sabato 21 marzo 2015

Giornata della poesia e della musica antica


Tra poche ore finisce la giornata dedicata alla poesia e alla musica antica.
Per celebrare la poesia, sulle soglie della primavera potrei proporvi versi che parlino del tepore dell’aria, delle gemme, dei fiori, della promessa dell’estate. Troppo facile e, per tante ragioni, fuori luogo. Ho scelto, invece, alcuni versi ruvidi, come carta vetrata a grana grossa, ma bellissimi di Salvatore Quasimodo. La poesia s’intitola Uomo del mio tempo.

Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
- t'ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T'ho visto, eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all'altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell'eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

Non c’è bisogno di dire nulla. Se non che noi tutti, ovunque, dovremmo mandarli a memoria e recitarli ogni giorno.
Per celebrare la musica antica, con una nota di campanilismo, vi faccio ascoltare un brano di Giovanni Battista Bassani, musicista padovano (http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Battista_Bassani): la Sonata N° 1.


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