Cominciamo con questioni italiane. Luca Ricolfi, da poco
approdato a Il Sole 24 Ore come editorialista, oggi ha scritto un pezzo
interessante sulla possibile evoluzione della nostra situazione economica nei
prossimi 15 giorni, nei quali si succederanno alcuni eventi piuttosto
importanti: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-01-11/le-cinque-giornate-dell-europa-105157.shtml?uuid=ABNyHHcC.
Buona stampa. Anche se, onestamente, non mi piace quel modo
un po’ da fariseo di evitare il giudizio diretto sull’operato di Renzi. Sotto
sotto, comunque, mi pare un discorso a nuora perché suocera intenda. E, in ogni
caso, alla fine vien fuori che non abbiamo fatto quel che ci permetterebbe di
guardare con serenità ai cruciali passaggi dei cinque giorni considerati da
Ricolfi e anche dopo.
Per quel che mi riguarda, ho qua e là lasciato emergere
qualche opinione sul Presidente del Consiglio in carica, ma ancora preferisco
non esprimermi apertamente, da buon fariseo… Posso dire, e non è poco, che mi
sembra inserirsi nella tradizione del “tirare a campare”, affermatasi da un bel
po’ di tempo nel nostro Paese.
Ritorniamo agli eventi francesi. C’è un aspetto paradossale sul
quale riflettevo dopo aver letto delle ultime corbellerie (vorrei sempre usare
un’altra parola!) pronunciate da alcuni politici europei e delle polemiche
interne ad alcuni mezzi di comunicazione sul giudizio relativo al contenuto
delle vignette di Charlie Hebdo (http://www.corriere.it/esteri/15_gennaio_11/tv-niente-spot-charlie-lite-email-ad-jazeera-cronisti-arabi-americani-a2d7bb96-9972-11e4-a615-cfddfb410c4c.shtml#).
Il paradosso sta in questo: sia coloro i quali intendono
sfruttare gli eventi di Parigi per imporre una visione esasperata di conflitto
tra Occidente ed Islam sia coloro che rappresentano l’avanguardia mediatica del
mondo musulmano confondono la grande maggioranza dei fedeli dell’Islam con i
terroristi e i fanatici. Abbiamo bisogno di tutto, fuorché di persone che
travisano la realtà fino al punto di affermare la medesima visione distorta pur
appartenendo a fronti contrapposti. A riguardo vi suggerisco di leggere le
parole dello scrittore israeliano Amos Oz, raccolte per il Corriere della Sera
da Lorenzo Cremonesi. Il pezzo, pubblicato oggi, non è disponibile
nell’edizione on line, quindi l’ho acquisito (non proprio bene, lo ammetto) con
lo scanner.
Buona stampa. Anche se mi sembra che, nel comporre il
titolo, la redazione abbia privilegiato un aspetto non così essenziale rispetto
alle altre considerazioni di Oz. Il passaggio che io trovo più significativo è
quello in cui lo scrittore riporta le parole dell’infermiera araba che lo ha
assistito durante il ricovero in ospedale. Copio e incollo le parole da
ricordare:
“Quell’infermiera mi
implorò che, per favore, mai dimenticassi non le centinaia di militanti in
corteo per le strade, quanto piuttosto i milioni di pacifici musulmani rimasti
nelle loro abitazioni.”
Dimenticare questo sarebbe il peggiore errore che potremmo
fare.
Un altro errore che non dobbiamo commettere è quello cui
possono indurre commentatori come Sergio Romano, il quale non perde occasione
per cercare di giustificare ogni azione, anche la più inaccettabile, della
Russia di Putin e di rivalutarne il ruolo internazionale. Oggi, nel suo
editoriale sul Corriere della Sera, che non vi faccio leggere perché non lo
merita, ha scritto queste parole:
“Winston Churchill
disse un giorno che se Adolf Hitler avesse invaso l’inferno, lui non avrebbe
mancato di parlare gentilmente del diavolo alla Camera dei Comuni. Il
presidente egiziano Al Sisi, il presidente siriano Al Assad, il presidente
russo Putin e il presidente iraniano Rouhani non sono diavoli. Sono alla testa
di regimi che noi consideriamo carenti di democrazia, polizieschi e repressivi.
Ma conoscono l’Islam meglio di noi, hanno già fatto in passato dolorose
esperienze (abbiamo dimenticato ciò che accadde nella scuola di Beslan,
nell’Ossezia del nord?) e hanno buone ragioni per battersi affinché il loro
Paese non venga continuamente insidiato dall’estremismo sunnita o sia destinato
a divenire una provincia del Califfato. Se qualche Paese occidentale fosse
disposto a mettere truppe sul terreno potremmo forse fare a meno della loro
collaborazione. Ma da quando gli Stati Uniti hanno eliminato questa opzione non
abbiamo altra scelta fuor che quella di sostenere con tutti i mezzi di cui
disponiamo quelli che sul terreno già ci sono.”
Da un certo punto di vista, il ragionamento di Sergio Romano
è fondamentalmente giusto. Ha ragione laddove sottolinea che non siamo in grado
di combattere e vincere la guerra con l’ISIS e Al Qaeda perché non abbiamo la
determinazione necessaria a mandare per la terza volta i nostri soldati a
morire in Iraq o da quelle parti.
Quello che non mi piace, e che è sostanzialmente fuorviante,
è mettere sul medesimo piano Egitto, Iran, Russia e Siria. E dimenticare il
ruolo di Iran e Siria nella nascita e nello sviluppo di certe frange dell’estremismo
islamico. E, infine, confondere il terrorismo ceceno con quello dei
fondamentalisti, anche se è fuor di dubbio che tra i due esistano contatti e
collaborazioni molto significativi. Dietro il terrorismo ceceno (feroce e
ingiustificabile come qualsiasi forma di terrorismo), infatti, esiste una
richiesta d’indipendenza che la Russia ha represso con una brutalità di cui ha
testimoniato Anna Politovskaja, che per questo è stata barbaramente uccisa come
sappiamo (e come dovrebbe sapere anche Sergio Romano).
E Sergio Romano dovrebbe anche sapere che non esiste alleato
meno affidabile di un regime dittatoriale.
In materie come queste non si può semplificare né scegliere
percorsi ambigui. E dobbiamo sperare, come dice Oz e come dicono tanti
intellettuali di religione musulmana, che siano i musulmani stessi a creare gli
anticorpi contro la malattia. Perché, con buona pace di Salvini e dei redattori
di Al Jazeera, sono pochi i fedeli musulmani che condividono l’agire dei terroristi,
soprattutto quando arrivano al punto di servirsi di una bambina per compiere
una strage di civili inermi in un mercato. Contro persone capaci di questo non
si vince neppure con i soldati di Putin o con quelli di Assad (ammesso che
siano disposti a morire per noi, e ne dubito decisamente). Contro queste
persone si vince soltanto se vengono espulse dai loro stessi concittadini, se
la mala pianta è estirpata da chi la vede spuntare accanto a sé.
E se questo non accadesse? Vorrà dire che dovevamo estinguerci
noi (che non c’eravamo) e non i dinosauri. Che ci piaccia o meno, il problema
siamo noi.
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