Com’è accaduto quasi sempre in circostanze analoghe, il fallito colpo di stato in Turchia sta offrendo a Erdoğan l’occasione che aspettava per togliersi di torno un bel po’ di personaggi scomodi per il suo regime. Sull’argomento potrete trovare articoli ovunque. Io vi suggerisco questo pezzo da The Guardian: https://www.theguardian.com/world/2016/jul/16/erdogan-reprisals-turkey-attempted-military-coup.
Buona stampa. Il presidente turco, benché democraticamente eletto, usa (e userà ancor più da oggi) metodi non troppo diversi da quelli del suo vicino Assad. Giova ricordare che la libertà di stampa è sostanzialmente sospesa, molti giornalisti sono in galera soltanto per aver espresso legittime critiche verso Erdoğan, alcuni suoi familiari e collaboratori più stretti, l’uso dei nuovi mezzi di comunicazione è non di rado impedito, l’opposizione non ha modo di manifestare e, se lo fa, viene duramente repressa (per chi non ricordasse gli avvenimenti di Gezi Park: https://en.wikipedia.org/wiki/Gezi_Park_protests), le richieste di autonomia dei curdi sono soffocate duramente.
Nel maggio scorso, non sorprendentemente, Federico Ghizzoni aveva comunicato la disponibilità a lasciare la carica di consigliere delegato di Unicredit (http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2016-05-24/unicredit-ghizzoni-lascia-si-stringe-successione--233106.shtml?uuid=ADHVfqO&fromSearch), ossia la maggiore banca italiana (anche se le dimensioni devono molto alla rete internazionale, assai presente nei paesi dell’Europa centro-orientale). In base alle sole dimensioni nazionali, Intesa SanPaolo risulta più grande, ma considerata nel suo insieme, Unicredit è superiore, tanto da essere l’unica banca italiana a far parte del gruppo delle G-Sifi (Global Systemically Important Financial Institution, ossia le istituzioni finanziarie sistemiche di rilevanza internazionale), soggette a particolari controlli da parte delle autorità di vigilanza e tenute a rispettare normative più stringenti di quelle in vigore per gli istituti più piccoli.
Cominciamo con una notizia rassicurante: non dobbiamo
preoccuparci per i parlamentari, non rieletti o non ricandidati, che non hanno
trovato anche in questa legislatura un seggio alla Camera o al Senato. Il Sole
24 Ore ci offre qualche dettaglio riguardo alle loro prospettive:
Buona stampa. Trovo anche rassicurante che il povero Fini
continui per altri 10 (DIECI) anni a beneficiare di buona parte dei privilegi
di cui godono (chissà quanto meritatamente?) gli ex Presidenti dei due rami del
Parlamento Italiano. Spero proprio che, in preda a qualche assurdo impeto
francescano, lui e Casini, ma anche Bertinotti o Pera, non si sognino di
seguire l’esempio di Grasso e della Boldrini. Non vorrei mai che decidessero
spontaneamente di rinunciare in tutto o in parte a vantaggi che SI sono
assegnati. Lo troverei, come dire?, deprimente… tutta una vita dedicata al
servizio del paese, senza nessun tornaconto personale, e poi, nel momento della
dolorosa separazione dal compito pubblico svolto con tanto impegno (un paio di
giorni la settimana per pochi mesi l’anno), rinunciare alla giusta ricompensa,
appena un po’ superiore a quella che spetta a qualsiasi comune cittadino.
Andiamo, basta con questi luoghi comuni dell’antipolitica!
E’ un gran sollievo che almeno Schifani sia stato rieletto e
possa spostare in là il momento del ritorno alla vita normale, quella in cui
non potrà più esprimere pienamente le doti di uomo straordinariamente
attento al bene della collettività, così sopra le parti da non aver mai
espresso nessuna opinione men che equilibrata e sobria per tutta la durata del
mandato di Presidente del Senato. Un’imparzialità e un distacco dagli interessi
di bottega (quelli del partito, ossia quelli del padrone del partito, ossia il
tizio decrepito) che gli è valsa la nomina a capogruppo del Pdl al Senato.
Cronaca. Strano destino quello del tizio decrepito: a dar
retta alle maldicenze, quasi vent’anni fa, avrebbe iniziato la sua avventura
politica per salvare le proprie aziende in difficoltà e sé stesso da possibili
problemi con la giustizia. E adesso, quando ormai è plausibile che la sua
parabola di politico possa continuare ancora per pochi anni, si ritrova al
punto di partenza, anzi, con qualche problema in più, almeno sul piano
giudiziario.
Oddio, le cose potrebbero cambiare ancora: bisogna dargli
atto di saper recuperare magistralmente (anche se con il prezioso contributo
degli avversari, sempre pronti a fare di tutto pur di aiutarlo), potrebbe
riuscire anche nel colpo più grosso di tutti, farsi mandare al Quirinale… Ve lo
vedete, il tizio decrepito Presidente della Repubblica e, quindi, anche del
Consiglio Superiore della Magistratura? Sarebbe senz’altro divertente, magari
non utile al paese, ma certamente divertente.
Lui, lo psiconano+barba-Mediaset, intanto non demorde: convinto
A TORTO (come il tizio decrepito e lo smacchiatore di giaguari) di
rappresentare la maggioranza degli italiani, intende imporre la propria visione
a tutti, calpestando i più elementari principi della democrazia e della
politica. E nella sua irrefrenabile logorrea riesce a raggiungere vette di
impressionante assurdità. Definire “puttanieri” alcuni noti politici italiani è
del tutto sbagliato… o meglio, è sbagliato in quasi tutti i casi… Scherzo, ma
in realtà non c’è proprio nessuna ragione per scherzare. Mentre lo
psiconano+barba-Mediaset farnetica e il tizio decrepito pretende di dettare
condizioni dal basso del suo quasi dimezzato peso politico e lo smacchiatore di
giaguari consulta anche il portiere del palazzo di Viale della Pace 27, mentre
tutto questo accade, i nostri problemi, quelli della grandissima maggioranza
degli italiani, non solo non vengono risolti, ma si aggravano.
Ci meritiamo un po’ di musica. Anzi, più di un brano.
Cominciamo con un pezzo storico: la più celebre cover di With a Little Help from My Friends, quella di Joe Cocker al
festival di Woodstock nel 1969. Otto minuti indimenticabili.
Cambiando completamente genere, vi proporrei di ascoltare un
brano eseguito da Dexter Gordon, grande sassofonista cui ho accennato mesi fa
come protagonista del film Round Midnight.
Vi suggerisco di ascoltarlo in un classico, Body
and Soul, registrato dal vivo a Montreux nel 1970.
E finiamo con un altro cambio radicale di genere. Un nuovo
ascolto di Philip Glass, si tratta del brano Labyrinth, godetevi anche le immagini del video, non solo la musica.
Giusto per non dimenticare dove sta uno dei maggiori
problemi italiani, oggi vi suggerisco di leggere un articolo di Sergio
Rizzo, il Mastino truce, al quale il lavoro non manca mai grazie all’avidità
senza limiti e senza decenza della “nostra” classe politica. Qui si parla della
Regione Lazio, ma non è che altrove siano poi tanto migliori, anzi…
Buona stampa. Come di consueto. E povero il nostro fegato, come di consueto quando leggiamo Rizzo.
Proviamo a consolarci con la musica, anche se la scelta
odierna, forse, a qualcuno dei miei tre lettori potrà sembrare lontana dalle
mie proposte precedenti e magari un po' stravagante. A me, però, la musica piace quasi tutta e, comunque,
credo sia giusto, avendone l’opportunità, conoscere anche quella un po’ meno
frequentata. Esagero: vi propongo tre pezzi, due però sono differenti versioni
della medesima composizione.
Iniziamo da Philip Glass, uno dei principali compositori
contemporanei americani e uno dei maggiori interpreti della corrente del
minimalismo musicale (http://it.wikipedia.org/wiki/Philip_Glass).
Il brano è Opening, il pezzo iniziale
di un lavoro intitolato Glassworks.
Proseguiamo con Aaron Copland, anch’egli americano, ma nato
quasi cinquant’anni prima di Glass (http://en.wikipedia.org/wiki/Aaron_Copland,
indico la versione inglese perché assai più ricca e completa di quella
italiana). Il pezzo è uno dei suoi più celebri, Fanfare for the common man, che mi piace pensare sia stato
composto, sia pure in minuscola parte, anche per me.
Lo ascoltiamo in due esecuzioni. La prima, che preferisco, è
quella “tradizionale” con gli strumenti pensati da Copland.
La seconda, per compiacere anche gli appassionati della
musica progressive, è di Emerson,
Lake & Palmer, registrata, come potrete vedere, nello stadio olimpico di
Montreal. Parecchi gradi sotto zero. Che fossero in playback? Comunque, anche questo, ormai, è un "classico".