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sabato 31 ottobre 2015

Bonjour, Telecom

Come sempre riluttante a farsi fotografare, il presidente del consiglio, durante il soggiorno a La Avana, ha scelto di fare jogging lungo un percorso appartato e discreto: una stradina lungomare chiamata Avenida de Maceo, meglio nota in tutto il mondo con il nome di Malecon.

sabato 9 giugno 2012

Assicurazioni e televisione


Come se fossi il Presidente del Senato o della Camera, vi ho mentito: non proseguiamo nel cammino per Siena, ma parliamo di altro.
Iniziamo da notizie finanziarie. Niente di cui stupirsi: i Ligresti hanno deciso di opporsi alla fusione tra Fondiaria-Sai e Unipol perché, tra le clausole dell’operazione, non sono più previsti, per loro, il diritto di recesso e la manleva sulla disastrosa gestione. In altre parole, ancora una volta, hanno anteposto i loro interessi individuali e famigliari a quelli della società (quotata). Esattamente come fanno da anni, in maniera a dir poco sconcertante. Un’ottima sintesi la offre Antonella Olivieri sul Sole 24 Ore (http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-06-08/tutticontrotutti-lascia-solo-vinti-231259.shtml?uuid=AbgE6XpF), ma potete trovare ampi resoconti anche in altri quotidiani.
Buona stampa.
Nella pagina dell’articolo della Olivieri sono presenti i collegamenti agli altri pezzi dedicati dal 24 Ore alla complessa e incerta operazione orchestrata da Mediobanca per cercare di evitare il tracollo di Fondiaria-Sai e, quindi, un bel po’ di perdite per sé e per le altre banche che, nel tempo, non hanno saputo far di meglio che concedere credito praticamente illimitato ai Ligresti. Interessanti letture per un fine settimana di tempo incerto, almeno dalle mie parti.
Cambiando argomento, ieri sera mi è capitato di vedere Otto e mezzo, la trasmissione condotta da Lilli Gruber su La7. Ospiti della trasmissione erano due giornalisti, Giovanni Valentini di Repubblica e Alessandro Sallusti, il mitico direttore del Giornale. Quest’ultimo, quando si dice la determinazione, è riuscito a scendere ancora nella mia personale classifica, per quel che conta… Ha, infatti, sostenenuto che (1) è sbagliato pensare di perseguire il reato di corruzione tra privati e che (2), in considerazione della nomina di Anna Maria Tarantola alla presidenza della Rai, Monti è fissato con i bancari (sic). Potete convincervi che, pur riassumendo le sue parole, non ho alterato il pensiero di Sallusti, andando a recuperare la trasmissione qui: http://www.la7.tv/richplayer/index.html?assetid=50269471. Non perdetevela!
Sallusti è uno dei tanti, troppi, che si proclamano liberali, ma poi, alla prova dei fatti, rivelano di esserlo assai poco. Opporsi al reato di corruzione tra privati, sostenendo che non abbia senso attribuire alla magistratura la possibilità di occuparsi di una questione che non rivestirebbe nessun interesse pubblico, è una ben strana posizione, che trascura come, ad esempio, un’azienda che corrompa un dirigente di un’altra per vendere qualcosa compia un’operazione di concorrenza sleale, il che a un liberale dovrebbe far prudere le mani e anche i piedi. Come accade a me.
Ricordo poi che esistono molte società, quindi enti soggetti alle norme del diritto privato, che appartengono interamente a soggetti pubblici (Stato, Regioni, Province e Comuni): personalmente mi piace l’idea che un fatto di corruzione che le riguarda possa essere perseguito con severità dalla magistratura e non resti “questione privata” (Fenoglio mi perdoni).
Quanto alla presidenza della Rai, Sallusti, che sembra ignorare chi sia la Signora (e anche che sia una Signora (ri-sic)), non è il solo a trovare da ridire sull’estrazione di Anna Maria Tarantola. L’edizione on-line del Corriere della Sera fornisce la posizione dei principali partiti, quelli che, negli anni, hanno saputo nominare formidabili esperti di cultura e di comunicazione nel consiglio di amministrazione della Rai, uomini e donne di così straordinaria caratura e così indifferenti alle pressioni di chi li aveva nominati da aver trasformato l’azienda pubblica radiotelevisiva nel peggiore baraccone clientelare del paese. Questo è il link: http://www.corriere.it/economia/12_giugno_09/rai-nomine-reazioni_8084286a-b228-11e1-9647-65f4b2add31d.shtml.
Stampa così e così. Sempre perché, ormai, dell’opinione di questa gente possiamo tranquillamente fare a meno.
Allo scopo di non danneggiare troppo il vostro e il mio fegato, mi concentro soltanto su quella di Donadi, il capogruppo IDV alla Camera, che chiude la sua nota di commento con queste parole: “Cosa c'azzecca Bankitalia con la Rai, prima azienda culturale italiana?”
Considerazione che sfida quelle di Sallusti quanto a profondità e accettabilità. Uno potrebbe anche chiedersi cosa c’azzecca un magistrato ex poliziotto con la politica. Oppure cosa c’azzecca un avvocato veneziano con la politica. E, nel farlo, si porrebbe domande anche meno stupide di quella di Donadi. L’esperienza lavorativa di Anna Maria Tarantola non ci garantisce che sarà un buon presidente della Rai. E’, tuttavia, ipotizzabile che quanto ha appreso nella sua carriera all’interno di Banca d’Italia possa servire a mettere in ordine un’azienda che è certamente la maggiore azienda culturale del paese, ma, prima di tutto, è un’azienda e come tale deve essere gestita. E’ più facile che ci riesca lei o una persona carica di debiti di riconoscenza verso i partiti?
Buona notte e buona fortuna.

martedì 8 maggio 2012

I frenatori


La Lettura, il supplemento domenicale del Corriere, del 6 Maggio ospitava un’interessante intervista al fondatore di Amazon, Jeff Bezos (http://lettura.corriere.it/jeff-bezos-%C2%ABil-futuro-e-dei-lettori-e-degli-autori-gli-editori-devono-sudare%C2%BB/).
Buona stampa.
Il pezzo consente di conoscere meglio uno dei pochi veri geniali imprenditori che hanno saputo sfruttare il grande potenziale d’internet.
Quello, però, che mi piace parecchio è la citazione, da parte di Serena Danna, l’intervistatrice, di una frase che mi sembra utile riportare, così che anche chi non ha voglia di leggere l’intero articolo possa appuntarsi queste parole di Clay Shirky: “Le istituzioni tendono a preservare i problemi per cui sono loro stesse la soluzione»”.
Mi sembra un aforisma di notevole saggezza e, non credo di sbagliare, si adatta piuttosto bene a interpretare la realtà politica italiana attuale.
E si adatta alla grande maggioranza delle burocrazie, che sono ovunque un freno al cambiamento, ma lo sono tanto di più là dove, come in Italia, il cambiamento comporterebbe la fine di tantissimi privilegi. Non pensate, però, soltanto ai burocrati ministeriali (sui quali torniamo tra un attimo): anche le cosiddette parti sociali, organizzazioni sindacali e imprenditoriali, si oppongono a gran parte degli interventi che potrebbero intaccare le loro “rendite di posizione”. Sia i singoli sia le imprese sono costretti a rivolgersi ai loro sedicenti rappresentanti per poter adempiere tutta una serie di obblighi di legge che in altri paesi si possono semplicemente soddisfare sedendosi davanti al computer e collegandosi ai siti delle pubbliche amministrazioni. E i loro sedicenti rappresentanti si fanno pagare, anche profumatamente, per questo “servizio” che, nei fatti, è una sorta di tassa privata garantita dall’inefficienza e/o dalla connivenza dello Stato.
C’è da fare tanta pulizia anche in quelle organizzazioni, però dubito che si riuscirà a farlo perché, come ho osservato già altre volte, manca la volontà persino nel Governo Monti. La prova più recente viene dall’accordo tra Ministero della Funzione Pubblica e sindacati sul pubblico impiego. A riguardo vi suggerisco un pezzo di Luigi Olivieri da LaVoce.info (http://www.lavoce.info/articoli/pagina1003054.html).
Buona stampa.
Francamente non mi stupisce poi tanto che succeda quanto Olivieri descrive con chirurgica precisione. Volete che un signore come Patroni Griffi non abbia accumulato una bella quantità di debiti di riconoscenza nella sua lunga carriera? Pensate davvero che possa essere arrivato dove è arrivato senza aver avuto il sostegno o la benevola indifferenza di coloro con i quali ha concordato questa possibile riforma?
E sì, con certi tecnici, se continuano così, finiremo per rimpiangere persino quei cialtroni dei politici.

martedì 20 marzo 2012

Non troppo lontano dal tema di ieri


Avete ragione, con i Ligresti ho fatto un po’ una fissazione, ma sono persuaso che se lo meritino anche troppo. Non è assolutamente accettabile governare in maniera così inadeguata uno dei maggiori gruppi assicurativi del paese e spenderne ingenti risorse con modalità quantomeno discutibili.
Buona stampa.
Attenti, la Gilli che viene citata alla fine, è l’azienda che distribuisce le borse disegnate da Giulia Ligresti (quella che ama spostarsi in elicottero a spese della società). Immagino che una compagnia di assicurazioni non sopravviva senza un consulente in materia di borse e accessori…
Intendiamoci, Fondiaria-Sai è un caso limite, ma non metterei la mano sul fuoco riguardo a tante altre società quotate il cui controllo è rimasto in mano a un nucleo familiare più o meno ampio.
Siamo un paese nel quale la mungitura delle vacche ha una lunga tradizione… Sospetto che, dopo aver frequentato distrattamente un po’ corsi di management, non pochi tra i nostri imprenditori abbiano fatto un po’ di confusione sul concetto di cash cow, trasferendo la definizione, sviluppata per un prodotto, all’intera azienda.
Scherzi a parte, come giustamente osservava Sergio Rizzo di fronte alla possibilità che la proprietà della Ducati passi alla Audi, c’è poco da stare allegri in un paese nel quale nessun imprenditore sente l'impulso a impegnarsi in un’azienda che costituisce una vera eccellenza nazionale.
Quando sento parlare d’italianità delle imprese mi prudono le mani. Le imprese sono imprese e la loro proprietà, in un mondo globalizzato, perde un po' di valore. La vicenda di Alitalia (addentellati elettorali inclusi) mi fa ancora salire la pressione alle stelle, oltre ad apparirmi, com'è effettivamente, un'assurda contraddizione con le reazioni dei nostri politici quando i loro colleghi di altri paesi prendono decisioni analoghe. Però che Ducati finisca in mano alla Audi, onestamente, mi pare la prova desolante della mancanza di coraggio della nostra classe imprenditoriale, ormai molto più interessata alle tante, ben protette, posizioni dominanti costruite all’ombra della politica. Sul tema, leggete Giavazzi sul Corriere di oggi (http://www.corriere.it/editoriali/12_marzo_20/domande-senza-risposta-francesco-giavazzi_941d5f78-7253-11e1-a140-d2a8d972d17a.shtml).
Buona stampa.
Pur se incomparabilmente migliore dei suoi predecessori, mi pare che anche Monti stia finendo avviluppato nelle tele dei tanti ragni che si annidano dalle parti di Roma e non solo.
Speriamo che si dia una bella mossa…