Riprendo e amplio l’argomento del post di ieri mattina, quello in cui
vi ho suggerito di leggere il pezzo del mio concittadino Zingales.
Nel mercato finanziario si colgono segnali un po’
sorprendenti, indice di come, a forza di scandali e di operazioni non sempre cristalline,
quello che un tempo pareva un monolite impossibile da scalfire oggi mostra
qualche piccola scalfitura, se non vere crepe.
Le grandi istituzioni finanziarie mondiali, che sino a pochi
mesi orsono si opponevano all’unisono alle ventilate norme volte a incrementare
i controlli sul loro operato, oggi si muovono un po' meno compatte e persino coloro
che, in qualche misura, possono essere considerati gli artefici della nascita
dei colossi del credito attivi in tutti i settori (banca commerciale, banca d’investimento,
assicurazioni, broker di borsa, ecc), manifestano pubblicamente dubbi sulla
validità del modello di banca da loro stessi sviluppato.
Ecco quindi che, negli Stati Uniti, le parole di Sandy Weill,
ideatore della crescita di Citigroup e della sua trasformazione in una “banca
universale” (per saperne di più potete leggere questo articolo di Forbes: http://www.forbes.com/sites/stevedenning/2012/07/25/rethinking-capitalism-sandy-weill-says-bring-back-glass-steagall/) stanno favorendo una riflessione sugli effetti
dell’abolizione, avvenuta nel 1999, del Banking Act del 1933 (noto come
Glass-Steagall Act dal nome dei due parlamentari che lo avevano proposto).
Ne riferisce brevemente anche Marco Valsania, sul 24 Ore di oggi (http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-08-01/focus-spezzatino-064253.shtml?uuid=Ab6uYWHG&fromSearch),
ma di questo argomento sentiremo parlare ancora, credo anche in
conseguenza delle osservazioni di Zingales, professore a Chicago,
nell’Università dove insegnò Friedman, che certo non era un fautore dell’intervento
dello Stato nell’economia e della regolamentazione dei mercati. E questo non è un caso.
Sempre Valsania dà conto, in un articolo più corposo, della
possibilità che un altro mercato sia stato oggetto di manipolazione, quello
delle obbligazioni delle amministrazioni locali americane: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-08-01/sotto-inchiesta-bond-municipali-064241.shtml?uuid=AbBqYWHG&fromSearch.
E anche il fronte delle azioni legali fornisce motivo di
riflessione. Dopo la piccola banca di New York che ha deciso di far causa a quelle
grandi coinvolte nell’aggiustamento dei tassi interbancari, oggi leggiamo che
UBS, la più grande dei due colossi svizzeri, farà causa al Nasdaq, la
cosiddetta “borsa tecnologica” di New York, per i danni subiti in seguito al
malfunzionamento dei sistemi di negoziazione sul titolo Facebook nel primo
giorno di quotazione. Vi segnalo un breve articolo del 24 Ore che spiega la
vicenda in modo più esauriente: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-08-01/boomerang-facebook-064029.shtml?uuid=AbZrXWHG&fromSearch.
Buona stampa. E' un giudizio collettivo.
Insomma, segni di qualche fessura che si è aperta nel
monolite. Che poi, da questo, possa derivare un migliore funzionamento
dei mercati e un maggiore controllo che impedisca il ripetersi di vicende che
hanno originato, almeno in parte, la crisi finanziaria che stiamo vivendo, non
mi sentirei di scommetterci. Da una parte dell’Atlantico abbiamo Obama alle
prese con una rielezione tutt’altro che agevole e già abbastanza malvisto da
Wall Street (che non scuce nemmeno una frazione dei finanziamenti di quattro anni fa). Dall’altra abbiamo l’Unione Europea che conosciamo, incerta e
disunita. Sarà, dunque, piuttosto difficile vedere interventi rapidi e incisivi imposti
dai governi.
Eppure ce n’è davvero bisogno, come, assai meglio delle mie, spiegano le parole
pronunciate da Mario Draghi a Londra la scorsa settimana. Se avete voglia di
leggere, in inglese, il sito LaVoce.info vi offre la possibilità di scoprire
che cosa ha effettivamente detto San Mario Salvatore: http://www.lavoce.info/binary/la_voce/documenti/Discorso_di_Mario_Draghi_al_Global_Investment_Conference.1343380245.pdf.
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