Su cosa si fonda il futuro di un paese? Che cosa può indurre
i cittadini di una nazione a sperare che avranno un domani migliore di quello
che potevano augurarsi i loro genitori e a sperare di dare ai propri figli un
domani migliore di quello che i loro genitori sono riusciti a garantire loro?
La risposta, credo, è banale. Il futuro di un paese non lo
costruiscono i giovani. I giovani lo devono, eventualmente, portare a
compimento. Realizzare le fondamenta, infatti, è, via via, compito delle
generazioni più vecchie.
Con egoistico sollievo, in quanto non genitore, osservo la
cosa un po’ da distante. Come amico di tanti genitori alle prese con problemi
pratici e di coscienza, posso soltanto sentirmi profondamente solidale con loro.
Come parte di una generazione (o di una e mezza, poco
importa), temo il giudizio che ci riserveranno gli storici del prossimo secolo.
Lo spazio di un post, ma più ancora i miei mezzi culturali e
intellettuali, impediscono di approfondire questa valutazione. Sospetto,
tuttavia, che la mia generazione sarà giudicata male da chi ha gli strumenti
per farlo.
In tempi un po’ diversi, con effetti un po’ diversi, nei
paesi che un tempo venivano considerati più avanzati, senza eccezioni, si sono
andate smantellando le colonne portanti del progresso sociale e della
convivenza civile.
Ha preso il sopravvento, qui più, là meno, ovunque troppo,
la politica intesa come mezzo per raggiungere obiettivi personali e non
collettivi. E questo, qui più, là meno, ovunque troppo, ha consentito alle
burocrazie di prosperare, virus che sta insidiando la sopravvivenza di molti
paesi e di molte organizzazioni sovrannazionali.
Restando in Italia, vi propongo un articolo dal 24 Ore di
oggi, che illustra, direi in modo che lascia sgomenti, le qualità (si fa giusto
per dire) della burocrazia italiana: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-11-21/flop-cedolare-secca-affitti-191056.shtml?uuid=Abngy84G.
Buona stampa. La signora in questione parla della vicenda
come se fosse nella posizione del sottoscritto, ossia un testimone. Non è così,
purtroppo per lei, lei fa parte di quelli che hanno sbagliato i conti e scritto male le norme.
Chiudo con un altro riconoscimento a uno dei miei tre
lettori. Mi ha segnalato un video di un pianista sconosciuto a me, ma, credo,
anche alla maggior parte degli amanti del jazz.
Il mio orecchio si è abituato a suoni e armonie diverse,
ma Boyd Lee Dunlop mi ha
conquistato, più per la storia personale (http://en.wikipedia.org/wiki/Boyd_Lee_Dunlop),
che per la sua piacevole musica non proprio attuale. Quest’uomo ha suonato il piano per quasi ottanta anni, quasi esclusivamente nei locali attorno alla sua città, incidendo
soltanto due dischi, l’ultimo, quello che lo ha infine fatto conoscere un po’
di più, l’anno scorso.
Che dire? Grande Boyd Lee Dunlop!
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