Per cominciare, buon 2012. Fine dei convenevoli.
Sono stato in Ungheria solo una volta, qualche anno fa e per un paio di
giorni: giusto il tempo per restare confuso dal convivere, nel 2007, delle
prospettive aperte dall’adesione all’Unione Europea e delle eredità, ai miei occhi soprattutto “fisiche”, degli anni del potere comunista. Oggi,
con l’entrata in vigore della nuova Costituzione, l’Ungheria sembra voler
compiere un pericoloso salto all’indietro.
Se ne sono (pre)occupati i principali quotidiani internazionali e nazionali. Scelgo il Financial Times, Le Figaro e il Guardian (http://www.ft.com/intl/cms/s/0/c4f4d2ea-321e-11e1-b4ba-00144feabdc0.html#axzz1i95CB9Tr,
http://www.lefigaro.fr/flash-actu/2011/12/30/97001-20111230FILWWW00306-hongrie-atteinte-au-systeme-judiciaire.php
e http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2011/dec/25/hungary-playing-chicken-editorial).
Buona stampa.
Spaventa che un paese il cui contributo alla cultura europea
è stato più che considerevole e che per primo si era ribellato al giogo
sovietico, pagando un prezzo altissimo e aprendo una breccia nelle convinzioni
marmoree dei partiti comunisti occidentali, si ripieghi su se stesso nel segno
di un populismo nazionalista che rievoca i peggiori fantasmi del passato e che
aggiunge elementi di incertezza per il futuro della costruzione ardita ed
essenziale dell’Europa unita.
Giorgio Pressburger, sul Corriere del 30 dicembre, ha illuminato
con il suo amore e con la sua cultura una questione che faremmo meglio a non
trascurare (http://archiviostorico.corriere.it/2011/dicembre/30/Povero_Paese_che_tradisce_sua_co_8_111230036.shtml).
Buona stampa. Anzi ottima.
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