Questo post sarà un po’ lungo, perché gli argomenti
non sono pochi.
Partiamo con un sorriso e, per farlo, mi rivolgo alla
Jena di oggi sulla Stampa. Non vi do il link, ma trascrivo direttamente:
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Italia
Cresci Italia
Spala Italia
Cresci Italia
Spala Italia
Buona stampa.
E passiamo a cose più serie. Un po’ più serie, visto
che non è la prima volta che nevica in Italia, però è sempre come se lo fosse.
Comuni, Province, Regioni e Stato, da una parte, e società pubbliche e private
coinvolte (Ferrovie dello Stato, Enel, Autostrade, ecc. ecc.), dall’altra, si
fanno cogliere impreparati, con la conseguenza che le città si bloccano, le
autostrade si bloccano, i treni si bloccano, gli aerei si bloccano e la gente
muore.
I problemi li hanno anche altrove, intendiamoci. Noi,
però, riusciamo a renderli sempre più gravi per quel piccolo difetto che si
chiama pessima qualità della pubblica amministrazione.
Procediamo.
Riprendiamo il caso Huhne e il caso Lusi, che, sia
pure in presenza di colpe ben diverse, si prestano ad una valutazione in
parallelo.
L’ha fatto anche Massimo Gramellini, che sulla Stampa
di ieri affrontava la questione alla sua maniera (http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=41).
Buona stampa.
Veniamo, alla mia maniera, al confronto tra Italia e
Regno Unito.
Là un ministro si dimette perché ha mentito allo scopo
di sottrarsi alla decurtazione di alcuni punti sulla patente di guida. Lo fa
perché la sua colpa non si rifletta in alcun modo sulla posizione che occupa e
sul governo di cui fa parte.
Qui un senatore, nel proprio ruolo di tesoriere (di un
partito che non esiste più, ma ci costa comunque!), distrae fondi per circa 13
milioni di euro. Si tratta di un reato piuttosto grave, si chiama
appropriazione indebita. Bene, c’è un’indagine in corso, il senatore si
dichiara colpevole e, nel tentativo di ridurre il proprio conto con la
giustizia, propone di patteggiare qualche mese e di restituire meno della metà
di quanto ha sottratto. I magistrati respingono la proposta: Lusi andrà a
processo. Intanto, però, è ancora un senatore della Repubblica Italiana. Non si
è dimesso. Non ritiene che la presenza di un malfattore reo confesso possa
portare discredito all’istituzione.
Domanda: nel resto del mondo, leggendo le cronache di
queste due vicende, la gente penserà che l’Italia sia migliore del Regno Unito?
Io ne dubito.
Sempre riguardo al caso Lusi, Rutelli, ossia colui che
ha mostrato tanto discernimento da sceglierlo per il ruolo, si è presentato da
Lilli Gruber a 8 e mezzo per cercare di difendersi. Avendo resistito solo per
alcuni minuti alla visione della faccia contrita e all’ascolto dei piagnucolii
avviliti (l’una come gli altri, per me, patetici e assai poco convincenti), non
posso dare una valutazione complessiva della trasmissione. Mi affido ad Aldo
Grasso, che lo fa sulle pagine del Corriere (http://www.corriere.it/spettacoli/12_febbraio_04/rutelli-grasso_8c96b0e8-4ef8-11e1-be5e-e51bc42d9d61.shtml).
Buona stampa.
Altro passo in avanti, sempre sul tema. E un link che richiede,
da parte vostra, buona volontà e un po’ di tempo, quello di Prima Pagina, la
trasmissione di RaiRadio3. Questa settimana in conduzione abbiamo avuto il
bobtail, Gian Antonio Stella. Ieri, nel filo diretto, il terzo ascoltatore a
chiamare ha posto il problema della responsabilità, ossia su come essa debba
essere interpretata e quale estensione debba avere. L’ha fatto in maniera forse
non proprio chiara, tanto che ha lasciato incerto anche Stella, tuttavia a me è
parso che sollevasse la questione in modo corretto e segnalasse, comunque, l’assenza,
nel nostro Paese, di una cultura che induca ad assumersi realmente le proprie
responsabilità, anche quelle “indirette”. In altre parole, se interpreto
correttamente le parole di quell’ascoltatore e volendo tradurle in un esempio
concreto e attuale, non solo Lusi avrebbe dovuto dimettersi, ma anche Rutelli.
E io sono d’accordo con lui. Mi pare, comunque, che valga la pena di ascoltare
quella parte della trasmissione, il link è questo: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-afd05d44-390e-41e4-a239-c7f04cd934d7.html?p=0.
Dovete scegliere il file “Prima Pagina del 04/02/2012 – Filo diretto”.
Il mio giudizio sulla trasmissione lo conoscete già.
Buona stampa.
Andiamo avanti. Vi avevo anticipato che sarei stato
prolisso… Cambiamo argomento, ma in realtà non è che andiamo proprio così
lontano.
La relazione che esiste tra le nostre prime letture e
la nostra personalità di adulti è stata oggetto di riflessione da parte di
tantissime ottime intelligenze. Nello stile del mio secchiello d’acqua, io
citerò una signora italiana che mi piace molto: Lella Costa. E queste sono le
sue parole che contano in questa materia:
Noi
ragazze da bambine abbiamo letto tutte Piccole donne e Piccole donne crescono,
mentre i maschi leggevano Zagor, Capitan
Miki, Blek Macigno, eccetera. Pare invece che i maschi che da
piccoli hanno letto Piccole donne
siano poi da grandi diventati stilisti.
Io da bambino non ho letto né Zagor, né Capitan Miki, né
Blek Macigno (gli ultimi due, tra l’altro,
non ho la più pallida idea di che “cosa” siano), ma ho letto molto Emilio
Salgari.
Per questo sono infinitamente più povero di Dolce e di
Gabbana.
Di Salgari si ricordano soprattutto i volumi dedicati
a Sandokan e al Corsaro Nero. A me dispiace che si dimentichi un ciclo,
considerato minore, dedicato al Leone di Damasco, un personaggio la cui vita,
se ricordo bene, Salgari colloca nell’epoca del conflitto tra l’Occidente
Cristiano e l’Oriente Mussulmano concluso con la battaglia di Lepanto.
Vorrei poter essere più preciso, ma purtroppo i libri si sono persi nei
miei tre traslochi; comunque, per quel che conta un mio consiglio, potrebbe
valer la pena di leggerli (nel mio caso rileggerli), io proverò a farlo, ma
temo che non siano più disponibili in libreria. Ad ogni modo, venendo al punto,
conservo un ricordo nitido del breve ciclo dedicato a Muley-El-Kadel: il laccio
rosso che i mussulmani colpevoli di tradimento o di altri comportamenti
gravissimi ricevevano in un cofanetto. Si trattava di un invito a suicidarsi
usando il laccio per strangolarsi.
Era da un po’ che questo ricordo andava e veniva nella mia testa, ansioso
di trovare un posticino nel blog. L’idea di inviare un laccio rosso simbolico
mi sembrava intrigante, ma anche un po’ troppo forte.
Oggi, credo sia arrivato il momento di superare i dubbi e di fare la prima
spedizione. Siccome sono un esagerato, non mi limito a mandare un solo laccio,
ne mando ben tre, in realtà collegati. E non avrete certamente bisogno che vi
spieghi le ragioni.
Il primo va a Damasco, destinatario Bashar al-Assad.
Il secondo è diretto a Mosca, confezionato su misura per Sergey Lavrov.
Il terzo vola a Pechino, ben impacchettato per Yang Jiechi.
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