Ieri l’editoriale del Corriere della Sera, a firma di Sergio
Romano, si è occupato del caso Wulff (http://www.corriere.it/editoriali/12_febbraio_18/l-immagine-del-potere-sergio-romano_ed578ea2-59f7-11e1-bf04-228ddd739b1f.shtml).
Mala stampa.
E’ un pessimo articolo, che ha l’aria di proseguire,
approfondendolo, nel solco aperto dal pavido fondo di De Bortoli di domenica
scorsa. L’ultima cosa che un quotidiano serio può fare di fronte alle
dimissioni del Presidente tedesco è trarne motivo per chiedere alla Germania un
bagno di umiltà e per dimenticare la distanza, per ora incolmabile, tra il
sistema e la classe politici tedeschi e quelli italiani.
Il fatto che ci sia del marcio anche altrove non è e non può
essere un buon motivo per dimenticare quanto ne abbiamo dalle nostre parti e
quanto poco si faccia per estirparlo.
Sergio Romano, ricorda, ad esempio, il caso del governatore
dell’Illinois Blagojevich per sostenere, non a torto, che anche i politici
americani sono corrotti. Bene. Perché non ricordarsi anche che oggi Blagojevich
è stato condannato a 14 (QUATTORDICI) anni di prigione e che ne dovrà scontare
almeno 12 (DODICI)?
E ancora: Sergio Romano ci spiega che il caso del Presidente
della Banca Nazionale Svizzera è sorprendente perché non ci si sarebbe
aspettato qualcosa di simile nella Confederazione elvetica e sostiene che la
reputazione di una nazione finisce per farci ritenere che essa sia immune dalla
corruzione o dalla disinvoltura morale dei suoi esponenti pubblici. Una tesi
che mi sembra piuttosto traballante. E’ vero che la tradizione di un paese
influenza la moralità della sua classe dirigente e che i controlli servono a
impedire che qualcuno cada in tentazione, tuttavia le malerbe crescono sia in un
campo di mais sia in un campo di frumento…
No, il caso Wulff deve far riflettere su altro, non sulla
presunta mancanza di autorità morale che da esso deriverebbe alla Germania.
Io ho criticato spesso la Signora Merkel e vi ho segnalato
decine di articoli in cui si metteva duramente in discussione il suo agire di
fronte alla crisi del debito e, in particolare, sul caso della Grecia. Il fatto
che il Presidente della Repubblica Federale sia corrotto attenua certamente la
credibilità morale della Germania, ma non va trascurato che il caso, oltre a confermare
che neppure i tedeschi sono perfetti, ci fa vedere soprattutto come un paese
sostanzialmente sano ha tutti gli anticorpi necessari per liberarsi della
malattia. E che chi commette errori, se non lo fa autonomamente, viene
risolutamente costretto ad abbandonare i propri incarichi.
La Merkel sbaglia perché non considera le conseguenze economiche
e sociali delle sue posizioni troppo rigide e l’Europa deve cercare di
dissuaderla sul terreno delle valutazioni economiche e sociali, non facendole
pesare la disinvoltura di Wulff.
No, il caso Wulff deve far riflettere su altro, magari sul
modo in cui vengono affrontate situazioni simili nel nostro paese.
Christian Wulff si è dimesso non già dopo una condanna
definitiva, ma quando la magistratura, dopo un’indagine scaturita dalle
inchieste del quotidiano Bild, ha chiesto al Parlamento tedesco di privarlo
dell’immunità garantita dalla sua carica. Oggetto dell’indagine sono i rapporti
poco trasparenti intrattenuti da Wulff con alcuni imprenditori quand’era
Governatore della Bassa Sassonia e le telefonate a Bild affinché abbandonassero
il caso.
Da noi, purtroppo, solo un’esigua minoranza di persone in
situazioni simili ha sentito il dovere di lasciare il proprio incarico.
Come ho scritto venerdì, nel nostro Parlamento siedono
persone condannate e inquisite per colpe ben più gravi.
Più o meno nelle stesse
ore in cui Wulff si dimetteva, il Presidente della Corte dei Conti illustrava le
dimensioni gravissime della corruzione nel nostro paese e sottolineava
l’assoluta necessità di introdurre norme che consentano di combatterla, così
come ci ha chiesto, da tempo e inutilmente, anche l’Unione Europea.
Anziché guardare la pagliuzza tedesca, Sergio Romano
dovrebbe preoccuparsi delle nostre travi. Questo, credo, ci aspettiamo da un
editorialista del principale quotidiano italiano.
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