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sabato 26 aprile 2014

Imperterrito, forse


Guardo poco o nulla la televisione. E se proprio mi capita di accenderla, non accade mai quando va in onda la trasmissione di Bruno Vespa. Considero Vespa la quintessenza del giornalismo asservito, un club che in Italia, purtroppo, conta un numero molto cospicuo d’iscritti. Poiché non abbiamo il monopolio dell’opportunismo e della piaggeria, si trovano analoghi circoli anche in altri paesi, ma quelli con tanti soci, in generale, si trovano in nazioni che non possono vantare sistemi politici e stampa degni di vere democrazie moderne.
Ieri sera, guarda un po’, Vespa ha ospitato il tizio decrepito, offrendogli spazio per tentare di rilanciarsi e di dare consistenza alla sua ormai effimera credibilità politica.
Intendiamoci, un po’ di capacità di seduzione rimane, così come l’indiscutibile combattività, quindi non mi sogno affatto di darlo per morto, tuttavia le sue potenzialità sono senz’altro ridotte. Soprattutto perché, come non sa accettare le stagioni della vita umana, così non vede che la presa sull’elettorato e anche sui fedelissimi, dopo vent’anni di obiettivi mancati, si attenua giorno dopo giorno.
Posso immaginare che l’editoriale del Corriere di ieri, firmato da Galli della Loggia, non fosse scritto per piacergli, visto che metteva in luce tutte le contraddizioni di un’esperienza politica che, a voler essere davvero buoni, appare quantomeno deludente. Forse, però, farebbe bene a mettersi il cuore in pace. Gli storici, almeno quelli che non seguono l’esempio di Vespa, difficilmente si scosteranno dalla linea di Galli della Loggia. Questo è il link al suo articolo di fondo: http://www.corriere.it/editoriali/14_aprile_24/diaspora-destra-f75b104a-cb6a-11e3-b768-8b37958dddda.shtml.
Buona stampa.
Come dicevo, l’editoriale di Galli della Loggia non sarà parso degno di attenzione né di riflessione autocritica al tizio decrepito, abituato a dare ascolto solo a chi gli da ragione e lo incensa. Non stupisce, allora, che abbia accolto con gelo sprezzante la lettera inviata a La Stampa da colui che, per anni, è stato il suo lacchè prediletto, Sandro Bondi. Dire che, pur cercando di non andare contropelo, Bondi arriva a conclusioni non troppo diverse da quelle dell’editorialista del Corriere della Sera non mi sembra azzardato. Ecco il link: http://www.lastampa.it/2014/04/23/cultura/opinioni/editoriali/fi-ha-fallito-sosteniamo-renzi-lKfjfDuU6yxSmrsVb68lyM/pagina.html.
Si tratta di lettera, quindi nessun commento. Anzi, uno ci sta, non mio, ma di Jena, sempre da La Stampa: http://www.lastampa.it/2014/04/24/cultura/opinioni/jena/comunisti-C701dgN9ppvW150sU9XX7K/pagina.html.
Buona stampa.
Cambiamo argomento, anche se ci spostiamo su una storia che non offre sollievo dal senso di disgusto prodotto dalle vicende politiche. La questione del cosiddetto metodo di cura Stamina è una di quelle che dimostra come, in Italia, il diritto sia diventato un elastico che ognuno tira come e dove vuole, deformandolo a proprio uso e consumo, così che si lascia il campo aperto a ciarlatani e profittatori vari. Una situazione tanto più grave quando è coinvolta la salute. La lettura dell’articolo di Gilberto Corbellini sul Sole 24 Ore di oggi vi dirà molto più di quanto saprei fare io: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2014-04-25/stamina-quando-e-offesa-dignita-malati--094250.shtml?uuid=AB6Y8dDB.
Buona stampa.
E, prima di qualche buona nota, torniamo all’inchiesta sull'acquisizione di Banca Antonveneta da parte del Monte dei Paschi di Siena, il che ci darà modo di fare qualche riflessione sull’attualità dell’istituto senese. I Pubblici Ministeri incaricati dell’indagine scrivono che il Presidente Mussari e il Direttore Generale Vigni avevano (riprendo i virgolettati dal Corriere cartaceo) “un modus operandi autoreferenziale, verticistico e asservito al soddisfacimento di interessi in generale distonici da quelli dell’ente.” In conseguenza di questi “interessi e sollecitazioni esterne, ascrivibili in prima battuta al panorama politico locale e nazionale” Mussari e Vigni decisero di comprare Antonveneta, in modo doppiamente sventato: in primo luogo perché non si accertarono del reale valore di ciò che acquistavano (rinunciando a guardare bene i conti, ossia a effettuare quella che si chiama due diligence) e, secondo, perché comunque stavano facendo un passo ben più lungo di quel che consentivano le fragili gambe di MPS e ne erano consapevoli.
Mussari e Vigni, tra un bel po’ di anni, saranno forse chiamati a rispondere definitivamente delle loro decisioni e dei loro comportamenti. Mi chiedo se accadrà altrettanto per coloro che, alla guida della Fondazione Monte dei Paschi, costituivano lo strumento principale attraverso il quale la politica, soprattutto locale, esercitava il proprio potere sulla Banca Monte dei Paschi.
Quello di cui sono certo, invece, è che la politica, sempre attraverso la Fondazione, non ha affatto rinunciato a esercitare influenza sulla Banca, come hanno dimostrato due fatti: il rinvio dell’aumento di capitale da dicembre 2013 a maggio 2014 e la costituzione, per il momento non ancora autorizzata, di un patto di sindacato con due società finanziarie estere, una brasiliana e una messicana, volto a mantenere, con il 9% complessivo del capitale, un peso decisivo nella nomina dei dirigenti di BMPS.
Non mi dilungo, dirò solo che il rinvio dell’aumento di capitale ha comportato un aggravio di costi per la banca e la necessità di effettuare un’operazione di maggiore entità (l'aumento sarà di 5 miliardi contro i 3 previsti in dicembre) che, si dice, potrebbe trarre vantaggio dalle migliorate condizioni generali dell’economia e dalla maggiore disponibilità degli investitori internazionali verso l’Italia e le sue aziende.
Siamo sicuri che le cose stiano così?
Buona stampa.
Chiudiamo con due brani musicali. Il primo, eseguito da The Bill Evans Trio, è Waltz for Debby. Oggi lo si può definire un classico, ma allora (1961) era espressione di uno straordinario spirito innovativo.


Ci spostiamo in Brasile e ascoltiamo Você vai ver cantato ed eseguito alla chitarra da Rosa Passos (http://en.wikipedia.org/wiki/Rosa_Passos).



giovedì 24 gennaio 2013

Meglio tardi che mai?


Non posso, anche se forse lo vorrei, evitare di parlare della vicenda del Monte dei Paschi di Siena. Troverete da soli innumerevoli articoli che illustrano come la banca senese, durante la gestione di Mussari e Vigni, avrebbe posto in essere ripetute operazioni finanziarie altamente rischiose, la cui esistenza si sarebbe cercato di tenere nascosta sia agli organi sociali sia alle autorità di vigilanza e i cui effetti negativi si sarebbe tentato di occultare con altri investimenti ad alto rischio, anch’essi apparentemente non resi noti.
Quanto siano costati a Banca MPS questi investimenti non è ancora del tutto certo; si sa, invece, che per fa fronte alle proprie esigenze patrimoniali, l’istituto ha richiesto 3,9 miliardi di finanziamento allo Stato attraverso emissione di cosiddetti “Monti bonds”, strumenti assai costosi, versione riveduta di quelli inventati dal bleso della Valtellina, Tremonti. Senza questo sostegno statale, la sopravvivenza della più antica banca del mondo sarebbe a rischio.
Fine sulla questione tecnica, per approfondire la quale, come ho detto, potete trovare decine e decine di articoli sulla stampa non solo italiana.
Parliamo di aspetti che definirei collaterali, i quali però, francamente, a me sembrano persino più intriganti. E qui vi segnalo un articolo di oggi, tratto dalla costola toscana del Corriere della Sera:
Buona stampa. Anche perché mi piace l’ironia che percorre tutto il pezzo di David Allegranti. Non che sia difficile fare dell’ironia su questa vicenda, ma lui mi sembra farla bene.
Partiamo da Bersani. Mi vien da dire che la realtà supera la fantasia. Nemmeno agli autori di Crozza sarebbe venuta in mente una battuta come: “Il Pd fa il Pd, e le banche fanno le banche.”  Una battuta che s’inserisce meritatamente nella scia delle affermazioni sulle parentele di Ruby, per via della credibilità, e su quella delle domande del tipo “E allora siamo padroni di una banca?”, per quel che riguarda l’estraneità della politica alla gestione delle banche e in particolare di quelle maggiori (e sono quasi tutte) che, di fatto, sono in parte pubbliche poiché le Fondazioni ne possiedono quote molto importanti.
Mi sa che Bersani, informato che Prodi è stato il miglior leader del centrosinistra, sta cercando di imitarlo e di arrivare al 26 di Febbraio con la stessa solida maggioranza con cui il suo Maestro è arrivato alla guida del Governo nel 2006. Non credo che il tizio decrepito ringrazierà. Si fregherà le mani, questo è certo, ma non ringrazierà. Anche perché, se ho sentito bene una notizia data dal GR3 delle 13:45 di oggi, il tizio decrepito non intenderebbe dir nulla sulla vicenda del Monte Paschi perché nutrirebbe un particolare affetto per la banca senese. Immagino che, se vera la notizia e se la ricordo bene, si tratterebbe di un sentimento condiviso dalle ospiti delle cene eleganti, le quali sembra venissero pagate con i fondi personali del tizio decrepito presso una filiale dell’area milanese di MPS, gestiti dal suo uomo di fiducia (http://www.corriere.it/politica/11_marzo_19/altri-bonifici-auto-regalo-dal-premier-15-guastella-ferrarella_19d92d7c-51fd-11e0-a034-1db210fa1eaf.shtml).
In realtà lascia parlare i suoi lacchè e Bersani, tranquillo perché lavorano per lo stesso risultato.
Lasciamo perdere e parliamo di Mussari e del sistema bancario.
Avvocato di nemmeno quarant’anni (se ricordo bene era il 2001), pur non avendo particolare esperienza di banche e di finanza, fu insediato alla guida della Fondazione Monte dei Paschi, che controllava oltre il 50% della banca. Successivamente, forse perché insoddisfatto del modesto raggio d’azione consentitogli da quel ruolo, trovò modo di arrivare alla presidenza della banca, che già aveva nel proprio carniere catture sanguinarie (per il cacciatore, non per la preda) come la Banca del Salento (1999, prima dell'arrivo di Mussari), e dopo aver atteso il momento ideale, decise l’acquisto di Antonveneta dal Santander del quale vi ho già parlato e del quale trovate comunque molti resoconti nei quotidiani di questi giorni.
Sembra abbastanza evidente che Mussari non sarebbe stato all’altezza del compito, ma di questo si occuperanno la Magistratura e la storia, anzi la Storia. Io, però, qualcosa mi sento già di dire.
Il Mussari che si è dimesso due giorni fa dalla presidenza dell’Associazione Bancaria Italiana è esattamente lo stesso che aveva assunto l’incarico nel 2010 e che era stato confermato nel giugno dello scorso anno. Non sembrerebbe aver fatto gran che di nocivo tra il 2010 e l’altro ieri. Le sue presunte colpe (i comportamenti per i quali sarebbe oggetto di indagine e che lo avrebbero spinto alle dimissioni per evitare di danneggiare le istituzioni che rappresentava) risalirebbero in gran parte ad anni precedenti. Questo per pormi e porvi alcune domande. Mussari è diventato inadeguato a presiedere l’ABI il 22 Gennaio 2013 o lo era già nel 2010 e nel 2012? I suoi scrupoli morali, a quanto pare emersi improvvisamente due giorni fa, erano in vacanza nel 2010 e nel 2012? Ultima, e secondo me assai più grave, visto che mi sono già dato risposta alle due precedenti: è venuto a mancare qualche cosa in questo paese se una persona, che sembrerebbe avere sulla coscienza qualche bel macigno, ha ritenuto di continuare imperterrito la sua scalata al potere?
Anche a questa domanda io mi sono già dato una risposta. Voi trovate la vostra.