Prendiamo avvio lasciandoci alle spalle, sia pure per poco,
l’aria ammorbata della politica italiana e andiamo a leggere un articolo
apparso ieri su The Guardian. L’argomento è di quelli che suscitano confronti
ideologici aspri e senza soluzione: parliamo di alimenti geneticamente
modificati. E’ un pezzo che offre spazio alle diverse opinioni in materia e che
fornisce spunti di riflessione per formare o rivedere la propria posizione, pur
nei limiti di un articolo di quotidiano, sebbene piuttosto esteso: http://www.guardian.co.uk/environment/2013/feb/02/genetic-modification-breakthrough-golden-rice.
Buona stampa. In linea di principio, non sono contrario
all’impiego di sementi geneticamente modificate, in particolare in paesi nei
quali la fame e certe malattie comportano un prezzo inaccettabile in termini di
vite umane. Considero, inoltre, come viene osservato anche nell’articolo di The
Guardian, che da moltissimo tempo si impiegano tecnologie solo poco diverse da
quelle utilizzate per modificare il patrimonio genetico dei raccolti agricoli.
Tanto per dire, il mais che viene seminato in Italia, pur
non essendo, in senso stretto, geneticamente modificato, è comunque stato
oggetto di manipolazione attraverso incroci varietali e altri procedimenti così
da renderlo progressivamente del tutto diverso dal capostipite. Tra le particolarità di
queste sementi c’è che le piante producono chicchi di mais sterili, ossia, se
fossero seminati, non produrrebbero a loro volta una pianta capace di
completare un ciclo vegetativo normale. In altre parole, pur senza impiegare
tecniche di modificazione genetica, le società che producono sementi sono in
grado di mettere sul mercato mais, frumento, soia che hanno perduto la capacità
di replicarsi, una caratteristica che, personalmente, mi sembra essenziale in
ogni essere vivente, il cui istinto fondamentale è la prosecuzione della
specie.
Questo per dire che il discrimine tra manipolazione e
modificazione genetica mi sembra assai incerto. Aggiungo che a me pare
importante, nella discussione sul tema, che il campo venga sgomberato da quanto
(troppo) vi è d’ideologico o di strumentale. E, inoltre, a me pare prevalente
l’obiettivo di ottenere progressi nella produzione di sementi che, oltre a
ridurre le conseguenze della fame e delle malattie nei paesi meno sviluppati,
consentano di evitare, nelle nazioni sviluppate, problemi come quelli causati
dalla siccità dello scorso anno e dalla presenza di aflatossine nel mais (di
cui vi ho già parlato e le cui conseguenze, economiche e non, il mondo agricolo
italiano sconterà per anni).
E torniamo alla politica italiana, com’è purtroppo
inevitabile dopo l’odierna uscita del tizio decrepito. Non che io sia stupito
dalla cosiddetta “proposta choc”: il tizio decrepito fa innumerevoli e
sfavillanti promesse da diciannove anni, ma stiamo ancora aspettando di vederle
mantenute.
Lascio che ripercorriate la giornata, se
proprio avete motivo di rancore verso voi stessi e volete infliggervi una
punizione, con quest’utile cronaca dal sito de La Stampa:
Di mio aggiungerò soltanto che, essendo del tutto
irrealistico illudersi che i politici italiani modifichino spontaneamente il
loro modo di competere per il nostro voto, dovrebbe essere la stampa, uno dei
pilastri delle democrazie che funzionano, a richiamarli alle loro
responsabilità e a porre in evidenza le loro contraddizioni. E magari a mettere
la sordina alle loro sparate. Ma forse anche questa è un’illusione
irrealistica…
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