In questi giorni, nel Regno Unito, è entrata in vigore una
nuova disciplina della materia pensionistica in forza della quale, raggiunti i
55 anni, un cittadino britannico può chiedere che gli vengano restituiti i
contributi versati durante l’attività lavorativa, scelta che comporta la
rinuncia a ricevere, nel momento stabilito, la pensione prevista.
Il provvedimento ha suscitato un dibattito piuttosto acceso:
da una parte i sostenitori della libertà individuale favorevoli alla
possibilità di scegliere cosa fare del proprio denaro (i contributi
pensionistici appartengono, con tutta evidenza, al lavoratore che li versa,
tramite il datore di lavoro o altrimenti), dall’altra i fautori di un sistema
pubblico grazie al quale i cittadini non possano “sbagliare” e sperperare
quella particolare forma di risparmi che, per l’appunto, sono i contributi
pensionistici.
Da convinto liberale (nel senso più radicale e profondo del termine), sono più propenso a condividere la prima posizione. L’uomo deve poter decidere del proprio destino senza che altri intervenga a farlo al suo posto, magari con convinzioni che potrebbero essere in contrasto con quelle dell’interessato. Si potrebbe divagare, ma resto nell’ambito che interessa: anche in materia di risparmio, come ben sappiamo, ci sono svariate opinioni su come vada investito e, purtroppo, anche su quanto effettivamente renda… Quindi ben venga la possibilità per il lavoratore di scegliere cosa fare dei propri contributi.
Com’è naturale, mi piacerebbe che anche in Italia il sistema
funzionasse allo stesso modo, ma temo di non veder esaudito il mio desiderio.
Nonostante il welfare sia nato
proprio nel Regno Unito, da noi ha trovato applicazioni che non stento a
definire estremistiche, a causa delle quali le pensioni sono diventate uno dei
principali problemi della finanza pubblica, oltre che un terreno di scontro
politico aspro, in larga parte per ragioni del tutto opportunistiche,
ovverossia elettorali.
Il tema è troppo serio per affidarlo a me. E, comunque,
anche troppo vasto per un blog che non vuole essere (esageratamente) noioso. Mi
limito a un’osservazione: giudico il sistema pensionistico italiano, oltre che
ancora molto pericoloso per i conti pubblici (potete leggere documenti
interessanti anche sul sito dell’INPS, come questo sulle pensioni dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato: http://www.inps.it/portale/default.aspx?iIDLink=37&bi=21&link=Prosegue+l%27operazione+porte+aperte%3a+Fondo+Ferrovie+dello+Stato), estremamente iniquo. Il
punto cruciale è quello della disparità di trattamento tra le generazioni e l’impiego
dei contributi dei giovani per pagare pensioni non realmente guadagnate da
vecchi. A riguardo, un’ottima sintesi la trovate in questo divertente pezzo di
Roberto Plaja: http://www.theboxisthereforareason.com/2015/04/06/when-im-64/
(ottima anche la scelta musicale: un pezzo dei Beatles non così popolare, ma
all’altezza dei più famosi).
Io, sull’iniquità, aggiungerei un dettaglio prima di passare
alla mia scelta musicale: un cittadino italiano può lavorare e versare
contributi per anche più di quindici anni senza riuscire né a maturare una
pensione né a ottenere la restituzione di quanto versato. Conosco persone che
hanno lavorato anche pochi mesi in altre nazioni (ad esempio la Germania) e che hanno versato, per quei pochi mesi, il corrispondente di qualche decina di euro di contributi. Oggi,
avendo raggiunto l’età prevista dalla normativa tedesca, ricevono ogni mese
qualche centesimo di pensione. Una cifra simbolica, certo, ma che restituisce
quanto da loro versato. In Italia questo non accade e chi non riesce a lavorare
per il numero di anni prescritto per maturare la pensione (il che, solitamente,
non è una scelta personale, ma conseguenza di qualche circostanza negativa
personale o aziendale) di fatto viene espropriato dei propri contributi, che
servono a pagare, che so?, il vitalizio di qualche consigliere regionale o di
qualche deputato. Questa è l’equità italiana.
Musica, perché la pressione è già alta. La trascrizione per
pianoforte del Preludio N° 10 - BWV 855
di Johann Sebastian Bach eseguita da Glenn Gould. Troppo facile scegliere le Variazioni Goldberg. Le ascolteremo un'altra volta.
Il problema in Italia e' che la legislazione favorisce sempre le banche. Come ai vecchi tempi della differenziazione tra il "gestito" e l'"amministrato", la vera alternativa della "pensione portatile" (come negli USA i cosiddetti 401ks o IRAs) non esiste perché le banche devono essere sostenute. Altrimenti la meta' dei soldi uscirebbe dal sistema e si metterebbe tranquillo in veicoli passivi.
RispondiEliminaMolto giusto, Roberto. Paghiamo il prezzo dell'interazione tra un sistema pensionistico pubblico "totalitario" e piegato alle ideologie e agli interessi dei partiti e delle organizzazioni di categoria e un sistema bancario incapace di offrire valide alternative, attraverso forme di investimento come quelle offerte da paesi finanziariamente più evoluti.
Elimina