Pochi uomini e donne al mondo sono soggetti ai controlli
psichici e fisici cui sono sottoposti i piloti delle compagnie aree,
soprattutto quelle che aderiscono ai più rigidi standard di sicurezza. Mi pare
molto difficile credere che un disagio mentale di Andreas Lubitz sia sfuggito
alle maglie strette di quei controlli. E, quindi, ci si può soltanto chiedere
cosa sia accaduto nella sua mente, negli ultimi giorni o nelle ultime settimane della sua vita, per spingerlo a compiere un gesto che
definire insano è, ovviamente, riduttivo.
E questa domanda, mi pare, ci lascia in un abisso senza
risposte. Ci sospinge ai limiti delle questioni fondamentali sulla nostra
natura, sulle nostre fragilità, sui nostri perché.
Passiamo a un altro argomento che, comunque, ripropone per altre vie le medesime questioni: il definitivo sprofondare dello Yemen nel caos. Sono anni che lo sventurato Paese, che occupa una posizione geograficamente cruciale nella penisola Arabica, è vittima della guerra tra fedi e tra tribù, della presenza dell’estremismo islamico di Al Qaeda (di recente anche di quello dell’ISIS) e dell’azione militare americana per contenerlo.
Il tutto stimolato dal fluire del denaro di Arabia Saudita e
Iran, che qui come altrove, non trovano di meglio da fare che favorire il
dissolvimento di una nazione (per la verità di fragilissima costituzione) per i
propri interessi, per continuare a combattersi per interposte vittime,
servendosi spudoratamente di migliaia d’infelici che, per denaro o per
un’interpretazione apocrifa della fede, si sacrificano per la convenienza degli
Al Saud o degli Ayatollah.
Non ho mai visitato lo Yemen, ma so che era un paese
affascinante e che la sua capitale, Sana’a, era un patrimonio di tutti gli
uomini, prima che un patrimonio dell’Umanità con certificato dell’Unesco. Si
resta senza parole anche davanti a questa dimostrazione dei percorsi
inspiegabili e disastrosi della mente umana. E posso solo proporvi di leggere
le parole di Pier Paolo Pasolini, che dello Yemen e di Sana’a si era innamorato
al punto di farsi promotore, appunto, del riconoscimento dell’Unesco alla
capitale yemenita. La testimonianza di questo amore la potete trovare qui: http://www.pasolini.net/luoghiPPP_Yemen-di-Pasolini.htm.
Oltre all’appello rivolto dal regista e scrittore all’Unesco, trovate il
collegamento alle due parti del documentario che aveva girato sul paese e sulla
capitale. E vale davvero la pena di vederlo.
Come non trovare, in quanto precede, lo stimolo a continuare
la battaglia contro chi considera la cultura, in tutte le sue manifestazioni, un
bersaglio da annientare. Il brano di oggi é una delle versioni più belle di un celebre brano
di Sting, Fragile, eseguita dal vivo a Berlino nel 2010.
Nessun commento:
Posta un commento