domenica 5 luglio 2015

Opportunismo


Avevo promesso di non parlare della Grecia sino a dopo l’esito del referendum a meno che non avessi letto qualcosa di non omologato rispetto alle gran mole di articoli e commenti rovesciati su di noi dai media.

Ebbene, questa mattina il mio amico Roberto Plaja ha pubblicato un post in italiano sul proprio blog. Roberto parla della Grecia da un punto di vista particolare. Ho avuto il privilegio di leggere il pezzo in anteprima e, inizialmente, ero un po’ incerto. Condivido le premesse e, in larga parte, anche le conclusioni di Roberto, tuttavia devo rileggerlo ancora per arrivare a un’opinione definitiva sull'accostamento della finanza e della politica alla filantropia. Merita, comunque, di essere letto, perché offre, come di consueto, validi spunti di riflessione: http://www.theboxisthereforareason.com/2015/07/04/uno-due-tre/.
C’è un tema, in particolare, sul quale concordo pienamente con lui: l’eccesso di opinioni espresse da famosi economisti di varia nazionalità, inclusi numerosi Premi Nobel. Roberto ha perfettamente ragione quando sostiene che non pochi di loro sono, a tutti gli effetti, dei politici che tendono ad affermare la propria visione ideologica salendo sul pulpito messo a disposizione dalla presunta autorevolezza di studiosi.
Mi pare un atteggiamento deplorevole, reso tanto più grave dalla disponibilità di spazio e di strumenti di comunicazione che la nostra epoca offre. E anche dalla mancanza di memoria di alcuni tra questi signori.
Prendiamo il caso di Krugman. Poco più di due anni fa, quando Cipro si trovava in una situazione di difficoltà analoga, ceteris paribus, a quella greca, il Premio Nobel del 2008 sosteneva che l’isola dovesse uscire dall’euro. Ecco un breve pezzo da Il Sole 24 di allora:
Cipro non è uscita dall'euro, ma si è risollevata dalla crisi.
Ieri, sempre Il Sole 24 Ore, ospitava un articolo in cui Krugman sostiene che il “no” sia da preferire e che anche la Grecia, fuori dall’euro, starebbe probabilmente meglio. Ho dovuto far lavorare lo scanner.


Stampa così e così. Intendiamoci, Krugman ne sa molto, ma molto più di me, tuttavia mi permetto di dissentire dalla sua teoria e di farlo sulla base delle esperienze positive di nazioni europee aderenti all’Eurozona che, più o meno contemporaneamente alla Grecia, hanno ricevuto aiuti dalla cosiddetta Troika e ne hanno adottato le amare ricette. Ne parla un articolo di Michele Pignatelli su Il Sole di ieri: http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-07-04/le-buone-riforme-costano-ma-pagano-081142.shtml?uuid=AC8Z3mL&fromSearch. E ne aveva parlato, due giorni fa, anche Luca Ricolfi, sempre su Il Sole: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-07-03/ma-siamo-sicuri-che-e-tutta-colpa-dell-austerita-072526.shtml?uuid=ACeebAL&fromSearch.
Buona stampa. Perché Krugman non considera questi casi e dimentica che, prima dell’avvento del governo guidato da Tsipras, sia pure molto lentamente, anche l’economia greca aveva iniziato a crescere? E perché considera Tsipras in grado di offrire un futuro migliore al suo paese quando ha ampiamente dimostrato la sua inettitudine non solo a trattare con i creditori, ma anche ad agire con decisione per eliminare i problemi (ne cito solo tre: evasione fiscale, corruzione e mancanza di concorrenza) che agiscono come un’inesorabile zavorra per l’economia greca? E perché Krugman, come tanti altri, evita di considerare il fatto che le sofferenze che ha patito, patisce e patirà il popolo greco non sono diverse da quelle che hanno patito e patiscono e patiranno irlandesi, portoghesi, ciprioti e spagnoli?
Sulla Grecia, spiace dirlo, si sono sprecati fiumi d’inchiostro, ma la gran parte è stata impiegata per affermare determinate posizioni politiche, non per prospettare soluzioni efficaci. Detto altrimenti, i problemi greci sono stati usati con opportunismo disgustoso da parte di troppe persone: intellettuali, veri o presunti esperti, personaggi pubblici di ogni genere (inclusi, da noi, i soliti nani e le solite ballerine) e, ovviamente, politici.
Tra questi ultimi, i nostri, come di consueto, sono stati tra i più attivi nel cercare di sfruttare il referendum greco per riportarsi al centro della scena e provare a conquistare qualche briciola di attenzione e di consenso. Da quelli, come Grillo e Vendola, che non hanno trovato di meglio da fare che andare a complicare la vita agli ateniesi. A quelli che, come Salvini, sono rimasti a casa, preoccupati di schierarsi in maniera troppo sfacciata per il “no”, correndo il rischio di far brutta figura nel caso in cui a prevalere fosse il “sì”. Niente da dire: più scaltro degli altri, ma anche più meschinamente opportunista.
Nella battaglia contro i nemici della musica, oggi ci affiancano niente meno che The Beatles, di cui non vi ho mai proposto nulla (il che conferma la mia stupidità). Non vado a cercare niente di particolare, ma scelgo, come faccio spesso, sulla base delle mie preferenze: The Long and Winding Road.




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