mercoledì 15 aprile 2015

La penisola del tesoretto


Lo scadimento della vita pubblica italiana non sembra aver mai fine. Le inchieste che coinvolgono politici nazionali e locali, burocrati e imprenditori si moltiplicano, a riprova di come, checché se ne dica, non vi sia nessun segno di miglioramento per quel che riguarda la corruzione. E poco importa se adesso si chiama: “indebita induzione a dare o promettere utilità”. Possono cambiarle il nome mille volte, sempre quello resta e, purtroppo, l’Italia figurerà sempre nelle posizioni peggiori delle classifiche internazionali, insieme a nazioni assai lontane da quelle cui, a mio modesto parere, dovremmo somigliare. In realtà, l’aver cambiato il nome al reato è l’ennesima dimostrazione di quanto poco si voglia incidere sulla realtà del fenomeno, dando spazio a una definizione che appare un vero monumento al ridicolo, la riprova che la preoccupazione principale dei nostri legislatori è complicare le cose, spargere fumo, alimentare l’incertezza e l'arbitrarietà.

Passiamo a Renzi e alla sua ultima fanfaronata, quella del tesoretto. Cominciamo col dire che, fossi stato in lui, non avrei usato questo termine, non propriamente ben augurale, come spiegava domenica sul Corriere Sergio Rizzo. Pezzo non disponibile on line, quindi ecco la versione acquisita con lo scanner.


Buona stampa. Ah, la fretta… se Renzi avesse dedicato qualche minuto a informarsi, poteva utilizzare un'altra parola. Anzi, avrebbe proprio fatto meglio a non parlare proprio dell’argomento.
Il problema, infatti, è che quei presunti 1.600 milioni da distribuire non ci sono realmente. Sono un puro artificio contabile, come spiegava molto bene ieri Fabrizio Forquet su il Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-04-14/se-tesoretto-e-solo-un-arma-distrazione-massa-073305.shtml?uuid=ABp5R5OD&fromSearch.
Buona stampa. Se aggiungessi commenti alle parole di Forquet correrei seri rischi di attirare su di me le attenzioni dei legali di Renzi, quindi non dico nulla. Chiunque (anche un bambino di pochi anni) vede e capisce di che pasta è fatto il Presidente del Consiglio e a che cosa mira realmente. E dove porterà il Paese, che è la sola cosa che conta. Non certo dove dovrebbe andare.
Ci avvitiamo sempre più verso il basso, purtroppo, allontanandoci irrimediabilmente dal percorso che seguono le nazioni alle quali, nominalmente, l’Italia viene associata.
Quelli che ci dovrebbero guidare, che dovrebbero fare forte e dinamico e sano il Paese, renderlo finalmente un’autentica democrazia occidentale avanzata, sono quasi tutti inequivocabilmente inadeguati, persone che assumono posizioni indifendibili, non di rado in contrasto profondo con le regole democratiche da loro stessi riconosciute e fissate. Ecco il fulgido esempio dello smacchiatore di giaguari, il quale insiste, come lo Stalinuccio di Gallipoli, a voler dire la sua sul nostro futuro, incurante dei danni prodotti nel passato. Lo ricostruisce un bell’articolo di Lina Palmerini, sempre su Il Sole 24 Ore di ieri: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-04-14/il-piano-b-battaglia-sull-italicum-e-parole-napolitano-073726.shtml?uuid=ABVCS5OD.
Buona stampa. Pensare che, per colpa di questi irresponsabili incapaci di riconoscere la propria inettitudine e ansiosi di nuocere ancora, si possa arrivare allo scioglimento del Parlamento e al voto con il sistema elettorale prodotto dalla sentenza della Corte Costituzionale è a dir poco intollerabile.
Torniamo al fronte contro i nemici della musica e della civiltà. E’ con noi uno dei miei musicisti contemporanei preferiti: Arvo Pärt. Ascoltiamo Spiegel im Spiegel (http://en.wikipedia.org/wiki/Spiegel_im_Spiegel) eseguito da Leonhard Roczek al violoncello e da Herbert Schuch al piano.


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