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sabato 28 febbraio 2015

Quanto mi manca Brežnev!


Ritorno alla storia dell’OPAS di EI Towers su Rai Way per suggerirvi due articoli che meritano di essere letti.
Il primo è di Milena Gabanelli (voi tre già sapete che sono innamorato di lei) dal Corriere di oggi e, meglio di quanto abbia fatto io, mette in risalto le incongruenze di questa operazione: http://www.corriere.it/inchieste/reportime/societa/intrigo-rai-way-mediaset/5628928e-becf-11e4-abd1-822f1e0f1ed7.shtml.
Buona stampa.
Il secondo pezzo, che ha un taglio più accademico, è tratto da LaVoce.info ed è scritto da Michele Polo: http://www.lavoce.info/archives/33346/torri-televisive-storie/.
Buona stampa.
Ripeto che questa vicenda è oscura, una delle tante in cui gli intrecci di politica e affari suscitano grande perplessità. Non aggiungo altro, per ora, salvo suggerirvi anche la lettura di un pezzo di Lettera 43 che ricostruisce l’evoluzione del mercato televisivo nel nostro paese dall’avvento delle televisioni locali: http://www.lettera43.it/capire-notizie/silvio-berlusconi-40-anni-di-conflitto-d-interessi_43675160181.htm.
Stampa così e così. Solo perché ci sono passaggi un po’ frettolosi e perché lo stile mi piace poco. Emerge, però, molto bene il quadro di un mercato che ha ben poco di concorrenziale, tagliato abbastanza su misura.
A ben vedere, in Italia il problema della scarsa competitività si trova in molti settori, conseguenza della presenza ancora troppo ampia di aziende di proprietà dello Stato e degli enti pubblici (che non intendono dismetterle) e dell’esistenza, all’interno di una classe imprenditoriale generalmente dinamica e vitale, di sacche propense a cercare e mantenere posizioni di rendita. Da questi due fattori (e da altri) è derivata la cattiva qualità e la modesta quantità del processo di privatizzazione e di liberalizzazione avviato, e quasi subito concluso, negli anni 90. Per questo il costo di certi servizi è nel nostro Paese di gran lunga superiore rispetto a quello di altre nazioni. E la qualità è mediocre.
Non abbiamo, purtroppo, solo imprenditori come Ferrero, Del Vecchio, Bombassei. Ne abbiamo non pochi, anche famosi, che si riempiono la bocca della propria presunta bravura, ma alla prova dei fatti non sono mai riusciti a far niente di buono laddove erano costretti a competere sul serio.
Lasciamo le questioni italiane per occuparci di Russia. Guarda caso, quando qualcuno critica con determinazione Vladimir Putin, prima o poi muore lontano dal suo letto, generalmente a causa di piombo o di altro metallo pesante. L’ultima vittima si chiamava Boris Nemzov ed era considerato uno dei principali leader dell’opposizione. L’omicidio riscuote molta attenzione sulla stampa italiana, io vi suggerisco di leggere il commento di Anna Zafesova su La Stampa: http://www.lastampa.it/2015/02/28/esteri/nemzov-politkovskaja-e-i-fantasmi-della-russia-qTHVEFTxNYKTpYP2fAurGK/pagina.html.
Buona stampa.
Non ci starebbe male, da parte dei politici occidentali che si proclamano ammiratori di Putin (soprattutto se lui li ricompensa con un po’ di quattrini), una riflessione sulla natura del potere in Russia e sulla portata della minaccia che viene dall’aggressività di un regime totalitario che fa rimpiangere i burosauri del PCUS.
Continua la battaglia dalla parte della musica. Meglio: dalla parte della civiltà, perché i coraggiosi combattenti dell’ISIS, oltre a distruggere strumenti musicali, se la prendono anche con altrettanto minacciose opere d’arte dell’antichità. Restiamo in Italia, ma dalla canzone di Dalla ci spostiamo al jazz: ascoltiamo un gruppo formato da alcuni dei più capaci strumentisti italiani: Enrico Rava alla tromba, Paolo Fresu al flicorno, Stefano Bollani al piano, Enzo Pietropaoli al basso e Roberto Gatto alla batteria. Il pezzo, My Funny Valentine, è tratto da un bell'album dedicato a Chet Baker: Shades of Chet.





domenica 29 gennaio 2012

Non di sola stampa vive l'uomo


Cominciamo con una potenziale buona notizia: sembra, ripeto: sembra, che la Consob abbia deciso di imporre che l’operazione Unipol-FondiariaSai si svolga in maniera diversa da come avrebbero auspicato i Ligresti, i quali, giova tenerlo a mente, sono gli artefici del sostanziale stato fallimentare della compagnia assicurativa. Un buon pezzo sulla questione lo trovate sul Sole 24 Ore a firma di Riccardo Sabbatini (http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-01-29/unipolfonsai-cambia-piano-081240.shtml?uuid=Aa9m8pjE&fromSearch).
Buona stampa. Sempre che, visto che sono in corso proprio ora i consigli di amministrazione che dovrebbero prendere le necessarie decisioni, le cose non cambino e che domattina non ci tocchi leggere di qualche sostanziosa concessione all’Ingegnere e ai suoi cari figlioli… Speriamo di non restare delusi.
E veniamo alla morte di Oscar Luigi Scalfaro. Nei commenti dei nostri principali quotidiani mi sembra prevalere una tendenza elogiativa che, francamente, mi pare assai poco motivata. Si stacca dal coro, e non sorprende, il Giornale, al quale, a quanto pare, è rimasto sul gozzo il modo in cui, diciotto anni fa, Scalfaro ha contribuito alla conclusione della prima esperienza di Berlusconi a Palazzo Chigi (http://www.ilgiornale.it/interni/muore_93_anni_oscar_luigi_scalfaro/oscar_luigi_scalfaro-morto-io_non_ci_sto-presidente_repubblica/29-01-2012/articolo-id=569482-page=0-comments=1). Davvero, faccio fatica a capire come tutto, al Giornale, venga vissuto come se fossero allo stadio.
Mala stampa.
Personalmente, trovo che il pezzo migliore sia quello di Stefano Folli per il Sole 24 Ore, che mette in luce le contraddizioni di Scalfaro (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-01-29/morto-presidente-oscar-luigi-135614.shtml?uuid=Aaz1gFkE).
Buona stampa.
Se interessa il mio parere, a me pare che sia stato una figura rappresentativa di una cultura che rasentava l’oscurantismo e l’intolleranza. A conferma di questo, ricorderò l’aneddoto che amava riportare Indro Montanelli, il quale raccontava come, negli anni 50, Scalfaro, trovandosi in un ristorante nel quale era presente una signora vestita con un abito scollato, si fosse sentito autorizzato a schiaffeggiarla per il suo abbigliamento. Chissà perché mi viene in mente Ahmadinejad?
Aggiungo che credo esista anche il peccato di omissione, intendo dire che Scalfaro sarà anche stato onesto e che non avrà tratto alcun vantaggio dalla sua carriera politica, ma è stato un uomo influente della Democrazia Cristiana per decenni, possibile non abbia capito che si stavano inoculando nel nostro sistema politico i germi delle patologie che l’hanno reso fragilissimo e che oggi, anche per effetto della crisi del debito, rischiano di esserci fatali?
Come dice anche Folli, non poteva non aver intuito, ma non ha fatto nulla. E’ rimasto lì, poteva andarsene sbattendo la porta…
E finisco con l’editoriale di Angelo Panebianco sul Corriere di oggi: http://www.corriere.it/editoriali/12_gennaio_29/il-passaggio-piu-insidioso-angelo-panebianco_04ecb588-4a49-11e1-bc89-1929970e79ce.shtml. Come sempre individua correttamente i problemi e aiuta a tenere in forma i neuroni.
Buona stampa.
Anzi no, concludo uscendo dai temi abituali, ma mi va di farlo: ho scritto questo post con il sottofondo del CD dal vivo di Stefano Bollani e Chick Corea intitolato “Orvieto”. Ottima musica, se vi piace il jazz.