Il Corriere di oggi ospita un intervento di Fareed Zakaria,
giornalista cittadino americano, ma nato in India da genitori musulmani, un esperto di
politica con un curriculum impressionante (che potete trovare su wikipedia
inglese a questo indirizzo: http://en.wikipedia.org/wiki/Fareed_Zakaria).
L’articolo non è disponibile al momento sul sito del
Corriere, ma si può leggere su quello del Washington Post, il quotidiano
americano che lo ha pubblicato per primo qualche giorno fa (http://www.washingtonpost.com/opinions/fareed-zakaria-capitalism-not-culture-drives-economies/2012/08/01/gJQAKtH9PX_story.html).
Ovviamente è in inglese, ma proprio nella versione originale si apprezza la
chiarezza dell’esposizione, la forma di una sostanza solida e molto
interessante.
Buona stampa.
Anche noi abbiamo un gran numero di persone di grande
cultura che scrivono sui giornali, eppure si fa fatica a trovare qualcuno che
sappia esprimersi con la semplicità e la sintesi dei pezzi di Zakaria. E quando
ciò accade, come, ad esempio, nel caso di Luigi Zingales o di Francesco
Giavazzi, è difficile non pensare che entrambi hanno svolto una parte
significativa della carriera negli Stati Uniti.
Nel mondo anglosassone, almeno nella maggior parte dei casi,
manca quel compiacimento, tipico di alcuni nostri giornalisti o opinionisti,
nell’usare termini complessi o tecnicismi di difficile comprensione per la
maggior parte dei lettori. O la propensione a scrivere pezzi lunghi, in cui si
affrontano argomenti anche poco connessi tra loro, quasi si trattasse di un
saggio e non di un articolo di giornale.
Sia chiaro, non voglio dire che il nostro giornalismo sia
peggiore di quello anglosassone, anzi. Mi pare, tuttavia, che anche nel modo in
cui vengono realizzati i nostri quotidiani si manifestino alcuni nostri difetti
ormai consolidati. Non faccio nomi, ma ne ho in mente parecchi.
Mi fermo qui, almeno per quel che riguardo stampa e notizie.
Siccome è domenica, però, mi permetto di rubarvi qualche altro istante e vi
suggerisco un meraviglioso brano musicale, un vero capolavoro di due
straordinari suonatori di kora (http://it.wikipedia.org/wiki/Kora):
Ballakè Sissoko e Tounami Diabatè, entrambi originari del Mali, un paese verso
il quale, musicalmente, credo che l’occidente sia in debito, e non poco. Il
brano s’intitola Kanou.
Nessun commento:
Posta un commento