di rifiuti nei campi base (ecco un articolo tra i tanti, preso da Il Messaggero: http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/ESTERI/everest_rifiuti_inquinamento/notizie/1216161.shtml).

Scavare un tunnel sotto la catena himalayana per portare merci dalla Cina al Nepal e da lì all’India e oltre, francamente, mi pare un progetto destinato a recare a quelle montagne un oltraggio devastante e, probabilmente, esiziale. Mi basta immaginare gli effetti della presenza di decine di migliaia di uomini, di ruspe e talpe per scavare, di camion per trasportare i detriti e, magari, accumularli in qualche valle deturpandola. Roba da brividi. Così come mi vengono i brividi a immaginare Lhasa (che purtroppo non ho mai visitato) ridotta a stazione di smistamento dei carichi provenienti dalle industrie cinesi e diretti verso i mercati dell’area sudoccidentale dell’Asia e del Medio Oriente. Mi auguro che a Pechino ci ripensino e scelgano altri modi per far giungere i loro prodotti dove, giustamente, vogliono farli arrivare. Il Tibet lo hanno già maltrattato anche troppo.
E adesso parliamo di Italia. Il Sole 24 Ore ha ospitato una polemica tra il Professor Luca Ricolfi, editorialista del quotidiano, e Massimo Giannini, già Vicedirettore de La Repubblica e conduttore del programma di Rai3 Ballarò. A scanso di equivoci, premetto di non aver visto la puntata all’origine del contraddittorio e aggiungo che, oltre a guardare poco o nulla la televisione, da tempo giudico i cosiddetti talk show una ridicola farsa, importante per i politici che vi trovano spazio, non certamente per i cittadini interessati a capire come vanno le cose. Affido, perciò, la ricostruzione della vicenda alle parole di Ricolfi, pubblicate il 9 Aprile, (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-04-09/tutti-circo-massimo-2000-anni-dopo-072304.shtml?uuid=ABd94YMD) e a quelle di Giannini, apparse il giorno successivo (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-04-10/il-sogno-buona-informazione-101541.shtml?uuid=ABLUXGND).
Votazione necessariamente differenziata. Buona stampa per Ricolfi. Stampa così e così per Giannini, la cui replica mi sembra assai modesta e sfuggente. Anche contraddittoria, con quel dirsi d’accordo con la controparte per poi rimangiarselo nel difendere la propria conduzione. Per non dire della conclusione su Pasolini. Quella poteva proprio risparmiarsela. In una polemica sul fatto che le opinioni delle persone vengono travisate o addirittura rovesciate, ipotizzare che cosa avrebbe detto il poeta e regista per contrastare la citazione di Ricolfi è veramente una scelta mediocre, di più: meschina. Il solito vizio di far parlare i morti mettendogli in bocca quel che comoda.
Giusto per completare il quadro su come, in questo Paese, si parli di tutto sempre e solo per portare acqua al proprio mulino, vi propongo il commento impeccabile di Massimo Gramellini, nel Buongiorno di ieri, sulla strage del Tribunale di Milano: http://www.lastampa.it/2015/04/10/cultura/opinioni/buongiorno/il-falco-e-il-colombo-eylNq4fvhQiPqVeNtDom7L/pagina.html.
Buona stampa.
Nella nostra guerra, oggi ci facciamo aiutare da un grande del jazz che vi ho già proposto, ma merita sempre la nostra attenzione. Ascoltiamo Louis Armstrong in If we Never Meet Again



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