I commenti sul Governo presieduto da Enrico Letta mi
sembrano prevalentemente orientati all’ottimismo o, quantomeno, alla
benevolenza.
Ne ho scelti due improntati alla fiducia, sia pure assai diversi nei toni. Il primo, da La Stampa, è il breve commento di Mario
Calabresi (http://www.lastampa.it/2013/04/28/cultura/opinioni/editoriali/una-generazione-di-politici-e-uscita-di-scena-gVbCrH5bzgquPtwseiqSfK/pagina.html),
il secondo, da Repubblica, è l’assai più estesa analisi di Eugenio Scalfari (http://www.repubblica.it/politica/2013/04/28/news/un_medico_per_l_italia_malata-57597866/?ref=HREA-1).
Buona stampa, per entrambi. Preferisco, però, la sobria
sinteticità di Calabresi alla consueta, un po’ pedante, prolissità di Scalfari.
Questione di gusti, niente di più.
Il terzo articolo, di ben altro orientamento, lo prendo da Il
Fatto Quotidiano: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/27/governo-letta-posti-chiave-tutti-al-pdl-al-pd-restano-solo-briciole/576986/.
Stampa così e così. La solita saccente faziosità rende poco
convincente l’impianto complessivo.
E veniamo a quel che conta, ossia la mia opinione (si fa per
dire): personalmente non riesco a farmi prendere dall’entusiasmo per questa
nuova compagine ministeriale. E ne spiego facilmente le principali ragioni.
Nella mai tanto vituperata (o, piuttosto, rimpianta?) Prima
Repubblica difficilmente si veniva proiettati su una poltrona ministeriale
senza un adeguato “periodo di formazione”. Il Governo nato ieri, diversamente
da quelli di trent’anni fa, presenta un numero rilevante di debuttanti, persone
che hanno alle spalle esperienze forse non adeguate per il ruolo loro affidato
grazie ai giochi di bottega.
A voler fare i pignoli, mi pare che le scelte “un po’ così”
(per motivazioni poco comprensibili o perché apparentemente avventate) prevalgano
da una parte piuttosto che dall’altra, ma questo importa poco.
Voi tre sapete che mi piace inventare soprannomi: il Governo
presieduto da Enrico Letta credo lo chiamerò “Governo Twitter”. La prima
impressione, con tutto il rispetto per alcune (poche) figure che lo meritano, è
che si sia cercato di buttarci un po’ (tanto) fumo negli occhi. Soprattutto
vedo ragioni di preoccupazione nel fatto che, affidando alcuni ministeri
importanti a figure apparentemente poco preparate a reggerli e scegliendo
Filippo Patroni Griffi come Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio,
Letta abbia preferito (o si sia lasciato imporre) una linea che tutela, anzi
rafforza, la prevalenza della burocrazia sulla politica.
Non vedo le premesse del cambiamento indispensabile per
rimettere il nostro paese sulla giusta rotta.
Naturalmente mi auguro di essere rapidamente smentito.
Quanto alla solidità del Governo e alle sue prospettive di
vita, faccio molta fatica a condividere l’entusiasmo di quelli che lo prevedono
addirittura destinato a durare l’intera legislatura.
Leggete, a riguardo, l’intervista di Enrico Marro a Renato
Brunetta sul Corriere di oggi (non è disponibile nell’edizione on line; se e
quando lo sarà, vi darò il collegamento). Certo, si tratta dell’uomo che
sostiene di aver rinunciato al Nobel per l’Economia a causa della prepotente vocazione
alla politica, quindi le sue dichiarazioni, probabilmente, non vanno intese come
verità assolute, tuttavia dalle affermazioni di Brunetta sembra emergere non
l’asserita soddisfazione quanto la negata contrarietà, solidamente intrecciata
alla minaccia. Non mi pare affatto amico o sostenitore del Governo che ha
giurato poche ore fa.
E chiudiamo con un pezzo davvero interessante, che analizza
bene il M5S e i rischi che esso rappresenta non in sé, ma a causa delle
convinzioni e del modo di agire dei due leader, quello apparente (il pupo) e
quello reale (il puparo): http://lettura.corriere.it/martin-mystere-contro-grillo/.
Buona stampa.
E per non farvi fare la fatica di andare voi a cercarlo, vi
metto il video citato nell’articolo di Alfredo Castelli.
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