Non sono tanto presuntuoso da farmi sfiorare dalla
tentazione di commentare direttamente e diffusamente la decisione assunta ieri
dalla Banca Nazionale Svizzera.
E’ alla mia portata, e quasi superfluo, osservare che la scelta di lasciar
fluttuare liberamente il cambio tra Franco Svizzero ed Euro (prima mantenuto
artificialmente al valore di 1,2 Franchi per Euro) ha suscitato clamore e
prodotto effetti immediati che hanno sorpreso qualche osservatore e mandato a
picco alcuni operatori che, evidentemente, avevano posizioni divenute
insostenibili con la moneta svizzera arrivata a rivalutarsi in pochi minuti quasi del
40% rispetto alla valuta unitaria.
Ho deciso di segnalarvi solo alcuni articoli, lasciando che,
se lo vorrete, ne cerchiate altri voi, che vi formiate la vostra opinione e che,
se necessario, decidiate come modificare i vostri investimenti.
Cominciamo con un pezzo di Bloomberg, nel quale prevale
l’attenzione per gli aspetti quantitativi: http://www.bloomberg.com/news/2015-01-16/euro-s-march-lower-getting-boost-from-swiss-bankers-currencies.html.
Proseguiamo con un paio di commenti dal Financial Times: uno
di Mohamed El-Erian, http://www.ft.com/intl/cms/s/0/30bece38-9ccd-11e4-971b-00144feabdc0.html?siteedition=intl#axzz3OzmcrJlP,
e il secondo senza firma: http://www.ft.com/intl/cms/s/0/d1f8f8e4-9cc0-11e4-a730-00144feabdc0.html#axzz3OzmcrJlP.
Passiamo poi a Il Sole 24 Ore, dal quale pure vi suggerisco
due articoli. Il primo è di Marco Onado: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-01-16/cambio-insostenibile-l-europa-ferma-081651.shtml?uuid=ABMJF0eC&fromSearch.
Il secondo di Alessandro Merli: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-01-16/con-monete-e-escluso-fai-da-te-081310.shtml?uuid=AB6FF0eC&fromSearch.
Buona stampa. Generalizzato.
Aggiungo un pezzo da The Economist che, per me, ha un sentore di
déjà-vu, visto che ricordo l’epoca
non così lontana nella quale molti italiani si erano indebitati in marchi
tedeschi per trarre vantaggi dai bassi tassi, dimenticando che esiste anche una
cosa che si chiama rischio di cambio (non vi racconto tutta la storia, ma
fidatevi di me: alla fine il conto della loro avventatezza non pochi di questi signori, con l'aiuto dei soliti politici interessati, lo hanno
scaricato sulle spalle della collettività). Ecco il link all’articolo: http://www.economist.com/news/europe/21639760-poles-were-slow-get-out-swiss-franc-mortgages-now-they-are-paying-price-currency-risk.
Buona stampa.
Ora mi sbilancio e faccio qualche considerazione.
La prima, di sapore prettamente nazionale, è che, come osserva
anche Alessandro Merli, chi vagheggia l’uscita dell’Italia dall’Euro e il
ritorno a una valuta nazionale, farebbe bene a riflettere molto attentamente
sulla propria idea (lo so, idea è parola grossa, grossissima, ma sapete che mi
sono imposto di evitare certi termini, che pure ci starebbero bene).
Guardando un po’ oltre i confini nazionali, osservo che la
decisione della Banca Nazionale Svizzera mette in drammatica evidenza come la
crisi economica e finanziaria che si usa far iniziare nel 2008 (in realtà è
almeno di un anno più vecchia) stia tuttora producendo conseguenze. Osservo, inoltre, che, tra i
suoi effetti, mi sembra si debba indicare una progressiva perdita di
coordinamento tra le istituzioni finanziarie internazionali, derivante anche dalla
crisi politica dei paesi e delle organizzazioni sovranazionali, non più in
grado di porsi obiettivi collettivi e anche minimamente solidaristici. Ricordate? Solo tre anni fa, ad esempio, si faceva un gran parlare del Financial Stability Board, di cui adesso non si ricorda nessuno...
Ancora, sempre senza guardare solo all’orto di casa, mi pare
vada posto l’accento su un punto messo in evidenza da Marco Onado. Riprendo le
sue parole: “[…] la dimensione complessiva dei movimenti a
breve è cresciuta enormemente e il mercato dei cambi, secondo gli ultimi dati
della Banca dei regolamenti internazionali, attiva ogni giorno scambi per 5mila
miliardi di dollari, pari a circa un terzo del Pil mondiale, ovviamente annuale
(erano 3,3 nel 2007, cioè prima della crisi)”.
E’ del tutto evidente che nessuna banca centrale e nessun
paese la cui valuta sia scambiata “abbastanza” liberamente, forse neppure la Fed
e gli Stati Uniti, possiedono e possono generare le risorse per contrastare per più
di qualche ora o qualche giorno un’eventuale aggressione concertata alla
propria moneta. E questo riporta all’assenza di una visione internazionale
comune e di una sia pur minima intesa sulla regolamentazione dei mercati
finanziari e, in particolare, di tutti gli strumenti che le grandi banche hanno
continuato a ideare per sottrarsi ai controlli e operare con almeno altrettanta
disinvoltura di quanta le caratterizzava prima del 2008.
Mi fermo qui, direi che mi sono sbilanciato a sufficienza,
ma ci sarà occasione per tornare sull’argomento.
Un po’ di musica per chiudere. Un eccellente pianista al
quale, ingiustamente, finora ho dato solo spazio nel suo ruolo di supporto.
Parlo di Red Garland (http://en.wikipedia.org/wiki/Red_Garland),
di cui basta dire che è stato parte del leggendario quintetto formato da Miles
Davis negli anni Cinquanta, i cui componenti trovate nella pagina di Wikipedia
che ho indicato. Oggi lo ascoltiamo come leader di un trio.
Vi propongo due brani dallo stesso album, inciso nel 1961: The Nearness of You (http://en.wikipedia.org/wiki/The_Nearness_of_You_%28Red_Garland_album%29). Il primo pezzo è quello che da il titolo al disco, e che voi tre ben conoscete.
Vi propongo due brani dallo stesso album, inciso nel 1961: The Nearness of You (http://en.wikipedia.org/wiki/The_Nearness_of_You_%28Red_Garland_album%29). Il primo pezzo è quello che da il titolo al disco, e che voi tre ben conoscete.
Il secondo è All Alone.
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