Non saprei dire quante volte ho letto Cent’anni di
solitudine. Ne possiedo due copie, ma ho sempre riletto la prima, acquistata
nel 1975, un’edizione in brossura di Feltrinelli che sta insieme per miracolo.
So, invece, che ancora oggi, quando arrivo alle ultime
pagine, mi percorrono gli stessi brividi che mi avevano raggelato la prima
volta.
Anche altri libri di Gabriel Garcia Marquez mi hanno
procurato emozione e mi hanno avvolto nelle loro splendide spire, ma nulla è
paragonabile al piacere che mi ha dato riscoprire ogni volta lo straordinario
dipanarsi delle vicende dei Buendia.
La sua morte non lascia un vuoto: restano le sue incantevoli
pagine. Che lui ha saputo scrivere e che noi abbiamo e avremo la gioia di leggere.
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