Cominciamo, come si usa dire, tra il serio e il faceto.
Parliamo del tizio decrepito.
Per prima cosa, la vignetta di Giannelli di oggi: http://www.corriere.it/foto-gallery/cultura/14_aprile_01/vignetta-giannelli-aprile-2014-53905be0-b95f-11e3-92e9-a78914a8c77a.shtml.
Non riesco a non considerare grottesca la decisione del
Tribunale di Milano relativamente all’esecuzione della sentenza che lo
riguarda. E non posso evitare di farmi alcune domande. Chi è realmente
condannato? Il tizio decrepito o gli ospiti della casa per anziani che se lo
dovranno sorbire (per loro fortuna solo per poche ore la settimana)? E poi, che
genere di sollievo potrà dare a questi anziani un individuo ormai prossimo agli
ottanta anni e manifestamente incapace di convivere con l’età e con
l’inevitabile decadimento che essa comporta? Gli insegnerà come applicare il
cerone? Suggerirà le tinture per i capelli? Regalerà operazioni di chirurgia
plastica? Mah…
Cambiamo tono, ma restiamo in argomento. Nel suo articolo di
oggi sul Sole 24 Ore, Stefano Folli si occupa proprio del tizio decrepito e del
suo rapporto con il Presidente del Consiglio Renzi: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-04-16/le-incognite-declino-063641.shtml?uuid=ABnNBNBB.
Buona stampa. Non soltanto nella parte che analizza le varie
sfaccettature della relazione tra il tizio decrepito e Renzi. Anzi, a me in
particolare piacciono i passaggi iniziali, che meritano di essere evidenziati
e, quindi, copio e incollo.
Socialmente pericoloso, ma sulla via del ravvedimento. Condannato,
ma in sostanza "graziato", visto che la pena consiste in una visita
di poche ore un giorno alla settimana in un centro per anziani. Per il resto
libertà d'azione nella campagna elettorale. Come spesso accade, la soluzione
del rebus Berlusconi è molto "all'italiana".
Giorni fa il politologo americano Edward Luttwak ricordava che negli Stati Uniti una condanna per frode fiscale si espìa in prigione perché il reato è molto grave. Da noi invece si ha l'impressione che la verità, anche quella processuale, sia sempre molto soggettiva.
Giorni fa il politologo americano Edward Luttwak ricordava che negli Stati Uniti una condanna per frode fiscale si espìa in prigione perché il reato è molto grave. Da noi invece si ha l'impressione che la verità, anche quella processuale, sia sempre molto soggettiva.
Dopo anni di accanimento giudiziario, la severità si trasforma
all'improvviso in generoso lassismo. Buon per Berlusconi, naturalmente. Ma
qualcuno si sentirà autorizzato a pensare che l'obiettivo del processo fosse
soprattutto politico: una volta raggiunto lo scopo, l'espiazione della pena conta
poco o nulla.
Il “problema della giustizia” esiste eccome in questo paese,
ma certo il tizio decrepito, nonostante i proclami ventennali, si è ben
guardato dal risolverlo, preoccupandosi esclusivamente di “problemi con la
giustizia”, i suoi.
Resta, però, che il sistema giudiziario italiano è
gravemente inadeguato alle necessità di una nazione moderna. La responsabilità
di questa situazione è senz’altro del sistema politico, ma anche degli avvocati
e dei magistrati.
Sulla malattia profonda della magistratura dice molto il
conflitto tra il Procuratore capo di Milano, Bruti Liberati, e uno dei suoi
vice, Robledo. Una storia che si fatica a non definire squallida sul piano
personale, ma che appare desolante sotto il profilo istituzionale.
Un aggiornamento su questa brutta vicenda lo trovate in un
articolo di Ferrarella e Martirano sul Corriere della Sera: http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/14_aprile_16/caso-podesta-lite-pm-bruti-non-voleva-che-indagassi-218ad238-c530-11e3-ab93-8b453f4397d6.shtml.
Buona stampa. Se fate una ricerca, anche nei siti di altri
quotidiani, potrete risalire agli inizi di questa baruffa da cortile e rendervi
conto di come la relazione tra politica e magistratura (oltre a errori nella
struttura del sistema giudiziario disegnato nella Costituzione) abbia indotto
molti magistrati a perdere di vista completamente il proprio ruolo e i propri
doveri e a dimenticare il buon senso.
Pensate alla decisione del Tribunale di Marsala che ha
ritenuto di imporre ai medici di Brescia di riprendere a curare un paziente con
il cosiddetto metodo Stamina, metodo che i medici lombardi, dopo averlo
impiegato (forse un po’ sventatamente) per qualche tempo, hanno deciso di
abbandonare. Un buon articolo sull’argomento lo potete trovare sul Corriere a
firma di Luigi Ripamonti: http://www.corriere.it/salute/14_aprile_16/stamina-sentenze-che-illudono-6378acbe-c540-11e3-ab93-8b453f4397d6.shtml.
Buona stampa.
Prima di passare alla musica, vediamo un commento lapidario
sulla scelta di Renzi di nominare alcune donne ai vertici delle maggiori
aziende di Stato. E’ di Jena su La Stampa di ieri: http://www.lastampa.it/2014/04/15/cultura/opinioni/jena/nomine-IL9TArnX68nvmibQRmGwLK/pagina.html.
Buona stampa. Torneremo sull’argomento.
E veniamo alle note. Il primo brano viene dal fertile
terreno della fusione tra mondi musicali anche molto lontani tra loro. Si
tratta di Sinyaro, un pezzo ricco di
ritmo in cui si mescolano i suoni di strumenti che raramente si ascoltano
insieme. Il gruppo si chiama The Kora Band e potrete saperne di più sul loro sito: http://koraband.com.
Il secondo ascolto è, invece, un classico del jazz eseguito
dalla mitica formazione di Max Roach (batteria) e Clifford Brown (tromba), con
Richie Powell al piano e George Morrow al basso, arricchita nell’occasione dal
sassofono di Sonny Rollins, nel ruolo di leader. L’album del 1956, intitolato Sonny Rollins plus 4, è l’ultimo nel quale si possono ascoltare insieme
questi musicisti straordinari perché, purtroppo, tre mesi dopo la
registrazione, Brown e Powell perirono in un incidente stradale. Il brano che
ho scelto, come molti di quelli scritti da Rollins, è un pezzo lungo e vitale: Pent-Up House.
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