Aggiungo le mie banalità alle tante chiacchiere seguite alla decisione del Regno Unito di lasciare l’Unione Europea. Temo non sarò breve e, forse, neppure troppo lineare, mi scuso fin d’ora.
Venerdì sera, su Facebook, ho scritto quanto segue (errori inclusi): “A coloro che in Italia esultano per Brexit e propongono una replica dalle nostre parti con l'obiettivo di uscire dalla UE o dall'euro, suggerirei, tra le altre cose, di valutare le condizioni di salute delle maggiori banche del paese. Unicredit è priva di guida per le beghe tra grandi soci e probabilmente ha bisogno di nuovo capitale. Di Mps non si parla, come accade dei malati gravi, difficili da curare. Due sono alle prese con una difficile fusione, segnata da conflitti di potere. Due sono state temporaneamente tenute in vita da aumenti di capitale sottoscritti da Atlante, che in parte conta su fondi statali (Cdp). Nessuna di queste storie ha origine esterne. Tutte sono riconducibili a fatti domestici, nei quali pesano molto interessi politici di vario colore e cattiva gestione non sanzionata dalle autorità di vigilanza. Tutte le banche sono state sostenute da risorse della Bce attraverso le diverse operazioni poste in essere da quando Draghi è Presidente. Abbiamo la vaga idea di cosa accadrebbe se seguissimo i disegni di Grillo o di Salvini? Dove troveremmo le risorse per sostenere e risanare le nostre banche?
Se smettiamo di credere nell'Europa e nelle sue capacità ci troveremo in un maledettissimo mare di guai. L'Europa deve cambiare, in parte tornare all'antico, ma essere forte e incisiva nei temi che contano veramente. Se non lo chiediamo noi, difficilmente lo faranno i politici mediocri che guidano anche i paesi maggiori. E serviranno lezioni di nuoto nella merda. Scusate la volgarità.”
Cronaca. Guarda caso, le banche italiane hanno assorbito oltre due terzi della liquidità messa a disposizione dalla Bce nell’ultima operazione di finanziamento al sistema. E’ vero che l’Italia, come terzo maggiore “socio” dell’euro ha contribuito e contribuisce ancora a fornire importanti risorse alla Bce e agli altri strumenti di intervento sui mercati finanziari, però risulta evidente che riceve anche molto in cambio. In qualche caso più di quanto mette a disposizione.
Tanto per capirci, solo con l’ultima operazione di cui parla l’articolo del 24 Ore le banche italiane hanno preso in prestito dalla Bce una somma che risulta pari a poco meno di un terzo delle riserve in oro detenute dalla Banca d’Italia, una delle grandezze alle quali si dovrebbe far riferimento nel momento in cui, in base a una eventuale decisione di uscire dall’euro, fosse nuovamente la Banca d’Italia a doversi far carico delle crisi di liquidità del sistema bancario italiano (che sarebbero presumibilmente assai più gravi di quelle attuali). E la credibilità di una (spero ipotetica) nuova lira non sarebbe esattamente facile da costruire nelle condizioni correnti del paese e del sistema bancario.
Il dato sulle riserve auree di Bankitalia lo trovate qui: https://www.bancaditalia.it/media/approfondimenti/2014/riserve-auree/index.html#faq8761-5. Che la nostra banca centrale non sia in grado o non voglia aggiornare il dato a fine 2015 mi lascia un po’ perplesso, senza, però, stupirmi, poiché conferma la scarsa o nulla propensione delle istituzioni pubbliche italiane alla trasparenza autentica e all’uso della rete per fornire ai cittadini informazioni paragonabili, per qualità e quantità, a quelle rese disponibili in altri stati.
Ho già scritto che, purtroppo, la Banca d’Italia si è adeguata al funzionamento delle altre amministrazioni pubbliche, perdendo per strada una parte significativa delle virtù grazie alle quali era apparsa per anni l’istituzione forse più autorevole e più seria del paese. E quel che è maggiormente grave, a mio modesto parere, è l’apparente assenza di consapevolezza di questo da parte di chi guida oggi Bankitalia, il quale si mostra del tutto indisponibile a considerare le responsabilità dell’istituto nelle crisi bancarie recenti (sono sei i casi maggiormente noti, ma il totale è superiore).
Può essere interessante, a tale scopo, leggere questo articolo, sempre da Il Sole 24 Ore, questa volta del 23 giugno: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-06-23/visco-4-banche-evitati-rischi-stabilita-finanziaria-155013.shtml?uuid=ADYu4mh&fromSearch.
Buona stampa. Copio e incollo un passaggio: “La vendita alla clientela di titoli subordinati delle quattro banche in risoluzione avvenuta in modi «scorretti,
illeciti e cosi' via, e' una cosa che va sicuramente come cittadino stigmatizzata e dev'essere fatta pagare» ha sottolineato il governatore.”
Nulla dice, il governatore (come cittadino stigmatizza, come governatore sorvola…) sul fatto che qualcuno non ha fatto nulla per impedire che queste vendite venissero effettuate, evidentemente non esercitando il modo adeguato il controllo. Una critica che vale per la banca centrale come per la Consob. L’una e l’altra, infatti, hanno, se non altro, gravissime colpe di omissione nei casi delle quattro banche fallite e delle due salvate da Atlante.
Su quanto sia delicata la situazione del nostro sistema bancario suggerisco la lettura dell’articolo di Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera di oggi: http://www.corriere.it/opinioni/16_giugno_26/scudo-le-banche-d04aa0ae-3b0e-11e6-a019-901bc4c9f010.shtml#.
Buona stampa. Vedremo se le esortazioni preoccupate di Giavazzi troveranno ascolto a Roma, io però ne dubito, visto che, come ormai accade quasi sempre, l’atteggiamento prevalente in chi governa e chi amministra il paese è quello di minimizzare o di far finta di nulla o di fornire informazioni talvolta distorte secondo convenienza.
Il Presidente del Consiglio, per esempio, ha sostenuto che l’Italia non corre particolari rischi economici in conseguenza di Brexit, parlando di cifre modeste coinvolte. Consultare le statistiche del Ministero delle Sviluppo consente di verificare quale sia il peso effettivo degli scambi con il Regno Unito, che è il nostro quarto mercato di sbocco (http://www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/commercio_internazionale/osservatorio_commercio_internazionale/statistiche_import_export/paesi_export.pdf).
Nel 2015, l’Italia ha esportato per 22,484 miliardi di euro, pari al 5,4% del totale delle esportazioni. Il valore delle importazioni, 10,575 miliardi (2,9%), risulta largamente inferiore. Dunque stiamo parlando di somme importanti e di un rapporto di scambio largamente favorevole all’Italia. Pensare che solo il cambio della sterlina possa modificarne le dimensioni è sbagliato, poiché altri fattori (come i regimi fiscali sulle transazioni) influenzeranno in futuro le relazioni commerciali tra Italia e Regno Unito. Sottostimare i danni di Brexit sulle medesime è irragionevole e conferma la scarsa attitudine di Renzi a misurarsi con la realtà. Un’attitudine che, francamente, considero ogni giorno più pericolosa. Il quadro geopolitico si fa sempre più difficile e preoccupante. I numeri del bilancio pubblico italiano, che hanno già fatto arricciare il naso ai controllori di Bruxelles, potrebbero subire un peggioramento non trascurabile, rendendo ancor più improbabile un’approvazione delle scelte del governo italiano.
Il referendum sulle riforme costituzionali è la sola cosa di cui sembrano preoccuparsi quasi tutti coloro i quali hanno scelto di vivere di politica, quale che sia il loro schieramento di appartenenza. E non certo per gli effetti positivi o negativi che avrà sulle condizioni di vita degli italiani: sono preoccupati dalle conseguenze sulle loro condizioni di vita.
Il filo del rasoio su cui Renzi e Padoan hanno costruito i conti pubblici italiani si fa sempre più sottile e tagliente e la finanza pubblica italiana potrebbe subire gravissimi contraccolpi da un deterioramento del quadro internazionale.
E non voglio nemmeno pensare che abbia ragione George Soros, il quale dà ormai per scontata la fine dell’Europa Unita e, come ovvio corollario, quella dell’euro. Mi consolo, assai poco, con il dubbio che parli soprattutto come gestore di fondi… Ecco il resoconto delle sue opinioni riportato, come da molti altri mezzi di comunicazione italiana, anche da Il Giornale: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/george-soros-disgregazione-dellue-irreversibile-1276132.html.
Qui, invece, trovate il testo originale di Soros: https://www.project-syndicate.org/commentary/brexit-eu-disintegration-inevitable-by-george-soros-2016-06.
Non esprimo un giudizio sul testo. Dirò solo che mi rifiuto di condividere l’opinione di Soros, ma non posso certo dirmi ottimista, anche perché osservo con sconforto come si stanno muovendo i vari protagonisti della politica, in Europa come nel Regno Unito. Pensare che a gestire gli aspetti pratici della separazione possano essere due personaggi del (modesto) calibro di Boris Johnson e Jean-Claude Juncker, francamente, mi appare desolante.
Così come resto dell’avviso che sia semplicemente folle immaginare che altri, come già propongono gli emuli di Farage in giro per l’Europa, possano decidere di percorrere il medesimo cammino.
Vorrei sperare che, come suggerisce Amartya Sen intervistato oggi dal Corriere della Sera (http://www.corriere.it/esteri/16_giugno_26/amartya-sen-democrazia-2f7b79b2-3b10-11e6-a019-901bc4c9f010.shtml), temi come quelli oggetto del referendum britannico siano sottratti alla volontà popolare. I cittadini, oggi più che in passato, difficilmente sono in grado di capire la complessità e le conseguenze di simili decisioni. Sen giustamente osserva che tocca ai politici decidere su queste materie e offrire adeguate motivazioni alle proprie nazioni. Ovviamente, nel caso dell’Europa, illustrando i vantaggi che ha offerto in termini di pacificazione del continente e di crescita del benessere. Insomma, Sen chiede ai governanti di fare il proprio mestiere di leader. Saranno pochi, tuttavia, quelli disposti a dargli ascolto, non è per questo che stanno lì…
In giro per l’Europa, ma anche in altri continenti, vedo troppi politici così assetati di potere e così incompetenti da essere interessati anche a governare sul cumulo di macerie causato dalle loro promesse e dai loro azzardi.
Buonanotte e buona fortuna.
Nessun commento:
Posta un commento