Cominciamo con un intervento di Helmut Schmidt, a lungo
Cancelliere tedesco prima della riunificazione, sul Sole 24 Ore di oggi (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-06-04/basta-tatticismi-partito-berlino-224534.shtml?uuid=Ab9GoRnF).
Buona stampa. Nel senso che il 24 Ore ha fatto bene a
pubblicarlo, ma non si tratta, in realtà, di un articolo di giornale, quanto piuttosto
di una lezione di saggezza, di lungimiranza, di intelligenza politica e anche
di un prezioso sunto di alcuni passaggi cruciali della storia europea
successiva alla Seconda guerra mondiale. Sfortunatamente, nella posizione
occupata nel dopoguerra da personaggi come Adenauer, Brandt, Schmidt, Kohl,
oggi ci ritroviamo Angela Merkel. E non aggiungo altro.
Come secondo argomento affrontiamo un tema anticipato nelle
scorse settimane.
Avevo, infatti, detto che, presto o tardi, avrei imboccato
la strada per Siena. Il percorso, però, non sarà né breve né semplice, sarà, anzi, piuttosto tortuoso, me ne scuso fin da ora.
Facciamo un salto indietro partendo da un fatto recente,
ovvero dalla sentenza di appello sul tentativo di scalata a BNL da parte di
Unipol, dalla quale sono risultate ridimensionate le responsabilità di Antonio
Fazio, allora Governatore della Banca d’Italia, che in secondo grado è stato assolto,
mentre era stato condannato in primo grado.
Massimo Mucchetti, il quale queste cose le mastica
benissimo, ha scritto un commento che condivido in larga parte, ma non
completamente (http://archiviostorico.corriere.it/2012/giugno/03/Scalata_alla_Bnl_Una_storia_co_9_120603054.shtml).
Buona stampa. Ma c’è un ma. Anche Massimo Mucchetti, nella
sua rapida rivisitazione dei fatti, trascura un dettaglio che, a mio parere,
andrebbe invece attentamente considerato.
E’ vero che il tentativo di scalata da parte di Unipol arrivò
dopo quello fallito di BBVA, la seconda maggiore banca spagnola. E sono giuste le
valutazioni riguardo alla debolezza sia di BBVA che di ABNAmro, però queste sono
valutazioni corrette con il senno di poi, ossia nel 2012, mentre stiamo
parlando di fatti che risalgono a due anni prima dell’inizio della crisi
finanziaria causata dai mutui subprime
americani. Allora sia la banca spagnola che quella olandese godevano di buona
salute e nessuno metteva in dubbio la qualità dei loro attivi, nei quali,
effettivamente, avevano spazio i cosiddetti titoli spazzatura che, però, nel
2005 nessuno considerava ancora tali (e che, purtroppo, continuano a pesare anche
oggi nei bilanci bancari). Quindi Mucchetti ha gioco facile a sostenere adesso
che ABNAmro e BBVA non erano il paradigma della solidità bancaria, ma, per
l’appunto, lo dice oggi, nel 2005 non ne parlava neppure lui.
Non è, tuttavia, questo il punto su cui voglio concentrare
la mia e, se possibile, anche la vostra attenzione. Mucchetti, ma anche i
pubblici ministeri e i giudici, trascurano un evento che, se considerato, forse
indurrebbe a cogliere come Antonio Fazio, in realtà, già da molto tempo avesse
un piano ben preciso.
Tutti, infatti, sembrano scordarsi che alcune settimane
prima del lancio dell’OPS da parte di BBVA, il Banco Popolare di VR e NO aveva
manifestato il proprio interesse ad acquisire BNL e aveva formulato un’offerta
agli azionisti del cosiddetto “contropatto”, ossia Caltagirone, Statuto,
Coppola, Ricucci e altri, che si contrapponevano al “patto” che controllava
BNL, formato da BBVA, Generali e Della Valle.
L’offerta di Popolare VR e NO era stata considerata
inadeguata, ma io sono convinto che la risposta negativa sia stata determinata
non già dal valore dell’offerta, quanto piuttosto dalla necessità che BNL non
entrasse a far parte della galassia delle banche popolari, perché questo, in
previsione del passaggio di Antonveneta alla Popolare di Lodi, comportava
un’alterazione troppo forte degli equilibri del sistema sotto il profilo della
natura proprietaria.
In altre parole, si sarebbe avuta una crescita eccessiva del
ruolo delle banche popolari, a scapito di quelle cosiddette ordinarie, un
evento che contrastava con il principio, allora difeso ancora da Banca
d’Italia, di conservare, per quanto possibile, la suddivisione del mercato per
tipologie di aziende di credito.
La mia natura sospettosa, quindi, mi spinge a ipotizzare che,
avendo Fazio già deciso che Antonveneta fosse acquisita dalla Popolare di Lodi,
e quindi tornasse nell’ambito delle popolari da cui era uscita con la
quotazione in borsa, avesse deciso di impedire che BNL finisse al Banco
Popolare.
Il disegno di Fazio, come sappiamo, non è andato a buon
fine. BNL non è finita né nelle mani di Banco Popolare, né in quelle di BBVA,
né in quelle di Unipol, ma è stata acquistata da BNP Paribas e fa tuttora parte
del gruppo francese. Antonveneta fu acquistata da ABNAmro che poi, a sua volta,
fu acquisita, con un’operazione piuttosto complessa, da Royal Bank of Scotland,
Fortis e Santander, che si divisero la banca olandese in funzione dei loro
specifici interessi.
La scalata ad ABNAmro nasceva sotto il cielo di Scozia, non
sotto quello di Madrid (Santander) né sotto quello del Benelux (Fortis). L’idea
era di Royal Bank of Scotland, ansiosa di mettere i bastoni fra le ruote di
Barclays, sua importante concorrente non solo nel Regno Unito, ma un po’ in
tutto il mondo, che stava procedendo a una fusione consensuale con ABNAmro.
Mettendosi di traverso, Royal Bank of Scotland, Fortis e Santander hanno fatto
fallire questo progetto di fusione e si sono spartite le spoglie di ABNAmro. E
le prime due hanno anche iniziato a scavarsi la fossa.
Questo accadeva nell’ottobre del 2007, quando già si
coglievano i primi segnali della crisi finanziaria innescatasi negli Stati
Uniti. Crisi che fece emergere i gravi problemi di solidità di Royal Bank of
Scotland e Fortis. Mentre Santander non arrivò al punto di entrare in
sofferenza perché… perché aveva un santo in paradiso. O meglio, aveva un
Mussari alla presidenza di Monte dei Paschi.
E questo è il nostro primo passo sulla strada per Siena. In
realtà, di strada verso la sede del Monte Paschi, per ora, non ne abbiamo fatta
molta, ma ci arriveremo. Con calma e in maniera non lineare.
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