A prescindere dalle conclusioni cui arriveranno i magistrati
impegnati nelle indagini sulla gestione dei finanziamenti pubblici della Lega,
mi pare che soltanto i sostenitori più appassionati del partito di Bossi si
possano stupire di quanto sembra emergere.
La Lega è stata al governo per molti anni, ha fatto parte di
un sistema di potere consolidato e ben oliato, al quale è difficile sottrarsi,
soprattutto quando si vuole mantenere o ampliare la propria sfera d’influenza.
Sia chiaro: questa non è un’assoluzione. E’ una
constatazione, una triste constatazione. Sino a quando non s’interverrà in modo
efficace e profondo nei meccanismi che regolano i rapporti tra politica e
denaro (parola da intendersi nel significato più ampio e sfaccettato), fino a
quel momento difficilmente ci libereremo non solo dal malaffare e dai
pericolosi incroci con la malavita, ma anche dalle situazioni di numerose
aziende pubbliche, come la RAI o Finmeccanica per fare due esempi, nei quali la
politica si mostra oggi persino più invasiva e devastante che in passato.
Appare persino stupido che io perda ancora tempo a scrivere
considerazioni di questo genere e voi a leggerle. Sono trascorsi oltre
vent’anni da quando Mario Chiesa fu beccato a buttare le banconote nel water.
Nel frattempo, però, la classe politica italiana, compresa quella, a parole,
più intransigente, anziché legiferare in maniera tale da eliminare o ridurre
gli spazi per corruzione e malgoverno, ha abbassato progressivamente le difese
del sistema, favorendone l’ulteriore degenerazione, ha ampliato a dismisura il
numero delle società di proprietà pubblica, intese soprattutto come fabbriche
di poltrone, e ha consentito un calo impressionante dell’etica collettiva,
accompagnato da un non meno sconcertante affermarsi del senso di impunità che
traspare dai commenti di fronte alle vicende di questi giorni.
La classe politica, a ogni livello, ha sviluppato una
mancanza di senso critico che definire sfrontata è limitativo. Ancora oggi, di
fronte a fenomeni così diffusi e gravi, ci sono figure di rilievo (si fa sempre
per dire) che negano l’evidenza e parlano della cosiddetta “antipolitica” come
se questa fosse il male e non, invece, la loro “politica”.
La cosiddetta “antipolitica” a me pare un tumore secondario.
E da qualche parte non può non esserci qualcuno in grado di capirlo e di agire
per estirpare il primario.
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