Il Financial Times ieri ha dedicato un articolo molto bello
a Boris Nemtsov (o Nemzov nella grafia dei giornali italiani): http://www.ft.com/intl/cms/s/2/57ef1530-bf41-11e4-99f8-00144feab7de.html#axzz3T8uehv00.
Buona stampa.
E merita di essere letto anche il commento di Roberto
Toscano su La Stampa: http://www.lastampa.it/2015/03/01/cultura/opinioni/editoriali/quel-clima-che-ha-armato-il-killer-iJKujvzg7SpISXa9HnjMHI/pagina.html
Buona stampa.
Ha ragione Toscano nel sottolineare che la morte di Nemzov
è, come altre morti e altri eventi, frutto dell’incapacità della Russia di
percorrere il cammino dal regime sovietico alla democrazia. E, tuttavia, è
difficile non osservare che c’è una ragione per cui quel processo non si è
realizzato. Una ragione che ha un nome e un cognome: Vladimir Putin.
Non mi stancherò di ribadire quanto sia pericoloso il
delirio di onnipotenza di un uomo che si è formato occupandosi delle “vite degli altri” e dando istruzioni al Ministero della Sicurezza Nazionale della
DDR, noto come Stasi, l’organizzazione che svolgeva i lavori più sporchi per
conto del KGB.
Riprendo una frase molto significativa dell’articolo del
Financial Times: Ever since he was
elected in 2000 on the promise to crack down on criminality and enforce a
“dictatorship of the law”, Putin has singularly failed to uphold the effective
rule of law.
Della legge, se mai davvero ne avesse avuto rispetto, Putin ormai
da tempo non si preoccupa minimamente.
Per la battaglia quotidiana dalla parte della musica, oggi
ci concediamo un altro blues. Ascoltiamo Muddy Waters che interpreta Feel Like Going Home, un classico.
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