Ieri il Corriere della Sera ha pubblicato un’interessante intervista a Francesco Iorio, Consigliere Delegato e Direttore Generale della Banca Popolare di Vicenza, uno dei maggiori istituti di credito italiani e uno di quelli usciti peggio dalle valutazioni effettuate alcuni mesi fa dalla Banca Centrale Europea sulla solidità patrimoniale e sulla gestione dei principali gruppi bancari della eurozona. Ecco il collegamento all’intervista di Stefano Righi: http://www.corriere.it/economia/15_agosto_30/popolare-vicenza-borsa-prezzo-fara-mercato-e006b63a-4f2e-11e5-ad01-b0aa98932a57.shtml#.
Buona stampa. Anche se Righi affonda il coltello meno di quanto vorrei, ma, voi tre lo sapete, forse ho aspettative eccessive riguardo alla capacità dei giornalisti italiani di mettere alle strette gli intervistati. Ne esce, comunque, un quadro piuttosto serio della situazione che Iorio ha trovato quando ha assunto l’incarico all’inizio di giugno. Si conferma, in particolare, l’esistenza di rapporti non proprio cristallini tra la banca e i soci, ai quali sono stati concessi finanziamenti di cospicue dimensioni per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni della banca stessa.
Mi pare sconcertante che si sia dovuti arrivare ai cosiddetti stress test e alle altre valutazioni della BCE per mettere in luce simili comportamenti, che viene spontaneo considerare non casuali e ipotizzare che abbiano origini lontane nel tempo. Difficile non chiedersi come mai la Banca d’Italia non si sia resa conto della situazione o, se ne era consapevole, non sia intervenuta prima.
Pur trattandosi indubbiamente di una delle migliori istituzioni pubbliche, pure la Banca d’Italia si mostra talvolta “distratta”, forse perché anch’essa, nonostante sia indipendente dal potere politico, non può sottrarsi interamente alle pressioni che da esso vengono esercitate, così che anche banche in situazione di dissesto possono proseguire la normale attività, subendo misure blande, insufficienti a ripristinare le condizioni patrimoniali e gestionali adeguate, fino a che la situazione si deteriora al punto da rendere necessari interventi più drastici e si causano danni che, intervenendo prima, si potevano forse evitare.
Quanto il potere politico s’interessi alle banche, soprattutto quelle di dimensioni medie e piccole, possibilmente non quotate in borsa, è dimostrato dalle resistenze che da più parti sono state fatte al provvedimento (decreto-legge n. 3/2015, convertito con legge n. 33/2015) che ha imposto alle dieci maggiori banche popolari di trasformarsi in società per azioni, abbandonando una forma giuridica ormai obsoleta, che ha consentito molto spesso una gestione autoreferenziale e poco trasparente. Vi propongo un articolo riguardo al contrasto tra governo e opposizioni (anche interne al PD) sul provvedimento (se avrete voglia di cercare, potrete trovarne molti altri): http://www.huffingtonpost.it/2015/01/21/riforma-banche-popolari-si-muovono-le-lobby_n_6516404.html.
Cronaca.
Va sottolineato come, tra le banche interessate dal provvedimento, una delle più impegnate nell’osteggiare, direttamente e indirettamente, la riforma, era proprio la banca vicentina, all’interno della quale, più che altrove, si guardava con preoccupazione alla nuova forma giuridica imposta dalla legge e, in particolare, all’abolizione del voto capitario e di altre condizioni che potevano favorire il controllo dell’assemblea da parte degli organi direttivi della banca. Anche dalle parti della Banca Popolare di Milano c’era molto malumore, determinato, in questo caso, dal ruolo delle associazioni sindacali, che attraverso gruppi organizzati di dipendenti-azionisti, hanno per molti anni avuto un potere rilevante nell’istituto, spesso esercitato per impedire cambiamenti considerati dannosi per il personale, indipendentemente dai potenziali effetti positivi sulla banca.
Tra gli argomenti maggiormente usati per opporsi alla legge di riforma, ormai pienamente efficace, i politici prediligevano quello del presunto “legame con il territorio” degli istituti coinvolti dal provvedimento del Governo Renzi.
Questo presunto carattere delle banche popolari, a detta dei politici, garantiva una loro maggiore capacità di concedere finanziamenti alle imprese locali rispetto alle banche di maggiori dimensioni. (L’argomento è usato anche per sostenere la validità del modello rappresentato dal credito cooperativo, nel quale, tuttavia, negli ultimi anni sono emersi numerosi casi di pessima gestione e di dissesto che hanno radicalmente modificato il quadro del settore, anche grazie a drastici interventi della Banca d’Italia).
Dall’intervista a Francesco Iorio, a mio parere, emerge la più radicale smentita della posizione di quei politici: concedere quasi un miliardo di finanziamenti a soci e potenziali soci (una somma, se ricordo bene, pari a 1/27 dell’interno ammontare dei prestiti erogati dall’istituto) non sembra esattamente una prova di “saldo legame con il territorio”, ma piuttosto la determinazione dei vertici della banca di mantenere un’assai ampia influenza sull’assemblea. Forse, se impiegato per sostenere le attività produttive, quel miliardo di euro avrebbe avuto un impatto di gran lunga migliore sull’economia del territorio. E mi sembra particolarmente grave soprattutto se consideriamo che quel miliardo rappresenta oltre la metà dei finanziamenti (1,8 miliardi) concessi alla Popolare di Vicenza dalla BCE nel quadro della liquidità messa a disposizione con il meccanismo denominato T-Ltro, che vincolava l’erogazione delle somme al loro impiego esclusivo per finanziare attività imprenditoriali…
Oggi Van Morrison, una della personalità di maggior valore della musica della fine del secolo scorso e di questo, compie settanta anni, ottima occasione per arruolarlo nella lotta ai criminali nemici della musica e della cultura. Ascoltiamo due brani, mi sembra giusto festeggiarlo così.
Il primo è The Bright Side of The Road.
Il secondo è una canzone d'amore. Van Morrison ne ha interpretate molte, tutte molto suggestive. Ho scelto Have I Told You Lately. Ve l'ho già proposta tempo fa, ma resta bellissima. Questa è una versione diversa.
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