Il problema dei migranti non si concentra soltanto nel
Mediterraneo, com’è purtroppo ovvio in considerazione delle molteplici
situazioni che spingono intere popolazioni a fuggire dalla nazione in cui
vivono.
Un primo articolo lo avevo letto su The Guardian alcune
settimane fa: http://www.theguardian.com/world/2015/may/13/rohingya-muslims-malaysia-indonesia-burma-aung-ming-lar.
Ieri, il mio amico Roberto Plaja (sì, l’autore di
theboxisthereforareason; leggete l’ultimo pezzo: http://www.theboxisthereforareason.com/2015/06/04/beware-what-you-wish-for/?utm_content=bufferb6714&utm_medium=social&utm_source=facebook.com&utm_campaign=buffer) ha condiviso su Facebook il
post di un blog del New York Times dedicato alla fotografia: http://lens.blogs.nytimes.com/2015/06/04/rohingya-refugees-stateless-in-southeast-asia/?_r=0
Sempre ieri, su Il Sole 24 Ore c’era un articolo di Gianluca
Di Donfrancesco che, purtroppo, ho dovuto acquisire con lo scanner.
Buona stampa. Per tutti. Le dimensioni di questa tragedia
umanitaria sono forse inferiori a quelle che ci riguardano più da vicino, ma fare
graduatorie in questo campo è del tutto insensato. Si deve, invece, considerare
attentamente il fatto che aumentano costantemente le aree del mondo nelle quali
si creano condizioni tali da indurre decine o centinaia di migliaia di persone
a sradicarsi dai luoghi in cui vivono da sempre.
Il mondo sembra assistere impassibile al ripetersi di eventi
simili, il cui primo esempio che ha avuto notorietà internazionale, se non
sbaglio, fu quello dei Boat People
che fuggivano dal Vietnam alla metà degli anni 70.
Sono passati quarant’anni da allora, ma il dramma si ripete
con frequenza sempre maggiore e nella sostanziale indifferenza delle
organizzazioni internazionali (con l’eccezione dell’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati, che può comunque poco).
Assistiamo inerti al moltiplicarsi dei casi di “stati
falliti” e di regimi autoritari che esaltano le differenze etniche e religiose
e che si dedicano con determinazione alla eliminazione delle minoranze,
situazioni che sono alla base delle migrazioni di migliaia di disperati alla
ricerca di nazioni in cui condurre una vita dignitosa e sicura. Quando si parla
del problema della migrazione, per prima cosa, a mio modestissimo avviso, si
dovrebbe considerare questa situazione. Affrontare il problema degli scafisti
libici, che pure va affrontato e anche con durezza, significa curare un
sintomo, non la malattia.
Passiamo alla guerra contro quelli che vorrebbero privare
l’umanità della musica. Oggi ricorre un anniversario piuttosto importante. Sono
trascorsi esattamente 50 anni dalla pubblicazione di una della più famose
canzoni dei Rolling Stones, Satisfaction
(http://en.wikipedia.org/wiki/%28I_Can%27t_Get_No%29_Satisfaction).
Potrei non farvela ascoltare? Eccola, eseguita dal vivo proprio nel 1965.
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