Quale potrebbe essere il motto nazionale italiano? Quale frase riuscirebbe meglio a rappresentare un aspetto particolarmente significativo del nostro modo di essere?
La mia proposta odierna è quella che ho usato come titolo di
questo post.
Noi non sbagliamo mai. Se c’è una cosa che proprio non
sappiamo fare è assumerci le nostre responsabilità. Mentre eccelliamo nell’additare
quelle, magari soltanto presunte, di qualcun altro e nel dedicare gran parte
del tempo alla critica del lavoro altrui, senza mai perdere qualche minuto
davanti allo specchio per fare un esame di coscienza.
Negli ultimi giorni, due signori non proprio di secondo
piano ci hanno dato prova di questa straordinaria capacità di ignorare il
frutto del proprio agire e di contestare, in maniera piuttosto aprioristica,
l’operato di altri.
Cominciamo dall’inquilino di Marco Milanese (però dimessosi,
soltanto da inquilino, dopo la scoperta del “co-affitto” saldato mensilmente
con banconote per 4.000,00 euro ignote a Befera), il fiscalista che anche in
famiglia riscuote poco successo, lo scaricato da tutto il suo partito (PDL al
quale, apparentemente, appartiene ancora oggi), ma tuttora non preso a bordo
dalla Lega, che forse non ha tanta voglia d’imbarcare un simpaticone del genere.
Il modesto e misurato Tremonti, così vuoto di sé, ha pensato
bene di rompere il delizioso silenzio di cui ci aveva gratificati fino a oggi e
di pontificare sull’operato del suo successore. Intendiamoci, dopo che il suo vecchio
datore di lavoro, qualche giorno fa, aveva ritenuto opportuno dare del
“disperato” al Presidente del Consiglio, anche l’erremosciato di Sondrio doveva
esprimere la propria opinione. E che è? Il "cosetto di Arcore" (copyright di un
mio omonimo che nominerò quando mi dirà di farlo) parla a manetta, come sempre
piuttosto sopra le righe, e il trimultiplo di Monti si tace? Ma non pensiamoci
proprio! E allora parla e disapprova. Giusto. Chi fa sbaglia e chi non fa
critica. Peccato che il trimultiplo non è che abbia trascorso l’ultimo ventennio
in Nepal e che sia rimasto del tutto estraneo alla gestione di questo nostro Paese.
No, era qui e, poiché il suo capo era impegnato a organizzare cene, lui aveva
potere di vita e di morte sui conti pubblici. Trovava anche il tempo per
scrivere libri nei quali sosteneva, dopo, di aver capito tutto prima (e ne
minaccia altri). Allora, visto che manca di memoria, mettiamo in fila un paio
di cosucce che danno prova di quanto l’erremosciato sia estraneo alle
difficoltà italiane. Punto primo: abolizione dell’ICI e copertura del mancato
gettito. Tra le geniali misure adottate allo scopo di trovare risorse perdute
grazie alla promessa elettorale del capo, Tremonti ha pensato bene, appena
riconquistato il ministero, di aumentare l’incidenza dell’IRAP per banche e altre
istituzioni finanziarie. Questo accadeva nel 2008, mica un anno qualsiasi…
Ossia quando in tutto il mondo gli stati aiutavano (o nazionalizzavano) le
banche. Eppure lui aveva capito tutto. Lo aveva capito così bene che, appena
qualche mese dopo, si è rimangiato in parte l’aggravio dell’IRAP e si è inventato
i famosi Tremonti Bond, che avrebbero dovuto consentire alle banche di
migliorare gli indici patrimoniali (e della loro efficacia magari
parleremo un altro giorno). Punto secondo: più volte nel suo ultimo mandato
aveva promesso che la Pubblica Amministrazione avrebbe saldato i propri debiti
nei termini prescritti dall’Unione Europea. Sforzatevi un po’ (non è che posso
sempre fare io il lavoro sporco) e andate a cercare in rete i dati
sull’andamento dei pagamenti degli enti pubblici ai fornitori nell’epoca del
bleso. Quei termini di pagamento non rispettati hanno messo tantissime imprese
italiane, soprattutto medie e piccole, in ginocchio e spingono i loro
proprietari, persone che sanno cos’è il rispetto di sé e degli altri, per primi
i loro collaboratori, a uccidersi. Orsù, dear Mr. 3Mounts, si ritaccia!
E veniamo a un altro simpaticone. Il signor Bonanni, il
fratello minore di D’Artagnan che, purtroppo, ha rinunciato a servire il Re di Francia
e ha preferito deliziare l’Italia come capo del secondo più grande sindacato
dei (pochi) lavoratori (pochi grazie anche, e tanto, ai leader sindacali).
Pure lui parla, ma non ricorda. Anche lui è molto impegnato
a lamentare gli errori degli altri, sempre che errori siano, e si guarda bene
dal considerare tali i propri. E dimentica quanto i
sindacati abbiano contribuito e ancora contribuiscano a complicare la vita dei
cittadini e a impoverire lo stato grazie a norme che non hanno paragone negli
altri paesi civili. Volete andare in pensione? Dovete passare per un ufficio
sindacale, perché se vi presentate da soli all’INPS difficilmente ne venite a
capo prima di qualche anno. Dovete presentare la dichiarazione dei redditi (anche
quella teoricamente più semplice, una pensioncina e la casa di proprietà)? Impossibile
riuscire da soli, ma niente paura c’è il CAAF, che riceve soldi pubblici per fare
quello che, in un paese normale, a qualsiasi cittadino riesce possibile
realizzare personalmente. Intendiamoci, come già detto, la CISL non è sola a
beneficiare dell’eccesso di burocrazia italiano. Oltre agli altri sindacati,
anche le Associazioni imprenditoriali sono ben felici di norme che, di fatto,
attribuiscono loro compiti (ben retribuiti) che altrove non hanno. Pensate alla
trafila per ottenere una licenza di commercio o alla presentazione della
domanda per la cosiddetta PAC (Politica Agricola Comunitaria).
E non dimentichiamo questo numero 3.289.851,60… si tratta di
euro, quelli ricevuti nel 2009 dal quotidiano della CISL grazie alla nostra
vecchia conoscenza, la Legge 250/1990.
Dunque Bonanni, con travi in entrambi gli occhi, vede
fuscelli in quelli altrui e si preoccupa dell’orticello dei suoi interessi e
molto poco, anzi per niente, del vasto campo di quelli di tutti gli italiani.
Bellissimo, con la preziosa sciarpa di seta vaporosa attorno al collo (persino
LCDM e DDV vorrebbero portarla così), il pizzetto curato come il sederino di un
bimbo nobile, D’Artagnanino Bonanni tira in ballo la famiglia, rispolvera un
povero zio che, probabilmente, in realtà di economia ne capiva più di lui, e lo
usa come termine di paragone con il Presidente del Consiglio.
Nel frattempo, i quarantenni del 2025 ringraziano per la
lungimiranza, così come i cinquantenni senza lavoro di oggi. Anche delle sue
chiacchiere ne abbiamo a sufficienza.
Si avvicina il Natale, dovremmo essere tutti più buoni…
Fateci un regalo, signori che avete determinato le nostre vicende negli ultimi
dieci e più anni e che avete contribuito con eccezionale determinazione a
portarci sul baratro, statevi zitti fin dopo l’Epifania. Almeno questo, sotto
l’albero che non avremo perché noi non ce lo possiamo permettere (come la
sciarpa preziosa e il “co-affitto”), ci piacerebbe trovarlo.
Nessun commento:
Posta un commento