Ieri, sul Corriere della Sera, Angelo Panebianco si è
occupato degli effetti negativi prodotti dalle dimensioni e dalle
caratteristiche del nostro apparato normativo (http://www.corriere.it/editoriali/12_gennaio_03/la-certezza-degli-abusi_ae3d4c74-35d1-11e1-8614-09525975e917.shtml).
Un articolo interessante.
Buona stampa.
Non posso, però, rinunciare ad alcune osservazioni critiche.
Certamente la quantità e la qualità delle norme dipende
dalla cultura, dall’esperienza professionale e dagli obiettivi inespressi (coprirsi
le spalle, per Panebianco, pararsi le terga, per me che sono greve) di chi è
preposto alla stesura delle norme stesse. Panebianco, però, mi sembra dimenticare
che, gerarchicamente sovra ordinati agli uffici e ai consulenti legislativi, ci
sono i Ministri, i quali, temo, hanno da molti anni rinunciato (per ragioni
sulle quali non mi addentro, potete benissimo farlo da soli) a esercitare un
controllo sulla produzione normativa. Dunque, gli organi politici hanno
quantomeno una responsabilità indiretta.
Secondo punto. Il problema non sarà risolto se si continuerà
ad affidare la redazione delle leggi a persone che condividono quella cultura,
quelle esperienze professionali e quegli obiettivi inespressi. In altre parole,
bisogna intervenire sui meccanismi di formazione e di selezione delle persone
che, a livello centrale e periferico, hanno il compito di scrivere le norme.
E questo sarà tutt’altro che facile, perché (e Panebianco si
è dimenticato di notarlo) coloro i quali scrivono le leggi nel
nostro paese provengono in larghissima parte dal Consiglio di Stato, ossia il
massimo organo della giustizia amministrativa nonché di consulenza giuridica e
amministrativa per il Presidente della Repubblica e per il Governo.
A chi fosse sfuggito, mi pare opportuno ricordare che ben tre dei cinque attuali Sottosegretari alla Presidenza del
Consiglio (Catricalà, Malaschini e Malinconico) sono stati o sono tuttora
Consiglieri di Stato.
Sia chiaro, non ho niente contro i Consiglieri di Stato, anzi,
ma dubito molto che sapranno e vorranno modificare la propria cultura e il
proprio modo di legiferare senza
che qualcuno li stimoli a farlo e verifichi l’effettiva capacità di cambiare.
Spero che il Corriere e Panebianco decidano di riprendere l’argomento,
magari con la volontà di affondare il bisturi con maggiore decisione.
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