Cosa vuol dire nascere in un paese piuttosto che in un altro…
Pensate alla malasorte di Karl-Theodor zu Guttenberg (http://it.wikipedia.org/wiki/Karl-Theodor_zu_Guttenberg).
In sintesi: nato in Germania da una famiglia le cui origini si perdono nella
notte dei tempi, nel 2009 diventa Ministro della Difesa. Poi si scopre che ha
copiato parte della tesi di dottorato e, per effetto anche dell’azione della
stampa, è costretto a dimettersi. Lascia non solo la politica, ma anche il
paese e si trasferisce negli Stati Uniti, facendo perdere le sue tracce.
Fosse nato in Italia, pover’uomo…
Avrebbe potuto sostenere di aver copiato la tesi a sua
insaputa e sarebbe ancora al suo posto.
Mi piace proprio questa faccenda delle persone cui accade di
tutto a loro insaputa. Comprano una casa e gran parte del prezzo viene pagata a
loro insaputa. Si laureano in un altro paese a loro insaputa. Spariscono dai
conti del partito di cui sono i capi milioni di euro a loro insaputa. Basta,
vero? Meglio fermarsi qui. Avete senz’altro capito il concetto. E poi, in
realtà, non è di questo che volevo parlare.
Torniamo a Karl-Theodor zu Guttenberg e alle sue dimissioni.
Allora, in Germania se uno copia la tesi di dottorato viene costretto a lasciare
la vita politica e, se ha ancora un po’ di dignità, decide di andarsene
abbastanza lontano e di farsi dimenticare. Certo, questa scelta è più facile
per chi può contare sulle relazioni che derivano da una storia familiare quasi
millenaria e, presumo, su qualche euro in tasca, ma il punto è che, in patria,
uno si vede la terra bruciata attorno e capisce che, quando si guarda allo
specchio, deve provare almeno un po’ del disgusto suscitato nei suoi
concittadini.
Qui le cose vanno ben diversamente. E la colpa è anche della
stampa. Ve ne fornisco una prova. Un’ulteriore prova, visto che ne ho parlato
già in più occasioni.
Ieri sul Corriere della Sera c’era un’intervista a Daniela
Santanchè di Fabrizio Roncone (http://www.corriere.it/politica/12_maggio_11/santanche-si-potrei-candidarmi-io-premier-fabrizio-roncone_739b858c-9b29-11e1-81bc-34fceaba092f.shtml).
Mala stampa.
Sorvoliamo, o quasi, sul contenuto politico: vero che
Santanchè ha un’idea tutta sua di come si fa il Presidente del Consiglio, ma
credo sia un’idea largamente non condivisibile (e non condivisa) e qui mi
fermo.
Verrei, invece, a come fa il suo lavoro Roncone, di cui pure
ho apprezzato il pezzo su Roma della scorsa settimana e, in passato, altre
interviste. Intendiamoci: credo sia praticamente impossibile avere un dialogo
normale con Santanchè, tuttavia Roncone non è di primo pelo e solitamente tira
fuori le unghie. Non mi sembra che lo abbia fatto in questa occasione. Come si
può permettere all’intervistato di sfuggire al peso delle proprie affermazioni
semplicemente sostenendo che sono vecchie di un mese? E’ una grave mancanza,
soprattutto da parte di un giornalista esperto, ormai firma prestigiosa del
maggiore quotidiano italiano.
La colpa più grave, tuttavia, sta in questo (e torniamo a zu
Guttenberg): Santanchè, quando faceva parte dell’ultimo Governo Berlusconi,
aveva indicato proprio sul sito del Governo di aver conseguito un Master presso
l’Università Bocconi, titolo di studio sul quale vennero sollevati dubbi e, per
quel che parve di capire, si dimostrò che si trattava di un corso finanziato
dal Fondo Sociale Europeo come se ne organizzano, ovunque in Italia, svariate centinaia ogni anno e con caratteristiche e contenuti difficilmente paragonabili a quelli
di un vero Master (http://archiviostorico.corriere.it/2011/marzo/24/Ecco_corso_della_Santanche_alla_co_9_110324017.shtml
e
http://www.corriere.it/politica/11_marzo_22/santanche-bocconi-oggi_3ea66fe2-54a1-11e0-a5ef-46c31ce287ee.shtml).
La cosa morì lì e nessuno andò a chiedere a Santanchè di mostrare, come aveva promesso,
il benedetto diploma (usa così in Italia: nessuno, salvo La Repubblica, ha
chiesto a Formigoni le distinte dei rimborsi a Daccò).
Al posto di Roncone, però, pur consapevole dei rischi che
avrei corso, mi sarei permesso di proporre a Santanchè di confrontare il suo
caso con quello di zu Guttenberg e di suggerire che, forse, candidarsi a
Presidente del Consiglio non è opportuno.
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