Ieri a Siena si è svolta l’Assemblea Straordinaria di Banca
Montepaschi S.p.a., terzo gruppo bancario italiano, da tempo in grave
difficoltà. Si può sostanzialmente sostenere che è sotto il controllo dello
stato e dell’Unione Europea, nel senso che il primo è il principale creditore,
attraverso i cosiddetti Monti Bond, e la seconda vigila sul tentativo di
risanamento per assicurarsi che avvenga con modalità rispettose della normativa
comunitaria in materia di concorrenza e aiuti statali.
L’assemblea di ieri avrebbe dovuto deliberare un aumento di
capitale per 3 miliardi da effettuarsi entro il prossimo gennaio. L’aumento di
capitale è stato rinviato al mese di maggio 2014, così come pretendeva la
Fondazione Montepaschi, ossia l’ente guidato da Antonella Mansi, espressione
della politica locale, in particolare Comune e Provincia di Siena.
Per capire le ragioni dei dirigenti della Banca e quelli dei
responsabili della Fondazione non dovete far altro che sfogliare i quotidiani
di oggi o navigare tra i vari siti, gli articoli non mancano certamente.
Io, che qualcosa ho già letto oggi e qualcosa avevo letto
nei mesi e giorni passati, penso che questa vicenda ci faccia guadagnare altri
punti nella classifica del ridicolo internazionale, dove, peraltro, primeggiamo alla
grande e senza fatica.
La Signora Mansi, Presidente della Fondazione Montepaschi,
ha ragione quando sostiene che l’aumento di capitale effettuato in gennaio,
riducendo di molto il peso percentuale della partecipazione della Fondazione
stessa nella banca, priverebbe la partecipazione di gran parte del suo valore,
quel valore che la Mansi spera di recuperare per tappare i buchi nel bilancio
dell’ente (sono certo che voi tre sapete benissimo come si sono creati).
Quello che, tuttavia, la Signora Mansi dimentica è che lei è
stata indicata per la presidenza della Fondazione dopo mesi di patetici
tiramolla tra correnti del PD senese e toscano, esattamente come i suoi
colleghi membri dell’organo di controllo (che, noblesse oblige, si chiama Deputazione Generale, mica Consiglio di
Amministrazione: stiamo parlando di gente che si sbrodola addosso dal 1472,
mica da ieri).
Pretendere altro tempo, dopo tutto quello che è già andato
sprecato in mesi di patetiche schermaglie tra gerarchetti locali mi sembra
davvero troppo, soprattutto se si considerano le conseguenze che potranno
derivare alla banca da questo ritardo nella ricapitalizzazione.
Il rinvio costa svariate decine di milioni di euro di
interessi per il mancato rimborso dei Monti Bond, ossia comporta un appesantimento
del conto economico. Questo, però, potrebbe anche non essere l’unico risultato
negativo: le banche, soprattutto negli ultimi anni, dipendono sempre più dai
capitali che reperiscono sui mercati finanziari e possono contare sempre meno
sul denaro raccolto presso i risparmiatori. Il mancato aumento di capitale
potrebbe comportare (evito di scrivere comporterà, ma non sbaglierei se lo
facessi) un incremento dei costi ulteriore (perché prestatori riluttanti pretendono maggiori interessi), con ovvie conseguenze sulla
redditività di Banca Mps. Mi trattengo dal considerare quello che potranno
pensare i risparmiatori che, nonostante tutto, hanno deciso finora di mantenere
i propri depositi presso la banca senese. Osservo che la Signora Mansi non è
sembrata preoccuparsi troppo della loro opinione, concentrandosi assai di più
sulle esigenze di quel sistema di potere costruito nel tempo tra Fondazione,
Banca ed enti locali. Un sistema di potere che, guarda un po’, è quello che ha
portato Mussari alla guida di MPS e Mancini alla guida della Fondazione, con
quei bei risultati che sappiamo.
Se tutto questo non è ridicolo, che cosè? Io penso (e
scrivo) che è peggio che ridicolo: è assurdo e moralmente inaccettabile e
illustra anche troppo bene quanto poco abbiano capito i politici italiani,
specie quelli attivi a livello locale.
Bisogna dire che il Ministro del Tesoro e la Banca d’Italia
non si sono fatti sentire molto nella vicenda di ieri, almeno per ora. Io, che
in certe materie mi ispiro sempre al pensiero di Andreotti, penso che
Saccomanni e Palazzo Koch abbiano la coda di paglia. Tanto per capirci, quando
Banca MPS ha messo in atto la folle acquisizione di Antonveneta, l’operazione
che è la madre di tutti i suoi problemi, l’attuale Ministro del Tesoro era
Direttore Generale della Banca d’Italia, ossia l’ente di controllo che non ha
saputo vedere quello che accadeva realmente a Siena.
Finiamola qui, perché ho già detto abbastanza. E mi stanno
già prudendo anche troppo le mani.
Torniamo a It Never
Entered my Mind, che è di gran lunga più gratificante delle squallide
vicende italiane.
Riprendiamo il cammino dal 1957, con la versione del mitico
quintetto di Miles Davis, in cui il trombettista è affiancato da John Coltrane,
Red Garland, “Philly” Joe Jones e Paul Chambers.
La versione successiva è quella di un altro trombettista a
me particolarmente caro, tanto da essere, forse, uno dei musicisti più citati ne ilmiosecchiellodacqua, Chet Baker. La sua interpretazione è tratta da Chet, uno dei suoi album più celebri (http://en.wikipedia.org/wiki/Chet_%28Chet_Baker_album%29).
Chiudiamo con Frank Sinatra, dall’album Put Your Dreams Away del 1958.
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