Ritorno alla storia dell’OPAS di EI Towers su Rai Way per
suggerirvi due articoli che meritano di essere letti.
Il primo è di Milena Gabanelli (voi tre già sapete che sono
innamorato di lei) dal Corriere di oggi e, meglio di quanto abbia fatto io,
mette in risalto le incongruenze di questa operazione: http://www.corriere.it/inchieste/reportime/societa/intrigo-rai-way-mediaset/5628928e-becf-11e4-abd1-822f1e0f1ed7.shtml.
Buona stampa.
Il secondo pezzo, che ha un taglio più accademico, è tratto
da LaVoce.info ed è scritto da Michele Polo: http://www.lavoce.info/archives/33346/torri-televisive-storie/.
Buona stampa.
Ripeto che questa vicenda è oscura, una delle tante in cui
gli intrecci di politica e affari suscitano grande perplessità. Non aggiungo
altro, per ora, salvo suggerirvi anche la lettura di un pezzo di Lettera 43 che
ricostruisce l’evoluzione del mercato televisivo nel nostro paese dall’avvento
delle televisioni locali: http://www.lettera43.it/capire-notizie/silvio-berlusconi-40-anni-di-conflitto-d-interessi_43675160181.htm.
Stampa così e così. Solo perché ci sono passaggi un po’
frettolosi e perché lo stile mi piace poco. Emerge, però, molto bene il quadro
di un mercato che ha ben poco di concorrenziale, tagliato abbastanza su misura.
A ben vedere, in Italia il problema della scarsa
competitività si trova in molti settori, conseguenza della presenza ancora
troppo ampia di aziende di proprietà dello Stato e degli enti pubblici (che non
intendono dismetterle) e dell’esistenza, all’interno di una classe
imprenditoriale generalmente dinamica e vitale, di sacche propense a cercare e
mantenere posizioni di rendita. Da questi due fattori (e da altri) è derivata
la cattiva qualità e la modesta quantità del processo di privatizzazione e di
liberalizzazione avviato, e quasi subito concluso, negli anni 90. Per questo il
costo di certi servizi è nel nostro Paese di gran lunga superiore rispetto a
quello di altre nazioni. E la qualità è mediocre.
Non abbiamo, purtroppo, solo imprenditori come Ferrero, Del
Vecchio, Bombassei. Ne abbiamo non pochi, anche famosi, che si riempiono la
bocca della propria presunta bravura, ma alla prova dei fatti non sono mai
riusciti a far niente di buono laddove erano costretti a competere sul serio.
Lasciamo le questioni italiane per occuparci di Russia.
Guarda caso, quando qualcuno critica con determinazione Vladimir Putin, prima o
poi muore lontano dal suo letto, generalmente a causa di piombo o di altro metallo
pesante. L’ultima vittima si chiamava Boris Nemzov ed era considerato uno dei
principali leader dell’opposizione. L’omicidio riscuote molta attenzione sulla
stampa italiana, io vi suggerisco di leggere il commento di Anna Zafesova su La
Stampa: http://www.lastampa.it/2015/02/28/esteri/nemzov-politkovskaja-e-i-fantasmi-della-russia-qTHVEFTxNYKTpYP2fAurGK/pagina.html.
Buona stampa.
Non ci starebbe male, da parte dei politici occidentali che
si proclamano ammiratori di Putin (soprattutto se lui li ricompensa con un po’
di quattrini), una riflessione sulla natura del potere in Russia e sulla
portata della minaccia che viene dall’aggressività di un regime totalitario che
fa rimpiangere i burosauri del PCUS.
Continua la battaglia dalla parte della musica. Meglio:
dalla parte della civiltà, perché i coraggiosi combattenti dell’ISIS, oltre a
distruggere strumenti musicali, se la prendono anche con altrettanto minacciose
opere d’arte dell’antichità. Restiamo in Italia, ma dalla canzone di Dalla ci spostiamo al jazz: ascoltiamo un gruppo formato da alcuni dei più capaci strumentisti italiani: Enrico Rava alla tromba, Paolo Fresu al flicorno, Stefano Bollani al piano, Enzo Pietropaoli al basso e Roberto Gatto alla batteria. Il pezzo, My Funny Valentine, è tratto da un bell'album dedicato a Chet Baker: Shades of Chet.
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