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martedì 3 marzo 2015

Una rete, fatta bene possibilmente


Il mistero dell’OPAS di EI Towers su Rai Way continua e, forse, non vale nemmeno la pena di dedicare ancora tempo a una vicenda i cui contorni probabilmente si chiariranno ben lontano dal mercato che, credo a sproposito, Renzi ha tirato in ballo.
E veniamo alla questione della banda larga.
Una premessa (sbrigativa, ma fondata): la privatizzazione di Telecom Italia è stata un capolavoro d’inettitudine politica e di avidità imprenditoriale, oltre che di scarsa incisività tecnica nella definizione del quadro normativo.
Le cattive condizioni attuali di Telecom Italia e della connessione a internet nel nostro paese affondano le loro radici in quegli errori originari e nel succedersi di “capitani coraggiosi” (D’Alema, lo stalinuccio di Gallipoli, non ha mai capito niente e non capirà mai niente, però saprà sempre essere saccente e arrogante e inventarsi definizioni grottescamente sbagliate) che hanno spogliato la società, privandola delle risorse necessarie per uno sviluppo adeguato della rete e dei servizi. Nel tempo Telecom è stata tanto indebolita da diventare un vincolo alla crescita del Paese perché non in grado di effettuare gli investimenti necessari al potenziamento della rete e non disposta a condividerne la realizzazione e la proprietà con altri. Esistono alcune reti di estensione importante (appartenenti a società come Metroweb, Fastweb, Vodafone e altre), ma la struttura fondamentale della rete telefonica italiana resta saldamente nelle mani di Telecom e ne costituisce la principale posta attiva.
Negli ultimi mesi, dopo un periodo nel quale il tema era rimasto abbastanza assente dai quotidiani, è tornato improvvisamente d’attualità, soprattutto con la ventilata, e tramontata, ipotesi di alleanza tra Telecom e Metroweb (controllata di fatto, attraverso alcuni passaggi, da Cassa Depositi e Prestiti, che è un’istituzione sostanzialmente pubblica, anche se la spacciano per privata) proprio per lo sviluppo della rete attraverso il passaggio alla fibra ottica.
Si era anche parlato della possibilità di mettere in comune tutte le reti esistenti, coinvolgendo di fatto tutti gli operatori di telefonia fissa e dati. Anche questa possibilità è tramontata, soprattutto per l’indisponibilità di Telecom a cedere il controllo della propria rete che ha il non trascurabile compito di garantire il massiccio debito della società.
Nei giorni scorsi siamo arrivati a una proposta del Governo per l’assunzione diretta del ruolo di promotore di una rete nazionale in fibra ottica. La proposta è ancora in divenire, quindi potrei sbagliare nel giudizio, ma per quel che se ne capisce, non mi pare una grande idea. Comunque, a oggi, questo è il quadro, così come lo descrive un articolo de Il Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-03-02/banda-larga-agevolazioni-tavolo-governo-223701.shtml?uuid=AB6vvC3C.
Cronaca. Essendo un procedimento in fieri, mi limito a tre considerazioni.
La prima è che non si sente la mancanza dello Stato imprenditore. Ci siamo liberati a fatica e a caro prezzo (e ancora in maniera incompleta (sic)) delle Partecipazioni Statali che tanto male, da un certo punto in poi della nostra storia, hanno fatto all’economia nazionale. Non le rimpiange nessuno e già si fa sentire anche troppo la presenza di Cassa Depositi e Prestiti.
La seconda è che, essendo io sospettoso, ma memore del detto andreottiano, non riesco a togliermi dalla testa che i 6 miliardi ipotizzati dal Governo per avviare la nuova rete finirebbero in parte nelle tasche sbagliate. Non dimentichiamo le vicende di Expo e Mose. Dove c’è spesa pubblica, purtroppo, c’è corruzione, anche Cantone può relativamente poco in un paese dove ogni giorno qualcuno viene scoperto con le mani nella marmellata (e anche nel burro e nello zucchero).
Buona stampa (con un link incresciosamente lungo, spero non sia un articolo a pagamento).
Un Governo meno preoccupato di tenere sotto l’ombrello pubblico un’attività certamente strategica, ma quasi ovunque privata, dovrebbe ragionare su quale sia il modo migliore per far sì che i sei miliardi disponibili per aggiornare la rete agiscano come moltiplicatore degli investimenti privati e per far sì che si attenuino (meglio ancora scompaiano) le sovrapposizioni che, ovviamente, si traducono in spreco di risorse. Detto altrimenti, i sei miliardi dovrebbero essere usati per favorire la creazione di una struttura proprietaria unica di tutte le reti telefoniche del paese (con una formula che garantisca gli operatori, come avviene nei casi di elettricità e gas), di investimenti che non creino sovrapposizioni e l’adozione delle tecnologie adeguate alle diverse realtà territoriali, anche qui per evitare di scegliere tecnologie più costose e non necessarie. Questo vorrebbe dire fare politica industriale, qualcosa che, purtroppo, da queste parti non si sa bene cosa voglia dire.
Dalla parte della musica. Oggi torniamo al jazz con una splendida esecuzione di Bill Evans, accompagnato al basso da Eddie Gomez. Il brano s'intitola Time Remembered, tratto dall'album The Sesjun Radio Shows, registrato in Olanda nel 1973.


sabato 28 febbraio 2015

Quanto mi manca Brežnev!


Ritorno alla storia dell’OPAS di EI Towers su Rai Way per suggerirvi due articoli che meritano di essere letti.
Il primo è di Milena Gabanelli (voi tre già sapete che sono innamorato di lei) dal Corriere di oggi e, meglio di quanto abbia fatto io, mette in risalto le incongruenze di questa operazione: http://www.corriere.it/inchieste/reportime/societa/intrigo-rai-way-mediaset/5628928e-becf-11e4-abd1-822f1e0f1ed7.shtml.
Buona stampa.
Il secondo pezzo, che ha un taglio più accademico, è tratto da LaVoce.info ed è scritto da Michele Polo: http://www.lavoce.info/archives/33346/torri-televisive-storie/.
Buona stampa.
Ripeto che questa vicenda è oscura, una delle tante in cui gli intrecci di politica e affari suscitano grande perplessità. Non aggiungo altro, per ora, salvo suggerirvi anche la lettura di un pezzo di Lettera 43 che ricostruisce l’evoluzione del mercato televisivo nel nostro paese dall’avvento delle televisioni locali: http://www.lettera43.it/capire-notizie/silvio-berlusconi-40-anni-di-conflitto-d-interessi_43675160181.htm.
Stampa così e così. Solo perché ci sono passaggi un po’ frettolosi e perché lo stile mi piace poco. Emerge, però, molto bene il quadro di un mercato che ha ben poco di concorrenziale, tagliato abbastanza su misura.
A ben vedere, in Italia il problema della scarsa competitività si trova in molti settori, conseguenza della presenza ancora troppo ampia di aziende di proprietà dello Stato e degli enti pubblici (che non intendono dismetterle) e dell’esistenza, all’interno di una classe imprenditoriale generalmente dinamica e vitale, di sacche propense a cercare e mantenere posizioni di rendita. Da questi due fattori (e da altri) è derivata la cattiva qualità e la modesta quantità del processo di privatizzazione e di liberalizzazione avviato, e quasi subito concluso, negli anni 90. Per questo il costo di certi servizi è nel nostro Paese di gran lunga superiore rispetto a quello di altre nazioni. E la qualità è mediocre.
Non abbiamo, purtroppo, solo imprenditori come Ferrero, Del Vecchio, Bombassei. Ne abbiamo non pochi, anche famosi, che si riempiono la bocca della propria presunta bravura, ma alla prova dei fatti non sono mai riusciti a far niente di buono laddove erano costretti a competere sul serio.
Lasciamo le questioni italiane per occuparci di Russia. Guarda caso, quando qualcuno critica con determinazione Vladimir Putin, prima o poi muore lontano dal suo letto, generalmente a causa di piombo o di altro metallo pesante. L’ultima vittima si chiamava Boris Nemzov ed era considerato uno dei principali leader dell’opposizione. L’omicidio riscuote molta attenzione sulla stampa italiana, io vi suggerisco di leggere il commento di Anna Zafesova su La Stampa: http://www.lastampa.it/2015/02/28/esteri/nemzov-politkovskaja-e-i-fantasmi-della-russia-qTHVEFTxNYKTpYP2fAurGK/pagina.html.
Buona stampa.
Non ci starebbe male, da parte dei politici occidentali che si proclamano ammiratori di Putin (soprattutto se lui li ricompensa con un po’ di quattrini), una riflessione sulla natura del potere in Russia e sulla portata della minaccia che viene dall’aggressività di un regime totalitario che fa rimpiangere i burosauri del PCUS.
Continua la battaglia dalla parte della musica. Meglio: dalla parte della civiltà, perché i coraggiosi combattenti dell’ISIS, oltre a distruggere strumenti musicali, se la prendono anche con altrettanto minacciose opere d’arte dell’antichità. Restiamo in Italia, ma dalla canzone di Dalla ci spostiamo al jazz: ascoltiamo un gruppo formato da alcuni dei più capaci strumentisti italiani: Enrico Rava alla tromba, Paolo Fresu al flicorno, Stefano Bollani al piano, Enzo Pietropaoli al basso e Roberto Gatto alla batteria. Il pezzo, My Funny Valentine, è tratto da un bell'album dedicato a Chet Baker: Shades of Chet.





venerdì 27 febbraio 2015

Perché?


Ci mancava soltanto che l’ISTAT segnalasse un impercettibile tasso di crescita del PIL, forse parente lontano dello 0,1%… Non voglio nemmeno guardare cosa hanno cinguettato i nostri politici. Non ho il minimo dubbio che, a seconda dello schieramento di appartenenza, avranno cinguettato idiozie di tipo A o di tipo B o di tipo C. E’ un pregiudizio? Senz’altro: ho il pregiudizio che la nostra classe politica, che sia di maggioranza o di finta opposizione o di quasi opposizione, non abbia niente a che fare con un futuro migliore per il nostro Paese. Non è un pregiudizio, vero?
Veniamo all’argomento principale di questo post. Si fa un gran parlare della OPAS da parte del gruppo Mediaset, attraverso la controllata EI Towers, su Rai Way.
In sintesi: la società che controlla il principale gruppo televisivo privato italiano, attraverso una società di cui ha la maggioranza del capitale, si propone di acquistare la società che possiede e fa funzionare le antenne attraverso le quali arriva nelle case degli italiani il segnale delle reti televisive della sua concorrente pubblica, finanziata con il canone, che ha e intenderebbe mantenere il controllo delle proprie antenne.
Detto altrimenti e con nomi, cognomi e numeri: una società quotata in Borsa (EI Towers) controllata da una società quotata in Borsa (Mediaset) controllata da una famiglia (Berlusconi) si dice intenzionata ad acquistare una società quotata in Borsa (Rai Way) di cui il 51% è in mano a un’azienda pubblica, la RAI S.p.a., che ha venduto la parte restante pochi mesi fa e che, anche a detta del Presidente del Consiglio Renzi, non dovrebbe scendere sotto la quota di controllo assoluto (il 51% appunto). Stiamo cioè parlando di un’operazione che, sulla carta, ha probabilità di successo 0 (zero). Ossia stiamo parlando del sesso degli angeli. Perché si mette in cantiere un naufragio?
Mi sembra evidente che solo in Italia può accadere qualcosa del genere. Altrove, parlo di nazioni finanziariamente e politicamente civili (sono poche, ma ancora ce n’è qualcuna), non sarebbe mai successo niente di simile. E si parlerebbe di altro, di cose che hanno realmente a che fare con il futuro dei cittadini. Da noi, però, se ne parla... Chissà mai perché? Sarà che sono sospettoso...
Veniamo alla battaglia dalla parte della musica. Mi rendo conto di aver dato poco spazio alla canzone italiana e faccio ammenda. Mi gioco una carta che considero facilmente vincente. Uno dei brani più belli di Lucio Dalla: Caruso.