Fra poco più di due mesi, il 28 agosto, cadrà il 52°
anniversario di un momento di grande rilievo nella storia (relativamente)
recente degli Stati Uniti d’America. Il 28 agosto 1963, al Lincoln Memorial di Washington, D.C.,
un uomo tenne un discorso che, chiunque abbia a cuore i principi delle
democrazie occidentali, dovrebbe, se non sapere a memoria, almeno tenere a
portata di mano per rileggerlo molto spesso.
I am happy to join you
today in what will go down in history as the greatest demostration for freedom
in the history of our nation.
Questo discorso lo potete leggere integralmente in rete. V’indico
un link tra tanti: http://www.americanrhetoric.com/speeches/mlkihaveadream.htm.
Oltre al testo , troverete anche una versione audio di ottima qualità, che è piacevole
ascoltare seguendo le parole sullo schermo.
Sono sicuro che voi tre ricordate questo discorso e sapete
anche che i più lo associano a quattro parole: I have a dream. Martin Luther King le pronuncia più volte,
collegandole a immagini di un futuro migliore non solo per la gente di colore,
ma per tutti gli americani.
A me, in realtà, oggi piace riportare alla vostra memoria
questo discorso perché vi sono passaggi che si prestano a farci riflettere sul
nostro presente e sul nostro futuro.
King cita un brano fondamentale della
Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti, questo: We hold these truths to be self-evident, that all men are created
equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights,
that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness
La traduzione forse non è necessaria, comunque eccola: Noi riteniamo queste verità essere manifeste che tutti gli uomini sono creati eguali e che sono dotati dal loro Creatore di
certi Diritti inalienabili tra i quali la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità.
Tra gli uomini che hanno scritto, oltre a queste parole, la
Costituzione degli Stati Uniti, possiamo ricordare George Washington, Thomas Jefferson,
John Adams, Benjamin Franklin, James Madison. Tutti cittadini delle colonie
britanniche che si erano ribellate a Londra.
Tra loro, anche se non viene quasi mai citato, andrebbe
inserito anche un italiano. Si chiamava Cesare Beccaria e il suo Dei delitti e delle pene era stato letto
direttamente nella nostra lingua da molti dei Padri Fondatori degli USA, che ne
avevano trasferito non pochi principi nei testi fondanti della nuova nazione.
Ritroviamo numerosi contenuti della Dichiarazione
d’Indipendenza degli Stati Uniti nella Dichiarazione internazionale dei Diritti
dell’Uomo adottata dalle Nazioni Unite. Potete leggere la versione italiana
qui: http://www.ohchr.org/EN/UDHR/Documents/UDHR_Translations/itn.pdf.
Ne riporto alcuni articoli:
Articolo 3
Ogni individuo ha
diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona.
Articolo 4
Nessun individuo potrà
essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli
schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.
Articolo 5
Nessun individuo potrà
essere sottoposto a tortura o a trattamento o punizioni crudeli, inumani o
degradanti.
Articolo 6
Ogni individuo ha
diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.
Anche qui, il pensiero di Beccaria trova, con tutta
evidenza, ampio spazio. L’Italia, come membro delle Nazioni Unite, ha
sottoscritto e accettato questo testo e gli articoli che lo compongono e ogni
cittadino italiano dovrebbe ricordarlo e, soprattutto, rispettarne il contenuto.
Ciò, credo, dovrebbe valere ancor di più per quelli che hanno incarichi politici e che si fan gloria
dell’essere lombardi. Eppure, tra costoro, vi è chi, nel suo sproloquiare
quotidiano alla ricerca di qualche millesimo di punto percentuale in più in un
sondaggio, si è spinto sino a negare il pensiero di un lombardo assai più
grande di lui.
Matteo Salvini, con le sue affermazioni sulla tortura, ha
definitivamente superato ogni limite di ragionevolezza e di decenza e ha insultato la memoria di Cesare Beccaria e l'insegnamento di tutti gli uomini che, come Beccaria, hanno, con le proprie riflessioni e i propri scritti, reso migliore il nostro mondo. Salvini, ovviamente, di questo non si preoccupa. Del futuro, a lui interessa soltanto il suo possibile successo elettorale. Cosa questo significhi per gli italiani, è privo di importanza. E se per vincere deve riportarci nel passato più buio, tanto meglio.
Come direbbe Martin Luther King: We cannot turn back, non possiamo voltarci indietro. E, se vogliamo concederci di sognare anche noi, come lui, sogniamo che gli italiani vogliano ribellarsi a politici che sanno soltanto
stimolare (o cercare di stimolare) i loro istinti peggiori, rivolgersi alla
loro parte irrazionale, servirsi delle loro paure e delle loro inquietudini
per arrivare al potere. E che, grazie anche ai mezzi di comunicazione, inclusi
quelli sviluppatisi negli ultimi anni, lo possono fare con una violenza e
un’immediatezza inaudite perché, ormai, conta chi strilla più forte e più spesso.
Se non costituisse un pericolo per il nostro Paese, si potrebbe anche sorridere considerando che Salvini, che strepita contro gli esponenti del radicalismo islamico, è, sul piano ideologico, quanto di più simile a loro offra oggi il panorama politico italiano.
Sul modo in cui avviene il confronto d'idee nella nostra epoca, leggete le parole bellissime del mio amico Roberto Plaja,
che oggi ha quasi completamente trascurato la finanza proprio per analizzare,
tra l’altro, la conflittualità con cui molti di noi affrontano i rapporti con
gli altri. Un testo davvero di grande spessore: http://www.theboxisthereforareason.com/2015/06/26/the-way-to-progress/.
E, per chiudere questo post, cos’altro potrei farvi
ascoltare se non Imagine di John
Lennon.
Detto splendidamente, con parole indiscutibilmente forti ma con un ritmo poetico e chiarezza profonda.
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