Buona stampa. Anche divertente. L’unica osservazione che mi
viene da fare è questa, più precisamente si tratta di una domanda: in Italia un
giornalista si azzarderebbe a scrivere nome e cognome di una persona che ha
sottratto qualcosa al Quirinale o a Palazzo Chigi? Ne dubito. Con l’attitudine
degli italiani ad ammettere le proprie colpe…
Trovo assai poco gratificante assistere al confronto a distanza tra due
titani della mistificazione e della menzogna come il tizio decrepito e lo
psiconano+barba-Mediaset. Vorrei vivere in una nazione (ce ne sono ancora,
magari poche, ma ci sono) nella quale i capi dei maggiori partiti non si spingano
a desolanti livelli di distorsione della storia e della realtà per accaparrarsi
pochi voti in più. E nella quale, sempre i capi dei maggiori partiti, non rinuncino
nel modo più completo al ruolo di leader,
che comporta la volontà e la capacità di guidare, possibilmente sforzandosi di
non assecondare in alcun modo le convinzioni e le aspettative "inadeguate" (un eufemismo) degli
elettori.
Non mi metterò certo a fare l’elenco delle farneticazioni di
Berlusconi e di Grillo: mi è bastato seguirle nelle cronache dei giornali per
provare un immenso, e più che giustificato, disgusto. Lascio che sia Stefano
Folli, nel suo articolo di oggi sul Sole 24 Ore, a stigmatizzare, come merita, il
comportamento della patetica coppia. Di mio aggiungerò soltanto che, a leggere
quel che dicono l’uno dell’altro, vien solo da pensare al bue che dà del
cornuto all’asino. Ecco dove trovate l’articolo di Folli: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-04-30/si-annuncia-campagna-avvelenata-contro-europa-e-istituzioni-063955.shtml?uuid=AB7chkEB.
Buona stampa. In particolare apprezzo l’esordio che
sottolinea le contraddizioni del nostro paese, ormai del tutto dimentico di
essere stato una delle culle del diritto. E anche il passaggio in cui invita
Renzi a tenersi lontano dal ring in cui si confrontano i due guitti.
Buona stampa. Riprendo alcune parole essenziali: “secondo la narrativa ignorante di un politico
italiano”, semplicemente perfette.
Oggi, forse per compensare l’accenno di Valentino al tizio
decrepito, il Corriere ha pubblicato un’intervista a Marina Berlusconi che
occupa quasi tutta la terza pagina. Potrei sbagliare, ma non ricordo che trenta
o quaranta anni fa i quotidiani sentissero il bisogno di far conoscere ai
lettori l’opinione dei figli dei leader
di partito. Che cosa ci si può aspettare che dica la figlia del tizio
decrepito? Che lo critichi? Andiamo… il culto della personalità si è trasferito
dai paesi del blocco sovietico ad Arcore, a Segrate, ecc… Questo il link
all’intervista, sempre che si possa davvero definirla tale: http://www.corriere.it/politica/14_aprile_30/premier-nuovo-che-arretra-alfano-ha-tradito-sua-storia-4a8808ae-d020-11e3-b822-86aab2feac59.shtml.
E veniamo alle cose belle della vita. Oggi è la Giornata Mondiale del Jazz. Nel mio
piccolo, non posso non celebrare. Evito di additare pietre miliari: ognuno di
noi presume di averle identificate, il che ovviamente non è. Quindi, vi
propongo un pezzo che a me piace molto. Uno dei tanti.
Keith Jarrett, con Gary Peacock al basso e Jack DeJohnette
alla batteria (Il Keith Jarrett Trio), esegue un classico: Smoke Gets in Your Eyes. Il pezzo è tratto da uno degli album che prediligo, Tribute del 1989 (http://en.wikipedia.org/wiki/Tribute_%28Keith_Jarrett_album%29).
Continuiamo a tenerci lontani dalla politica italiana. Prima
o poi toccherà tornarci sopra, ma per adesso proviamo a guardare altrove e a
riflettere su questioni non maleodoranti come quelle locali.
Le considerazioni di Zingales sono piuttosto convincenti e le ragioni del
pessimismo riguardo alle prospettive giapponesi, a mio avviso, vengono anche
dal settore manifatturiero oltre che dal debito e dal deficit
statale. Sono di questi giorni le notizie relative alla profonda crisi in cui
versano aziende come Sharp, Olympus, Sony e Panasonic, ossia aziende che per
anni hanno costituito la punta di diamante della potenza industriale del Sol
Levante.
Gli altri potete tranquillamente cercarli voi, se volete.
Torniamo al pezzo di Zingales e teniamo bene a mente il
monito conclusivo, perché la questione ci riguarda (anche se l’Italia non viene
mai citata). Ci riguarda molto e molto ha a che fare con i nostri impegni in
materia di finanza pubblica. Non lo dico a me stesso e ai miei tre lettori, mi
piacerebbe che sentissero quelli che aspirano a governare il Paese…
E veniamo alla musica. Dopo quella dedicata al capolavoro
dei Procol Harum, oggi vi offro un’altra selezione di esecuzioni differenti del
medesimo pezzo.
Il brano che ho scelto per oggi è, forse, persino più
importante di A Whiter Shade of Pale (ammesso che simili confronti abbiano senso, e non credo ne abbiano) e, comunque, è un altro immenso
capolavoro: In a sentimental mood,
scritto da Duke Ellington nel 1935 e interpretato da tanti
maestri.
Cominciamo da una versione del compositore, però più
recente, scelta perché Ellington non si esibisce con la propria orchestra, come
di consueto, ma in veste di strumentista insieme a John Coltrane, uno dei
massimi sassofonisti della storia del jazz. Ho detto anche troppo, lascio spazio
a questi grandissimi musicisti. Il disco da cui è tratta l’esecuzione risale al
1962.
Passiamo a un altro eccezionale talento, il chitarrista
francese Django Reinhart, considerato da molti il vero “inventore” della
chitarra nel jazz. La sua versione risale al 1937.
Diamo nuovamente spazio al Duca, perché ascoltiamo la
versione cantata da Ella Fitzgerald e tratta da un album doppio inciso insieme
a Ellington e alla sua orchestra nel 1957.
La quarta versione è quella di un grande trombettista tormentato, Chet Baker, tratta dall’album Chet
on Poetry del 1989, realizzato in Italia con musicisti italiani.
Finiamo con un altro immenso maestro, un uomo cui il destino
ha riservato una vita difficile e troppo breve, ma che ha saputo raggiungere
vette di bellezza straordianaria: Michel Petrucciani. Qui in un’esecuzione dal
vivo con Gary Peacock al basso e Roy Haynes alla batteria. La registrazione è stata effettuata a Karlsruhe 1988. E' la versione più lunga che vi propongo,
ma ascoltatela fino in fondo, non ve ne pentirete.