Il mistero dell’OPAS di EI Towers su Rai Way continua e,
forse, non vale nemmeno la pena di dedicare ancora tempo a una vicenda i cui
contorni probabilmente si chiariranno ben lontano dal mercato che, credo a
sproposito, Renzi ha tirato in ballo.
E veniamo alla questione della banda larga.
Una premessa (sbrigativa, ma fondata): la privatizzazione di
Telecom Italia è stata un capolavoro d’inettitudine politica e di avidità
imprenditoriale, oltre che di scarsa incisività tecnica nella definizione del
quadro normativo.
Le cattive condizioni attuali di Telecom Italia e della
connessione a internet nel nostro paese affondano le loro radici in quegli
errori originari e nel succedersi di “capitani coraggiosi” (D’Alema, lo
stalinuccio di Gallipoli, non ha mai capito niente e non capirà mai niente,
però saprà sempre essere saccente e arrogante e inventarsi definizioni
grottescamente sbagliate) che hanno spogliato la società, privandola delle
risorse necessarie per uno sviluppo adeguato della rete e dei servizi. Nel tempo
Telecom è stata tanto indebolita da diventare un vincolo alla crescita del
Paese perché non in grado di effettuare gli investimenti necessari al
potenziamento della rete e non disposta a condividerne la realizzazione e la
proprietà con altri. Esistono alcune reti di estensione importante
(appartenenti a società come Metroweb, Fastweb, Vodafone e altre), ma la struttura
fondamentale della rete telefonica italiana resta saldamente nelle mani di
Telecom e ne costituisce la principale posta attiva.
Negli ultimi mesi, dopo un periodo nel quale il tema era
rimasto abbastanza assente dai quotidiani, è tornato improvvisamente
d’attualità, soprattutto con la ventilata, e tramontata, ipotesi di alleanza
tra Telecom e Metroweb (controllata di fatto, attraverso alcuni passaggi, da
Cassa Depositi e Prestiti, che è un’istituzione sostanzialmente pubblica, anche
se la spacciano per privata) proprio per lo sviluppo della rete attraverso il
passaggio alla fibra ottica.
Si era anche parlato della possibilità di mettere in comune
tutte le reti esistenti, coinvolgendo di fatto tutti gli operatori di telefonia
fissa e dati. Anche questa possibilità è tramontata, soprattutto per
l’indisponibilità di Telecom a cedere il controllo della propria rete che ha il
non trascurabile compito di garantire il massiccio debito della società.
Nei giorni scorsi siamo arrivati a una proposta del Governo
per l’assunzione diretta del ruolo di promotore di una rete nazionale in fibra
ottica. La proposta è ancora in divenire, quindi potrei sbagliare nel giudizio,
ma per quel che se ne capisce, non mi pare una grande idea. Comunque, a oggi,
questo è il quadro, così come lo descrive un articolo de Il Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-03-02/banda-larga-agevolazioni-tavolo-governo-223701.shtml?uuid=AB6vvC3C.
Cronaca. Essendo un procedimento in fieri, mi limito a tre
considerazioni.
La prima è che non si sente la mancanza dello Stato
imprenditore. Ci siamo liberati a fatica e a caro prezzo (e ancora in maniera
incompleta (sic)) delle Partecipazioni Statali che tanto male, da un certo
punto in poi della nostra storia, hanno fatto all’economia nazionale. Non le rimpiange
nessuno e già si fa sentire anche troppo la presenza di Cassa Depositi e
Prestiti.
La seconda è che, essendo io sospettoso, ma memore del detto
andreottiano, non riesco a togliermi dalla testa che i 6 miliardi ipotizzati
dal Governo per avviare la nuova rete finirebbero in parte nelle
tasche sbagliate. Non dimentichiamo le vicende di Expo e Mose. Dove c’è spesa
pubblica, purtroppo, c’è corruzione, anche Cantone può relativamente poco in un
paese dove ogni giorno qualcuno viene scoperto con le mani nella marmellata (e
anche nel burro e nello zucchero).
Terza e ultima considerazione: sposare necessariamente la
tecnologia della fibra ottica probabilmente è sbagliato e costituirebbe uno
spreco di risorse, come appare evidente dalla lettura di questo articolo,
sempre da Il Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/fcsvc?cmd=checkcredit&chId=30&docPath=%252Fnotizie%252F2015-03-03&docParams=WDtWjhCCrqYTffpmIIolH7UCO5q1iObIifkXRBcpscjJwFy0W1q8xCw0RBgtTDaEf5Scu1g2g4q3p1p4s4xAm4vE3Cj7p8i4aqx8v18BLYCAplMKUJJZu8h3u1v2xCy7yD8Hq8m1EUx4w2t2b0q22BrAs7bruAp1x8v6i0w9r37Gf2p7Wgu3c2u8g2fVIVrbxXmKgRQ4M4gBoRUAX9Z7T1sZH3xVF3T8UDhEuRoZ77tdfsvfo3a0WZw3wBxEt6r3q5s4k4r9f5DGvCi1f1nqq1u0w8qtp3f1x4w3g2x6vASVx4x3t2g5s4MPf2w8r2u5p7q3s4GJy7e4p3k60377unhdWPVTslqst1l4u1q4s7TDANdTu9c2BEt0m8j7o1q2n2t5m6j1tCsvf3h0k6mpv6x3q2beq4n9w3v2k6x6n9jmv2w2u3tBt5BEh4r3y9q1p7v8q2qtw5sBo2vAVYuuwprnZSCAngqBW7Z8xRmou2k3v2o2s7YIMZB2U2aHV2uV&uuid=ABJpJI3C.
Buona stampa (con un link incresciosamente lungo, spero non sia un articolo a pagamento).
Un Governo meno preoccupato di tenere sotto l’ombrello
pubblico un’attività certamente strategica, ma quasi ovunque privata, dovrebbe
ragionare su quale sia il modo migliore per far sì che i sei miliardi
disponibili per aggiornare la rete agiscano come moltiplicatore degli
investimenti privati e per far sì che si attenuino (meglio ancora scompaiano)
le sovrapposizioni che, ovviamente, si traducono in spreco di risorse. Detto
altrimenti, i sei miliardi dovrebbero essere usati per favorire la creazione di
una struttura proprietaria unica di tutte le reti telefoniche del paese (con
una formula che garantisca gli operatori, come avviene nei casi di elettricità
e gas), di investimenti che non creino sovrapposizioni e l’adozione delle
tecnologie adeguate alle diverse realtà territoriali, anche qui per evitare di
scegliere tecnologie più costose e non necessarie. Questo vorrebbe dire fare
politica industriale, qualcosa che, purtroppo, da queste parti non si sa bene
cosa voglia dire.
Dalla parte della musica. Oggi torniamo al jazz con una splendida esecuzione di Bill Evans, accompagnato al basso da Eddie Gomez. Il brano s'intitola Time Remembered, tratto dall'album The Sesjun Radio Shows, registrato in Olanda nel 1973.
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