domenica 8 marzo 2015

Di cosa si preoccupa? Non del futuro degli italiani.


In queste prime ore di domenica attirerei la vostra attenzione su un fatto di cronaca quasi spicciola, che, però, mi pare offrire almeno un paio di spunti di riflessione. Si tratta del licenziamento per scarso rendimento di un docente di una scuola di Montebelluna, in provincia di Treviso. Prendiamo il resoconto dal Corriere della Sera di ieri: http://www.corriere.it/scuola/secondaria/15_marzo_07/prof-licenziato-scarso-rendimento-preside-cosi-tutelo-studenti-cd914190-c4a6-11e4-ab5e-6baf131e67e8.shtml.
Buona stampa. Anche se si tratta di cronaca. Non si può certo dire che simili fatti si verifichino spesso nel nostro Paese, mi sarei aspettato di ritrovare la notizia anche altrove. Invece sembra che solo il Corriere abbia voluto occuparsene. Veniamo ai temi che volevo considerare.
Il primo è l’atteggiamento della sindacalista della CGIL, Marta Viotto. Riporto le sue parole pari pari: “Questo sistema mi spaventa perché attiva un clima di sfiducia, di tensione, di paura. E mi spaventa che il preside dica che ha avuto coraggio e che la gente si complimenti con lui”.
La Signora Viotto si preoccupa del clima di sfiducia, tensione e paura. Io mi chiedo: per chi? Per i professori che fanno il loro dovere e che si trovano accanto colleghi che non lo fanno e non vengono sanzionati? I professori che fanno il loro dovere non interessano alla Signora Viotto, perché, altrimenti, si direbbe triste per il licenziato, ma esprimerebbe sollievo per la maggioranza dei volonterosi, il cui lavoro trova in questo modo un apprezzamento indiretto. La Signora Viotto rappresenta una delle peggiori malattie del nostro Paese: la difesa dell’impunità, della pretesa di non essere mai chiamati a rispondere delle proprie azioni, di sfuggire le proprie responsabilità.
Una malattia che, purtroppo, è particolarmente diffusa tra i dipendenti pubblici e trova alimento nell’atteggiamento (mi rifiuto di chiamarla cultura) del sindacato, che, chissà perché?, ha sempre difeso chi non faceva il proprio dovere, aiutato in questo da norme che solo in Italia si è avuto il coraggio di introdurre.
Il secondo punto riguarda i genitori. Mi sta bene che sostengano la decisione del preside che ha deciso il licenziamento. Non dimentico, però, che ci sono genitori che criticano (e non di rado vanno anche oltre) i professori quando valutano negativamente i loro figli, mettendo in discussione un principio gerarchico essenziale. Merito e disciplina non sono concetti elastici, che possono essere applicati come piace o come fa comodo.
E riprendiamo la guerra a chi è contro la civiltà. Sono in debito, molto in debito, con la musica classica. Inizio a colmare il “buco”. Un pezzo tratto da un’opera, ma senza canto. Una scelta facile per certi versi: l’Intermezzo dalla Cavalleria Rusticana di Mascagni, un brano bellissimo e struggente. Riccardo Muti dirige l'Orchestra Sinfonica del Teatro Comunale di Bologna al Festival di Ravenna del 1996. 



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