Ho già espresso la mia opinione sul calcio italiano. Oggi
non posso evitare di ripetermi e precisare. Non temete, sarò lapidario.
Il calcio italiano è una vergogna e una buffonata: una
vergogna per quello che accade fuori e dentro gli stadi e una buffonata perché
ogni diciotto mesi la magistratura apre una nuova inchiesta sulle partite
truccate.
Ha ragione Gramellini a ricordare che, in altri paesi, certi
personaggi starebbero trascorrendo utili giornate di riflessione in galera o ai
servizi sociali. I servizi sociali veri, non quelli “ogni tanto, se ha voglia…”
Il tizio decrepito, che continua a sbrodolare panzane nel
tentativo di dipingersi come un uomo politico e di convincere di essersi
preoccupato e di preoccuparsi del bene del paese, visto che dice anche di amare
il calcio, farebbe meglio a seguire la signora inglese alla quale, Dio lo
perdoni, di tanto in tanto si azzarda ad accostarsi. Lady Thatcher, Primo Ministro di Sua Maestà ai tempi della strage
di Heysel, introdusse misure drastiche per cercare di estirpare il fenomeno
delle tifoserie violente dai campionati del Regno Unito, in particolare da
quello inglese. Non riuscì neppure lei a raggiungere il risultato nei tempi
voluti, ma oggi gli hooligan sono, se
non domati, quanto meno ben addomesticati.
Naturalmente, il tizio decrepito non somiglia per niente a
Margaret Thatcher (verrebbe da dire che è una pallidissima imitazione se non
fosse abbronzato dal cerone…), quindi si guarderà bene dal provare a promuovere
la bonifica radicale di cui il calcio italiano ha un estremo bisogno.
E come lui tutti gli altri sedicenti leader politici
italiani, per i quali sono preziosi anche i voti dei figuri che vediamo all’opera
attorno al calcio.
Trovo assai poco gratificante assistere al confronto a distanza tra due
titani della mistificazione e della menzogna come il tizio decrepito e lo
psiconano+barba-Mediaset. Vorrei vivere in una nazione (ce ne sono ancora,
magari poche, ma ci sono) nella quale i capi dei maggiori partiti non si spingano
a desolanti livelli di distorsione della storia e della realtà per accaparrarsi
pochi voti in più. E nella quale, sempre i capi dei maggiori partiti, non rinuncino
nel modo più completo al ruolo di leader,
che comporta la volontà e la capacità di guidare, possibilmente sforzandosi di
non assecondare in alcun modo le convinzioni e le aspettative "inadeguate" (un eufemismo) degli
elettori.
Non mi metterò certo a fare l’elenco delle farneticazioni di
Berlusconi e di Grillo: mi è bastato seguirle nelle cronache dei giornali per
provare un immenso, e più che giustificato, disgusto. Lascio che sia Stefano
Folli, nel suo articolo di oggi sul Sole 24 Ore, a stigmatizzare, come merita, il
comportamento della patetica coppia. Di mio aggiungerò soltanto che, a leggere
quel che dicono l’uno dell’altro, vien solo da pensare al bue che dà del
cornuto all’asino. Ecco dove trovate l’articolo di Folli: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-04-30/si-annuncia-campagna-avvelenata-contro-europa-e-istituzioni-063955.shtml?uuid=AB7chkEB.
Buona stampa. In particolare apprezzo l’esordio che
sottolinea le contraddizioni del nostro paese, ormai del tutto dimentico di
essere stato una delle culle del diritto. E anche il passaggio in cui invita
Renzi a tenersi lontano dal ring in cui si confrontano i due guitti.
Buona stampa. Riprendo alcune parole essenziali: “secondo la narrativa ignorante di un politico
italiano”, semplicemente perfette.
Oggi, forse per compensare l’accenno di Valentino al tizio
decrepito, il Corriere ha pubblicato un’intervista a Marina Berlusconi che
occupa quasi tutta la terza pagina. Potrei sbagliare, ma non ricordo che trenta
o quaranta anni fa i quotidiani sentissero il bisogno di far conoscere ai
lettori l’opinione dei figli dei leader
di partito. Che cosa ci si può aspettare che dica la figlia del tizio
decrepito? Che lo critichi? Andiamo… il culto della personalità si è trasferito
dai paesi del blocco sovietico ad Arcore, a Segrate, ecc… Questo il link
all’intervista, sempre che si possa davvero definirla tale: http://www.corriere.it/politica/14_aprile_30/premier-nuovo-che-arretra-alfano-ha-tradito-sua-storia-4a8808ae-d020-11e3-b822-86aab2feac59.shtml.
E veniamo alle cose belle della vita. Oggi è la Giornata Mondiale del Jazz. Nel mio
piccolo, non posso non celebrare. Evito di additare pietre miliari: ognuno di
noi presume di averle identificate, il che ovviamente non è. Quindi, vi
propongo un pezzo che a me piace molto. Uno dei tanti.
Keith Jarrett, con Gary Peacock al basso e Jack DeJohnette
alla batteria (Il Keith Jarrett Trio), esegue un classico: Smoke Gets in Your Eyes. Il pezzo è tratto da uno degli album che prediligo, Tribute del 1989 (http://en.wikipedia.org/wiki/Tribute_%28Keith_Jarrett_album%29).
Guardo poco o nulla la televisione. E se proprio mi capita
di accenderla, non accade mai quando va in onda la trasmissione di Bruno Vespa.
Considero Vespa la quintessenza del giornalismo asservito, un club che in
Italia, purtroppo, conta un numero molto cospicuo d’iscritti. Poiché non
abbiamo il monopolio dell’opportunismo e della piaggeria, si trovano analoghi
circoli anche in altri paesi, ma quelli con tanti soci, in generale, si trovano
in nazioni che non possono vantare sistemi politici e stampa degni di vere
democrazie moderne.
Ieri sera, guarda un po’, Vespa ha ospitato il tizio
decrepito, offrendogli spazio per tentare di rilanciarsi e di dare consistenza
alla sua ormai effimera credibilità politica.
Intendiamoci, un po’ di capacità di seduzione rimane, così
come l’indiscutibile combattività, quindi non mi sogno affatto di darlo per
morto, tuttavia le sue potenzialità sono senz’altro ridotte. Soprattutto
perché, come non sa accettare le stagioni della vita umana, così non vede che
la presa sull’elettorato e anche sui fedelissimi, dopo vent’anni di obiettivi
mancati, si attenua giorno dopo giorno.
Posso immaginare che l’editoriale del Corriere di ieri,
firmato da Galli della Loggia, non fosse scritto per piacergli, visto che
metteva in luce tutte le contraddizioni di un’esperienza politica che, a voler
essere davvero buoni, appare quantomeno deludente. Forse, però, farebbe bene a
mettersi il cuore in pace. Gli storici, almeno quelli che non seguono l’esempio
di Vespa, difficilmente si scosteranno dalla linea di Galli della Loggia.
Questo è il link al suo articolo di fondo: http://www.corriere.it/editoriali/14_aprile_24/diaspora-destra-f75b104a-cb6a-11e3-b768-8b37958dddda.shtml.
Buona stampa.
Come dicevo, l’editoriale di Galli della Loggia non sarà
parso degno di attenzione né di riflessione autocritica al tizio decrepito,
abituato a dare ascolto solo a chi gli da ragione e lo incensa. Non stupisce,
allora, che abbia accolto con gelo sprezzante la lettera inviata a La Stampa da
colui che, per anni, è stato il suo lacchè prediletto, Sandro Bondi. Dire che,
pur cercando di non andare contropelo, Bondi arriva a conclusioni non troppo diverse da quelle dell’editorialista del Corriere della Sera non mi sembra azzardato. Ecco il
link: http://www.lastampa.it/2014/04/23/cultura/opinioni/editoriali/fi-ha-fallito-sosteniamo-renzi-lKfjfDuU6yxSmrsVb68lyM/pagina.html.
Cambiamo argomento, anche se ci spostiamo su una storia che
non offre sollievo dal senso di disgusto prodotto dalle vicende politiche. La
questione del cosiddetto metodo di cura Stamina è una di quelle che dimostra
come, in Italia, il diritto sia diventato un elastico che ognuno tira come e
dove vuole, deformandolo a proprio uso e consumo, così che si lascia il campo
aperto a ciarlatani e profittatori vari. Una situazione tanto più grave quando
è coinvolta la salute. La lettura dell’articolo di Gilberto Corbellini sul Sole
24 Ore di oggi vi dirà molto più di quanto saprei fare io: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2014-04-25/stamina-quando-e-offesa-dignita-malati--094250.shtml?uuid=AB6Y8dDB.
Buona stampa.
E, prima di qualche buona nota, torniamo all’inchiesta sull'acquisizione di Banca Antonveneta da parte del Monte dei Paschi
di Siena, il che ci darà modo di fare qualche riflessione sull’attualità
dell’istituto senese. I Pubblici Ministeri incaricati dell’indagine scrivono
che il Presidente Mussari e il Direttore Generale Vigni avevano (riprendo i
virgolettati dal Corriere cartaceo) “un
modus operandi autoreferenziale, verticistico e asservito al soddisfacimento di
interessi in generale distonici da quelli dell’ente.” In conseguenza di
questi “interessi e sollecitazioni
esterne, ascrivibili in prima battuta al panorama politico locale e nazionale”
Mussari e Vigni decisero di comprare Antonveneta, in modo doppiamente sventato:
in primo luogo perché non si accertarono del reale valore di ciò che acquistavano
(rinunciando a guardare bene i conti, ossia a effettuare quella che si chiama due diligence) e, secondo, perché
comunque stavano facendo un passo ben più lungo di quel che consentivano le
fragili gambe di MPS e ne erano consapevoli.
Mussari e Vigni, tra un bel po’ di anni, saranno forse
chiamati a rispondere definitivamente delle loro decisioni e dei loro
comportamenti. Mi chiedo se accadrà altrettanto per coloro che, alla guida
della Fondazione Monte dei Paschi, costituivano lo strumento principale
attraverso il quale la politica, soprattutto locale, esercitava il proprio
potere sulla Banca Monte dei Paschi.
Quello di cui sono certo, invece, è che la politica, sempre attraverso la Fondazione, non ha
affatto rinunciato a esercitare influenza sulla Banca, come hanno dimostrato due
fatti: il rinvio dell’aumento di capitale da dicembre 2013 a maggio 2014 e la
costituzione, per il momento non ancora autorizzata, di un patto di sindacato con
due società finanziarie estere, una brasiliana e una messicana, volto a
mantenere, con il 9% complessivo del capitale, un peso decisivo nella nomina
dei dirigenti di BMPS.
Non mi dilungo, dirò solo che il rinvio dell’aumento di
capitale ha comportato un aggravio di costi per la banca e la necessità di
effettuare un’operazione di maggiore entità (l'aumento sarà di 5 miliardi contro i 3 previsti in dicembre) che, si dice, potrebbe trarre
vantaggio dalle migliorate condizioni generali dell’economia e dalla maggiore
disponibilità degli investitori internazionali verso l’Italia e le sue aziende.
Chiudiamo con due brani musicali. Il primo, eseguito da The Bill Evans Trio, è Waltz for Debby.
Oggi lo si può definire un classico, ma allora (1961) era espressione di uno
straordinario spirito innovativo.
Buona stampa. Non vogliatemene se mi ripeto: questa
“intimità” tra politica e Pubblica Amministrazione è una delle principali
(forse la maggiore) cause del malfunzionamento sia dello Stato sia degli Enti
locali. E dell’incremento della spesa pubblica e delle difficoltà che incontra
chi tenti veramente di ridurla a livelli ragionevoli.
Cambiamo tono e, almeno in parte, argomento. Con l’intento,
anche, di farvi ridere, vi propongo un breve video di Bruno Bozzetto in cui si
confrontano le abitudini italiane con quelle degli altri paesi europei. E grazie a chi me l'ha fatto conoscere.
Sempre in ambito europeo, visto che sono giorni di vacanza e
di ponti, quindi con qualche ora di tempo libero in più, cerchiamo di capire se abbia senso, come fanno alcuni politici
italiani (inclusi lo psiconano+barba-Mediaset e, com’è ovvio, il suo puparo),
proporre l’uscita del nostro paese dall’Eurozona e il ritorno a una valuta
nazionale.
LaVoce.info ha realizzato un piccolo dossier sull’argomento
con analisi di esperti e non con chiacchiere di chi, per ottenere qualche voto,
sarebbe disposto a passare anche sul cadavere dei genitori e dei figli. Questo
è l’indirizzo: http://www.lavoce.info/category/rubriche/speciale/speciale-euro-pro-e-contro/.
Ieri, oltre che della conferenza stampa di Palazzo Chigi, il
Presidente del Consiglio Renzi si è servito di Twitter per annunciare i punti salienti del decreto che abbasserà
l’imposizione fiscale per i redditi medio-bassi.
Nonostante l’impegno profuso, sono restio a definire l’esito
esaltante, perché le pur notevoli capacità di comunicazione di Renzi non paiono
aver allontanato i dubbi sull’efficacia delle misure annunciate.
Buona stampa. Per tutti. Troverete ovviamente altri
commenti, alcuni persino più critici, ma lascio che facciate un po’ di lavoro
da soli.
Non c’è dubbio che sia presto per valutare l’operato di un
governo nato soltanto due mesi fa, ma è altrettanto indiscutibile che il modo
di procedere di Renzi suscita molte, forse troppe perplessità. Ovviamente, come
chiunque abbia un po’ di buon senso, mi auguro che il Presidente del Consiglio
abbia ragione perché, in caso contrario, questo paese avrebbe buttato via
inutilmente altro tempo prezioso e assai difficilmente si sottrarrebbe al
processo di grave declino iniziato oltre vent’anni fa.
Un declino al quale dedicano le proprie energie troppe
persone incapaci di sollevare lo sguardo dai mediocri interessi di bottega su
cui sono concentrati o di distoglierlo dal proprio ombelico o entrambe le cose.
Oggi, con una lettera indirizzata al Corriere della Sera
(che, forse, avrebbe fatto meglio, per lui e per il nostro fegato, a non pubblicarla) il
Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Michele Vietti,
certifica la sua dedizione assoluta e totale al declino del nostro paese. In
realtà, al Corriere qualche dubbio devono averlo avuto, perché la lettera
appare soltanto sul cartaceo, mentre l’edizione on line non la ripropone. Così sono stato costretto a far lavorare
lo scanner: non mi sarei mai perdonato se non vi avessi messo nelle condizioni
di godervi un pezzo come quello di Vietti. Leggete per credere…
Dubito vi serva la mia opinione, tuttavia qualche
osservazione devo farla. Cominciamo dallo stile: come definirlo? Difficile
riuscire senza usare parole che, per regola autoimposta, ho deciso di non usare
nel blog. Voi tre, però, avete capito benissimo quanto poco mi piaccia come
scrive Vietti, davvero proprio pochissimo, anzi mi fa proprio schifo. Venendo al contenuto, mi pongo due domande. Vietti è
Vicepresidente del CSM dal 2 agosto del 2010, in precedenza ne era stato a
lungo consigliere, poi, come deputato, ha avuto altri ruoli in materia di
Giustizia: in tutto questo tempo non ha visto nulla? Doveva leggere
l’intervista di Friedman alla Bonino per rendersi conto che la Giustizia civile
italiana è una barca affondata da quel dì? Seconda: se, perché l’Italia possa
tentare di darsi un sistema giudiziario simile a quello dei paesi civili, Vietti
non sa proporre altro che la creazione di una commissione (l’ennesima), non
sarebbe ora che si togliesse dai piedi?
Un’ultima sottolineatura su questo pezzo esemplare di prosa
inutile e ridicola: non si scorge neppure un timidissimo accenno di consapevolezza
che la magistratura è tutt’altro che estranea al disastro del nostro sistema
giudiziario.
Vi ricordate il nome del partito fondato da Oscar Giannino?
Lui voleva “fare per fermare il declino”. Vietti vuole accelerare e aggravare
il declino. E, purtroppo, non è improbabile che ci riesca.
Non saprei dire quante volte ho letto Cent’anni di
solitudine. Ne possiedo due copie, ma ho sempre riletto la prima, acquistata
nel 1975, un’edizione in brossura di Feltrinelli che sta insieme per miracolo.
So, invece, che ancora oggi, quando arrivo alle ultime
pagine, mi percorrono gli stessi brividi che mi avevano raggelato la prima
volta.
Anche altri libri di Gabriel Garcia Marquez mi hanno
procurato emozione e mi hanno avvolto nelle loro splendide spire, ma nulla è
paragonabile al piacere che mi ha dato riscoprire ogni volta lo straordinario
dipanarsi delle vicende dei Buendia.
La sua morte non lascia un vuoto: restano le sue incantevoli
pagine. Che lui ha saputo scrivere e che noi abbiamo e avremo la gioia di leggere.
Non riesco a non considerare grottesca la decisione del
Tribunale di Milano relativamente all’esecuzione della sentenza che lo
riguarda. E non posso evitare di farmi alcune domande. Chi è realmente
condannato? Il tizio decrepito o gli ospiti della casa per anziani che se lo
dovranno sorbire (per loro fortuna solo per poche ore la settimana)? E poi, che
genere di sollievo potrà dare a questi anziani un individuo ormai prossimo agli
ottanta anni e manifestamente incapace di convivere con l’età e con
l’inevitabile decadimento che essa comporta? Gli insegnerà come applicare il
cerone? Suggerirà le tinture per i capelli? Regalerà operazioni di chirurgia
plastica? Mah…
Buona stampa. Non soltanto nella parte che analizza le varie
sfaccettature della relazione tra il tizio decrepito e Renzi. Anzi, a me in
particolare piacciono i passaggi iniziali, che meritano di essere evidenziati
e, quindi, copio e incollo.
Socialmente pericoloso, ma sulla via del ravvedimento. Condannato,
ma in sostanza "graziato", visto che la pena consiste in una visita
di poche ore un giorno alla settimana in un centro per anziani. Per il resto
libertà d'azione nella campagna elettorale. Come spesso accade, la soluzione
del rebus Berlusconi è molto "all'italiana".
Giorni fa il politologo americano Edward Luttwak ricordava che negli Stati
Uniti una condanna per frode fiscale si espìa in prigione perché il reato è
molto grave. Da noi invece si ha l'impressione che la verità, anche quella
processuale, sia sempre molto soggettiva.
Dopo anni di accanimento giudiziario, la severità si trasforma
all'improvviso in generoso lassismo. Buon per Berlusconi, naturalmente. Ma
qualcuno si sentirà autorizzato a pensare che l'obiettivo del processo fosse
soprattutto politico: una volta raggiunto lo scopo, l'espiazione della pena conta
poco o nulla.
Il “problema della giustizia” esiste eccome in questo paese,
ma certo il tizio decrepito, nonostante i proclami ventennali, si è ben
guardato dal risolverlo, preoccupandosi esclusivamente di “problemi con la
giustizia”, i suoi.
Resta, però, che il sistema giudiziario italiano è
gravemente inadeguato alle necessità di una nazione moderna. La responsabilità
di questa situazione è senz’altro del sistema politico, ma anche degli avvocati
e dei magistrati.
Sulla malattia profonda della magistratura dice molto il
conflitto tra il Procuratore capo di Milano, Bruti Liberati, e uno dei suoi
vice, Robledo. Una storia che si fatica a non definire squallida sul piano
personale, ma che appare desolante sotto il profilo istituzionale.
Buona stampa. Se fate una ricerca, anche nei siti di altri
quotidiani, potrete risalire agli inizi di questa baruffa da cortile e rendervi
conto di come la relazione tra politica e magistratura (oltre a errori nella
struttura del sistema giudiziario disegnato nella Costituzione) abbia indotto
molti magistrati a perdere di vista completamente il proprio ruolo e i propri
doveri e a dimenticare il buon senso.
Pensate alla decisione del Tribunale di Marsala che ha
ritenuto di imporre ai medici di Brescia di riprendere a curare un paziente con
il cosiddetto metodo Stamina, metodo che i medici lombardi, dopo averlo
impiegato (forse un po’ sventatamente) per qualche tempo, hanno deciso di
abbandonare. Un buon articolo sull’argomento lo potete trovare sul Corriere a
firma di Luigi Ripamonti: http://www.corriere.it/salute/14_aprile_16/stamina-sentenze-che-illudono-6378acbe-c540-11e3-ab93-8b453f4397d6.shtml.
E veniamo alle note. Il primo brano viene dal fertile
terreno della fusione tra mondi musicali anche molto lontani tra loro. Si
tratta di Sinyaro, un pezzo ricco di
ritmo in cui si mescolano i suoni di strumenti che raramente si ascoltano
insieme. Il gruppo si chiama The Kora Band e potrete saperne di più sul loro sito: http://koraband.com.
Il secondo ascolto è, invece, un classico del jazz eseguito
dalla mitica formazione di Max Roach (batteria) e Clifford Brown (tromba), con
Richie Powell al piano e George Morrow al basso, arricchita nell’occasione dal
sassofono di Sonny Rollins, nel ruolo di leader. L’album del 1956, intitolato Sonny Rollins plus 4, è l’ultimo nel quale si possono ascoltare insieme
questi musicisti straordinari perché, purtroppo, tre mesi dopo la
registrazione, Brown e Powell perirono in un incidente stradale. Il brano che
ho scelto, come molti di quelli scritti da Rollins, è un pezzo lungo e vitale: Pent-Up House.