Come un qualsiasi esponente della classe dirigente italiana
mi rimangio quel che ho detto e torno a occuparmi di politica. Beh… non sono
proprio come quelli che ci guidano (ci guidano?).
Buona stampa. Anzi di più. Come spiega il titolo di questo
post, ne condivido anche la punteggiatura. E sono forse anche un po’ innamorato
di lei. Scherzi a parte, la considero una dei migliori giornalisti italiani
(uomini e donne) e una vera risorsa per il paese.
Dopo aver letto un articolo come quello di Gabanelli, voi
tre starete già immaginando che chiuda cedendo al mio irrimediabile pessimismo.
E invece, molto a fatica lo riconosco, provo a dare a voi, e prima ancora a me
stesso, una spinta non già all’ottimismo (come potrei?), ma alla combattività.
Una bella canzone malinconica che invita a non arrendersi. Si tratta di Don’t give up, che Peter Gabriel ha scritto e
interpretato per la prima volta con Kate Bush (http://en.wikipedia.org/wiki/Don%27t_Give_Up_%28Peter_Gabriel_and_Kate_Bush_song%29). Le parole le potete trovare qui: http://www.azlyrics.com/lyrics/petergabriel/dontgiveup.html.
Come molti brani belli e di successo, anche questo è stato
interpretato da altri artisti. Io l’ho riscoperto nell’esecuzione di Pink e
John Legend nell’album The Imagine
Project di Herbie Hancock (http://en.wikipedia.org/wiki/The_Imagine_Project),
che mi sembra giusto proporvi.
Stampa così e così. Massaro non va a scavare dove dovrebbe,
lasciando che sia Mansi a guidare le danze. E la Signora lo fa da esponente
qualificata della classe dirigente italiana, ossia rivelandosi portatrice di
certezze granitiche, poco ferrata in storia (anche recente), pronta alle più
ardite arrampicate pur di far apparire convincente la “realtà” che vuol rifilare
al lettore.
Potrei continuare e dettagliare, ma non vale la pena: c’è
chi spiega come veramente stanno le cose meglio di me e vi rinvierò a lui tra un attimo. Un
paio di considerazioni, infatti, le voglio proprio aggiungere.
Primo: in tutta l’intervista, Antonella Mansi si guarda bene
dal citare gli altri azionisti, i dipendenti e i clienti di Banca Montepaschi,
i quali sono portatori d’interessi e di aspettative (del tutto legittimi) rispetto
alla Banca quanto o più della Fondazione che la Signora presiede.
Secondo: non so dove la Signora Mansi trovi ragioni per la
spavalderia con cui sostiene che, facendo slittare l’aumento di capitale di
cinque o sei mesi, la Fondazione potrà collocare le proprie azioni di Banca
Montepaschi a condizioni migliori, incassando quanto serve per tappare le
falle. Forse anche lei dovrebbe leggere l’articolo, pubblicato sempre sul
Corriere di oggi, di Salvatore Bragantini, il quale la realtà la conosce e la
descrive, non la ricrea a proprio uso e consumo: http://www.corriere.it/opinioni/13_dicembre_30/buon-senso-salvare-banca-reputazione-27052e4c-7135-11e3-acd7-0679397fd92a.shtml.
Buona stampa.
L’importante, nel nostro paese anche più che altrove, è
apparire, far sentire la propria voce (anche quando si dicono sciocchezze e
senza preoccuparsi del tono impiegato), imporre una propria verità persino per
pochi minuti o per poche ore, pronti a dimenticarsi di averla affermata. E’
grave, ma, almeno in qualche misura, comprensibile, che i politici e le persone
con un ruolo pubblico tendano a comportarsi così. Gravissimo e inaccettabile
che gli organi di stampa si prestino al loro gioco e rinuncino a svelarne le
contraddizioni, consentendo che l’opinione pubblica venga ingannata o, quando
va bene, fuorviata.
Ieri a Siena si è svolta l’Assemblea Straordinaria di Banca
Montepaschi S.p.a., terzo gruppo bancario italiano, da tempo in grave
difficoltà. Si può sostanzialmente sostenere che è sotto il controllo dello
stato e dell’Unione Europea, nel senso che il primo è il principale creditore,
attraverso i cosiddetti Monti Bond, e la seconda vigila sul tentativo di
risanamento per assicurarsi che avvenga con modalità rispettose della normativa
comunitaria in materia di concorrenza e aiuti statali.
L’assemblea di ieri avrebbe dovuto deliberare un aumento di
capitale per 3 miliardi da effettuarsi entro il prossimo gennaio. L’aumento di
capitale è stato rinviato al mese di maggio 2014, così come pretendeva la
Fondazione Montepaschi, ossia l’ente guidato da Antonella Mansi, espressione
della politica locale, in particolare Comune e Provincia di Siena.
Per capire le ragioni dei dirigenti della Banca e quelli dei
responsabili della Fondazione non dovete far altro che sfogliare i quotidiani
di oggi o navigare tra i vari siti, gli articoli non mancano certamente.
Io, che qualcosa ho già letto oggi e qualcosa avevo letto
nei mesi e giorni passati, penso che questa vicenda ci faccia guadagnare altri
punti nella classifica del ridicolo internazionale, dove, peraltro, primeggiamo alla
grande e senza fatica.
La Signora Mansi, Presidente della Fondazione Montepaschi,
ha ragione quando sostiene che l’aumento di capitale effettuato in gennaio,
riducendo di molto il peso percentuale della partecipazione della Fondazione
stessa nella banca, priverebbe la partecipazione di gran parte del suo valore,
quel valore che la Mansi spera di recuperare per tappare i buchi nel bilancio
dell’ente (sono certo che voi tre sapete benissimo come si sono creati).
Quello che, tuttavia, la Signora Mansi dimentica è che lei è
stata indicata per la presidenza della Fondazione dopo mesi di patetici
tiramolla tra correnti del PD senese e toscano, esattamente come i suoi
colleghi membri dell’organo di controllo (che, noblesse oblige, si chiama Deputazione Generale, mica Consiglio di
Amministrazione: stiamo parlando di gente che si sbrodola addosso dal 1472,
mica da ieri).
Pretendere altro tempo, dopo tutto quello che è già andato
sprecato in mesi di patetiche schermaglie tra gerarchetti locali mi sembra
davvero troppo, soprattutto se si considerano le conseguenze che potranno
derivare alla banca da questo ritardo nella ricapitalizzazione.
Il rinvio costa svariate decine di milioni di euro di
interessi per il mancato rimborso dei Monti Bond, ossia comporta un appesantimento
del conto economico. Questo, però, potrebbe anche non essere l’unico risultato
negativo: le banche, soprattutto negli ultimi anni, dipendono sempre più dai
capitali che reperiscono sui mercati finanziari e possono contare sempre meno
sul denaro raccolto presso i risparmiatori. Il mancato aumento di capitale
potrebbe comportare (evito di scrivere comporterà, ma non sbaglierei se lo
facessi) un incremento dei costi ulteriore (perché prestatori riluttanti pretendono maggiori interessi), con ovvie conseguenze sulla
redditività di Banca Mps. Mi trattengo dal considerare quello che potranno
pensare i risparmiatori che, nonostante tutto, hanno deciso finora di mantenere
i propri depositi presso la banca senese. Osservo che la Signora Mansi non è
sembrata preoccuparsi troppo della loro opinione, concentrandosi assai di più
sulle esigenze di quel sistema di potere costruito nel tempo tra Fondazione,
Banca ed enti locali. Un sistema di potere che, guarda un po’, è quello che ha
portato Mussari alla guida di MPS e Mancini alla guida della Fondazione, con
quei bei risultati che sappiamo.
Se tutto questo non è ridicolo, che cosè? Io penso (e
scrivo) che è peggio che ridicolo: è assurdo e moralmente inaccettabile e
illustra anche troppo bene quanto poco abbiano capito i politici italiani,
specie quelli attivi a livello locale.
Bisogna dire che il Ministro del Tesoro e la Banca d’Italia
non si sono fatti sentire molto nella vicenda di ieri, almeno per ora. Io, che
in certe materie mi ispiro sempre al pensiero di Andreotti, penso che
Saccomanni e Palazzo Koch abbiano la coda di paglia. Tanto per capirci, quando
Banca MPS ha messo in atto la folle acquisizione di Antonveneta, l’operazione
che è la madre di tutti i suoi problemi, l’attuale Ministro del Tesoro era
Direttore Generale della Banca d’Italia, ossia l’ente di controllo che non ha
saputo vedere quello che accadeva realmente a Siena.
Finiamola qui, perché ho già detto abbastanza. E mi stanno
già prudendo anche troppo le mani.
Torniamo a It Never
Entered my Mind, che è di gran lunga più gratificante delle squallide
vicende italiane.
Riprendiamo il cammino dal 1957, con la versione del mitico
quintetto di Miles Davis, in cui il trombettista è affiancato da John Coltrane,
Red Garland, “Philly” Joe Jones e Paul Chambers.
La versione successiva è quella di un altro trombettista a
me particolarmente caro, tanto da essere, forse, uno dei musicisti più citati ne ilmiosecchiellodacqua, Chet Baker. La sua interpretazione è tratta da Chet, uno dei suoi album più celebri (http://en.wikipedia.org/wiki/Chet_%28Chet_Baker_album%29).
Chiudiamo con Frank Sinatra, dall’album Put Your Dreams Away del 1958.
Non è che io abbia disimparato a scrivere o che abbia smesso
di leggere i giornali. Tutt’altro. I miei prolungati “silenzi” nascono dal
sentimento di disgusto che suscita in me seguire le vicende politiche italiane.
Non ne posso davvero più. Non vedo alcun segno in base al quale illuderci che
la classe dirigente sappia imprimere quella svolta che, sola, può offrire al
nostro paese un futuro meno desolante di quello che ci attende.
Quanto politici e burocrati siano lontani dal preoccuparsi
delle reali esigenze degli italiani lo dimostra il fatto che siano riusciti a
partorire un decreto (il cosiddetto Salva-Roma) così delirante da indurre
Napolitano a non firmarlo e a rispedirlo al mittente. E mentre mettono insieme
provvedimenti legislativi che si possono soltanto definire colossali schifezze,
proclamano ai quattro venti di aver fatto diosache. No, non voglio più farmi il
sangue cattivo io e farlo fare cattivo a voi. Eviterò di parlare di questi
ignobili parassiti che, si fa per dire, amministrano il nostro paese. Voglio
solo aggiungere che mi trovo costretto (e sa il cielo quanto la cosa mi procuri
sconcerto e imbarazzo) a condividere l’opinione espressa pochi giorni fa dal
Presidente della Regione Veneto. Zaia ha sostenuto che per l’Italia sarebbe
meglio essere commissariata dalla cosiddetta Troika (UE, BCE e FMI). Temo non
esista altra strada per porre in atto le misure di cui il Paese ha
drammaticamente bisogno. Solo un’entità esterna, fornita di poteri
straordinari, potrebbe far eliminare i privilegi che politici e burocrati
pubblici, legati da una complicità sordida, si sono attribuiti e per arginare
il flusso di denaro pubblico che viene sperperato ad ogni livello, dal vertice
dello Stato alla più minuscola amministrazione locale.
Buona stampa. Dalla pagina che vi ho segnalato, potete
ripercorrere tutte le tappe di questa che, per chi la legge, si può soltanto
definire una via crucis.
Buona stampa. Anche se, lasciatemelo dire, mi sembra
paradossale che il settimanale non abbia reso disponibile on line il testo, che
fortunatamente è pubblicato in rete dal sito del Monastero di Bose. Enzo
Bianchi è un grande italiano, un uomo di straordinaria intelligenza e di
straordinaria cultura, doti che gli consentono di illuminare persino il percorso
di chi non ha il dono della fede.
Anche in questa intervista sa dire parole rare e preziose.
Chiudiamo con la musica, alla quale, forse, dedicherò ancora
più spazio in futuro, così da mantenere vivo il rapporto con voi tre non più
con i miei commenti politici (scusate la presunzione) o con i miei suggerimenti
per letture giornalistiche.
E procediamo con l’ascolto di un brano in diverse versioni.
Si tratta di un classico del jazz, It Never Entered my Mind, a buon diritto uno standard di prima grandezza,
tanto da essere interpretato da una vasto schiera di artisti. La prima
esecuzione, nell’ambito del musical per il quale fu scritto, avvenne nel 1940 (http://en.wikipedia.org/wiki/It_Never_Entered_My_Mind).
Il testo lo potete trovare qui: http://www.stlyrics.com/songs/e/ellafitzgerald1351/itneverenteredmymind862036.html.
E proprio dalla versione del 1956 di Ella Fitzgerald prendiamo avvio.
Passiamo poi a due maestri del sassofono tenore: Ben Webster
e Coleman Hawkins, affiancati da altri grandi come Oscar Peterson e Ray Brown.
La registrazione risale al 1957.
Per la terza versione ci affidiamo a un’altra grandissima
voce femminile, quella di Sarah Vaughan, da un album registrato nel 1958.
E per oggi ci fermiamo qui, ma nei prossimi giorni vi
proporrò altre versioni.