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sabato 13 agosto 2016

Siccità 2016

Per il momento, preferisco non commentare i dati diffusi ieri sull’andamento del PIL italiano negli ultimi mesi. Non posso, tuttavia, impedirmi di osservare che non è ha parlato neppure il Presidente del Consiglio. Forse ha mandato in vacanza Twitter. O forse anche lui è in difficoltà a presentare come una storia di successo la crescita nulla dell'economia nazionale.

sabato 2 luglio 2016

Identità di una banca

Nel maggio scorso, non sorprendentemente, Federico Ghizzoni aveva comunicato la disponibilità a lasciare la carica di consigliere delegato di Unicredit (http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2016-05-24/unicredit-ghizzoni-lascia-si-stringe-successione--233106.shtml?uuid=ADHVfqO&fromSearch), ossia la maggiore banca italiana (anche se le dimensioni devono molto alla rete internazionale, assai presente nei paesi dell’Europa centro-orientale). In base alle sole dimensioni nazionali, Intesa SanPaolo risulta più grande, ma considerata nel suo insieme, Unicredit è superiore, tanto da essere l’unica banca italiana a far parte del gruppo delle G-Sifi (Global Systemically Important Financial Institution, ossia le istituzioni finanziarie sistemiche di rilevanza internazionale), soggette a particolari controlli da parte delle autorità di vigilanza e tenute a rispettare normative più stringenti di quelle in vigore per gli istituti più piccoli. 

domenica 26 giugno 2016

Produttori di macerie


Aggiungo le mie banalità alle tante chiacchiere seguite alla decisione del Regno Unito di lasciare l’Unione Europea. Temo non sarò breve e, forse, neppure troppo lineare, mi scuso fin d’ora.
Venerdì sera, su Facebook, ho scritto quanto segue (errori inclusi): “A coloro che in Italia esultano per Brexit e propongono una replica dalle nostre parti con l'obiettivo di uscire dalla UE o dall'euro, suggerirei, tra le altre cose, di valutare le condizioni di salute delle maggiori banche del paese. Unicredit è priva di guida per le beghe tra grandi soci e probabilmente ha bisogno di nuovo capitale. Di Mps non si parla, come accade dei malati gravi, difficili da curare. Due sono alle prese con una difficile fusione, segnata da conflitti di potere. Due sono state temporaneamente tenute in vita da aumenti di capitale sottoscritti da Atlante, che in parte conta su fondi statali (Cdp). Nessuna di queste storie ha origine esterne. Tutte sono riconducibili a fatti domestici, nei quali pesano molto interessi politici di vario colore e cattiva gestione non sanzionata dalle autorità di vigilanza. Tutte le banche sono state sostenute da risorse della Bce attraverso le diverse operazioni poste in essere da quando Draghi è Presidente. Abbiamo la vaga idea di cosa accadrebbe se seguissimo i disegni di Grillo o di Salvini? Dove troveremmo le risorse per sostenere e risanare le nostre banche?
Se smettiamo di credere nell'Europa e nelle sue capacità ci troveremo in un maledettissimo mare di guai. L'Europa deve cambiare, in parte tornare all'antico, ma essere forte e incisiva nei temi che contano veramente. Se non lo chiediamo noi, difficilmente lo faranno i politici mediocri che guidano anche i paesi maggiori. E serviranno lezioni di nuoto nella merda. Scusate la volgarità.

domenica 19 giugno 2016

Cane che non abbaia e che non morde

Inizio ancora occupandomi delle vicende delle banche venete in profonda crisi, in particolare di Veneto Banca.
Ieri i quotidiani riportavano una notizia assai grave, dalle implicazioni difficili da valutare interamente. Una notizia che dimostra come, purtroppo, nel nostro paese si trattino vicende complesse, come quelle relative alla solidità del sistema bancario, con deplorevole leggerezza.
Cronaca. A tre giorni lavorativi dalla chiusura (22 giugno) dell’operazione di aumento di capitale di Veneto Banca, questo risulta sottoscritto solo per lo 0,3% dell’importo complessivo di 1 miliardo.
Come sottolinea anche l’articolo di Luca Davi sul 24 Ore, a tutt’oggi non si è vista traccia delle massicce sottoscrizioni preannunciate dal presidente presidente dell’associazione Per Veneto Banca, Bruno Zago, che, per chi non lo ricordasse, aveva parlato di persone pronte a sottoscrivere oltre 500 milioni, fors’anche 600, così da acquisire la maggioranza della banca (il cui valore oggi è sostanzialmente nullo).
Spero non stiano aspettando l’ultimo giorno nella speranza di ottenere uno sconto o per ritardare il saldo degli importi sottoscritti. Non ci sono sconti in operazioni come queste e le scadenze sono eguali per tutti, in particolare quella del versamento del controvalore delle azioni sottoscritte, salvo che per eventuali salvatori (come sarà, con ogni probabilità, il Fondo Atlante).
Secondo cronache odierne, Zago ha sostenuto che i giornalisti lo avrebbero frainteso. Forse sarebbe stato opportuno, e più corretto, che lo avesse detto un po’ prima, anziché lasciare trascorrere giorni e giorni prima di sgomberare il campo da quello che, oggi, asserisce essere un equivoco…
Questa, purtroppo, è una vicenda che riporta ancora in primo piano sia l’immaturità e l’impreparazione del nostro paese in materia finanziaria e bancaria a livello individuale sia, e ovviamente è assai più grave, la poca severità e la scarsa tempestività dell’azione a livello istituzionale.
Scrivevo ieri su Facebook, commentando le parole della giornalista economica veneta Eleonora Vallin (https://www.facebook.com/eleonoravalliln/posts/1708430049408378), che sarebbe ora che cadessero un po’ di teste e che dal Veneto a Roma le responsabilità nel dissesto di Popolare di Vicenza e di Veneto Banca sono tante, troppe.
A riguardo vi suggerisco la lettura di Banche: possiamo ancora fidarci?, libro scritto in modo chiaro e semplice da Federico Rampini, giornalista de La Repubblica (Mondadori 2016). Non è un manuale scientifico, ma tratta gli argomenti con profondità. Il settimo capitolo si intitola Il curioso incidente del cane che non abbaiò (titolo suggerito da un racconto di Conan Doyle) e analizza le responsabilità della Banca d’Italia nelle crisi bancarie esplose negli ultimi anni. Rampini ripercorre in estrema sintesi la storia della nostra banca centrale nel dopoguerra, sottolineandone l’autorevolezza nei primi decenni, cui ha fatto seguito un certo rilassamento. 
Una citazione mi sembra particolarmente incisiva: “Il peso di tutta questa storia passata ha creato attorno alla Banca d’Italia un’aureola di santità repubblicana, più che comprensibile. E’ pericoloso, però, se il rispetto per i meriti acquisiti si trasforma in immunità dalle critiche. Lo si è visto di recente, quando i risparmiatori hanno avuto tante ragioni per chiedersi perché il cane non abbia abbaiato”.
Stiamo pagando un prezzo altissimo per il modo inadeguato con cui la situazione del sistema bancario italiano è stata affrontata dai governi e dalle autorità di vigilanza, anche nei rapporti con le istituzioni e con gli altri stati europei. E possiamo solo sperare di aver già visto il peggio.
Passo ad altro, ma rapidamente. Vi segnalo le due pagine che il Corriere della Sera dedica oggi a una (pseudo) intervista a Donald Trump di Alan Friedman: http://www.corriere.it/esteri/16_giugno_19/trump-pronto-invitare-putin-b14d45f6-358e-11e6-8ef0-3c2327086418.shtml.
Mala stampa. Friedman mi sembra aver trascorso troppo tempo in Italia, tanto da dimenticare come fa il suo lavoro un giornalista anglosassone…
Contro i nemici della cultura e della musica, due brevi ascolti di Max Richter, compositore inglese contemporaneo (https://en.wikipedia.org/wiki/Max_Richter).
Il primo, se finalmente il clima si metterà al bello, è adatto alla stagione e si intitola The Tree, The Beach, The Sea.


Il secondo pezzo è Horizon Variations.


giovedì 24 settembre 2015

Prima nessuno fiatava...

L’Istituto Bruno Leoni (http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=0000002165&level1=0000002165) è un ente privato che si propone di difendere il pensiero e la cultura liberali in Italia. Una missione sicuramente importante, soprattutto in un Paese come il nostro, nel quale esistono troppe distorsioni del mercato e della concorrenza, il cui costo grava pesantemente sui cittadini e produce vaste zone d’ombra in cui si sviluppano i comportamenti illeciti più diversi. Sul proprio sito, l’Istituto offre una rassegna stampa interessante, dalla quale attingo oggi per proporvi un articolo che si occupa di corruzione. Il pezzo era stato pubblicato originariamente su Il Foglio del 22 e la firma è di Serena Sileoni: http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=19007.

lunedì 31 agosto 2015

Legame con il territorio?

Ieri il Corriere della Sera ha pubblicato un’interessante intervista a Francesco Iorio, Consigliere Delegato e Direttore Generale della Banca Popolare di Vicenza, uno dei maggiori istituti di credito italiani e uno di quelli usciti peggio dalle valutazioni effettuate alcuni mesi fa dalla Banca Centrale Europea sulla solidità patrimoniale e sulla gestione dei principali gruppi bancari della eurozona. Ecco il collegamento all’intervista di Stefano Righi: http://www.corriere.it/economia/15_agosto_30/popolare-vicenza-borsa-prezzo-fara-mercato-e006b63a-4f2e-11e5-ad01-b0aa98932a57.shtml#.
Buona stampa. Anche se Righi affonda il coltello meno di quanto vorrei, ma, voi tre lo sapete, forse ho aspettative eccessive riguardo alla capacità dei giornalisti italiani di mettere alle strette gli intervistati. Ne esce, comunque, un quadro piuttosto serio della situazione che Iorio ha trovato quando ha assunto l’incarico all’inizio di giugno. Si conferma, in particolare, l’esistenza di rapporti non proprio cristallini tra la banca e i soci, ai quali sono stati concessi finanziamenti di cospicue dimensioni per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni della banca stessa.
Mi pare sconcertante che si sia dovuti arrivare ai cosiddetti stress test e alle altre valutazioni della BCE per mettere in luce simili comportamenti, che viene spontaneo considerare non casuali e ipotizzare che abbiano origini lontane nel tempo. Difficile non chiedersi come mai la Banca d’Italia non si sia resa conto della situazione o, se ne era consapevole, non sia intervenuta prima.
Pur trattandosi indubbiamente di una delle migliori istituzioni pubbliche, pure la Banca d’Italia si mostra talvolta “distratta”, forse perché anch’essa, nonostante sia indipendente dal potere politico, non può sottrarsi interamente alle pressioni che da esso vengono esercitate, così che anche banche in situazione di dissesto possono proseguire la normale attività, subendo misure blande, insufficienti a ripristinare le condizioni patrimoniali e gestionali adeguate, fino a che la situazione si deteriora al punto da rendere necessari interventi più drastici e si causano danni che, intervenendo prima, si potevano forse evitare.
Quanto il potere politico s’interessi alle banche, soprattutto quelle di dimensioni medie e piccole, possibilmente non quotate in borsa, è dimostrato dalle resistenze che da più parti sono state fatte al provvedimento (decreto-legge n. 3/2015, convertito con legge n. 33/2015) che ha imposto alle dieci maggiori banche popolari di trasformarsi in società per azioni, abbandonando una forma giuridica ormai obsoleta, che ha consentito molto spesso una gestione autoreferenziale e poco trasparente. Vi propongo un articolo riguardo al contrasto tra governo e opposizioni (anche interne al PD) sul provvedimento (se avrete voglia di cercare, potrete trovarne molti altri): http://www.huffingtonpost.it/2015/01/21/riforma-banche-popolari-si-muovono-le-lobby_n_6516404.html.
Cronaca.
Va sottolineato come, tra le banche interessate dal provvedimento, una delle più impegnate nell’osteggiare, direttamente e indirettamente, la riforma, era proprio la banca vicentina, all’interno della quale, più che altrove, si guardava con preoccupazione alla nuova forma giuridica imposta dalla legge e, in particolare, all’abolizione del voto capitario e di altre condizioni che potevano favorire il controllo dell’assemblea da parte degli organi direttivi della banca. Anche dalle parti della Banca Popolare di Milano c’era molto malumore, determinato, in questo caso, dal ruolo delle associazioni sindacali, che attraverso gruppi organizzati di dipendenti-azionisti, hanno per molti anni avuto un potere rilevante nell’istituto, spesso esercitato per impedire cambiamenti considerati dannosi per il personale, indipendentemente dai potenziali effetti positivi sulla banca.
Tra gli argomenti maggiormente usati per opporsi alla legge di riforma, ormai pienamente efficace, i politici prediligevano quello del presunto “legame con il territorio” degli istituti coinvolti dal provvedimento del Governo Renzi.
Questo presunto carattere delle banche popolari, a detta dei politici, garantiva una loro maggiore capacità di concedere finanziamenti alle imprese locali rispetto alle banche di maggiori dimensioni. (L’argomento è usato anche per sostenere la validità del modello rappresentato dal credito cooperativo, nel quale, tuttavia, negli ultimi anni sono emersi numerosi casi di pessima gestione e di dissesto che hanno radicalmente modificato il quadro del settore, anche grazie a drastici interventi della Banca d’Italia).
Dall’intervista a Francesco Iorio, a mio parere, emerge la più radicale smentita della posizione di quei politici: concedere quasi un miliardo di finanziamenti a soci e potenziali soci (una somma, se ricordo bene, pari a 1/27 dell’interno ammontare dei prestiti erogati dall’istituto) non sembra esattamente una prova di “saldo legame con il territorio”, ma piuttosto la determinazione dei vertici della banca di mantenere un’assai ampia influenza sull’assemblea. Forse, se impiegato per sostenere le attività produttive, quel miliardo di euro avrebbe avuto un impatto di gran lunga migliore sull’economia del territorio. E mi sembra particolarmente grave soprattutto se consideriamo che quel miliardo rappresenta oltre la metà dei finanziamenti (1,8 miliardi) concessi alla Popolare di Vicenza dalla BCE nel quadro della liquidità messa a disposizione con il meccanismo denominato T-Ltro, che vincolava l’erogazione delle somme al loro impiego esclusivo per finanziare attività imprenditoriali…
Oggi Van Morrison, una della personalità di maggior valore della musica della fine del secolo scorso e di questo, compie settanta anni, ottima occasione per arruolarlo nella lotta ai criminali nemici della musica e della cultura. Ascoltiamo due brani, mi sembra giusto festeggiarlo così.
Il primo è The Bright Side of The Road.


Il secondo è una canzone d'amore. Van Morrison ne ha interpretate molte, tutte molto suggestive. Ho scelto Have I Told You Lately. Ve l'ho già proposta tempo fa, ma resta bellissima. Questa è una versione diversa.