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domenica 29 marzo 2015

La profondità di un dolore


Nel post di ieri, alla fine del primo paragrafo, nell’augurarmi che la stampa lasciasse in pace i vivi pensavo, soprattutto, ai genitori di Andreas Lubitz. Non riuscivo e non riesco neppure adesso a intuire la profondità del dolore che può portare la perdita di un figlio nel modo in cui loro hanno perduto il proprio.
Il tema, com’è naturale, non interessa soltanto il sottoscritto. Ne ha scritto, molto meglio di me, Marcello Veneziani in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera questa mattina. Non è disponibile on line, quindi l’acquisisco con lo scanner. Lo ammetto prima che lo diciate voi: non ho fatto un lavoro eccellente, ma era il meglio che potevo. Dovrete passare dal primo documento al secondo e tornare al primo. L’importante è che leggiate.



Buona stampa. Acume, misura, garbo, sensibilità. Difficile trovarli di questi tempi.


venerdì 27 marzo 2015

L'enigma uomo


Pochi uomini e donne al mondo sono soggetti ai controlli psichici e fisici cui sono sottoposti i piloti delle compagnie aree, soprattutto quelle che aderiscono ai più rigidi standard di sicurezza. Mi pare molto difficile credere che un disagio mentale di Andreas Lubitz sia sfuggito alle maglie strette di quei controlli. E, quindi, ci si può soltanto chiedere cosa sia accaduto nella sua mente, negli ultimi giorni o nelle ultime settimane della sua vita, per spingerlo a compiere un gesto che definire insano è, ovviamente, riduttivo.
E questa domanda, mi pare, ci lascia in un abisso senza risposte. Ci sospinge ai limiti delle questioni fondamentali sulla nostra natura, sulle nostre fragilità, sui nostri perché.