La mia anglofilia ha trovato modo di rafforzarsi nelle
ultime ore. Cominciamo da un argomento serio, suggerito dalla lettura di un
articolo del sito LaVoce.info, nel quale si descrive come, nel Regno Unito, si
cerchi di mantenere un rapporto positivo tra lo Stato e i cittadini e come
l’esperienza potrebbe rivelarsi utile per rendere più efficace e meno
sgradevole, tra l'altro, anche l’azione di Equitalia. Ecco il link al pezzo: http://www.lavoce.info/riformare-equitalia-psicologia-tasse-contenzioso/.
Buona stampa. E non soltanto perché giustifica il mio essere
anglofilo. Cameron e i politici inglesi non saranno molto migliori dei nostri
(sono, però, generalmente migliori), ma sembrano ricordarsi che cosa voglia
dire essere cittadino e che uno Stato ben amministrato ed efficiente non ha
bisogno di alzare la voce e di presentarsi a muso duro, anzi. E non mi dilungo,
anche se lo meriterebbe, sull’approccio spesso ricattatorio della nostra
amministrazione pubblica (“anche se hai ragione, paga qualcosa perché ti
conviene”) di cui parla anche il pezzo de LaVoce.
Tornando nel Regno Unito, la sensibilità dei politici
inglesi al rapporto tra Stato e cittadino mi sembra che possa trarre origine da
diversi fattori, tra i quali mi piace indicare il fatto che i politici
inglesi, diversamente dai nostri, si ricordano da dove vengono e dove
torneranno. Detto in altre parole: un politico inglese ha ben presente di
essere un cittadino al servizio di altri cittadini tra i quali si confonderà
nuovamente una volta ultimata la carriera pubblica.
I nostri politici, come dimostrano i meccanismi grazie ai
quali conservano gran parte dei privilegi della carica anche al termine del mandato,
non si sognano affatto di ritornare cittadini normali. Da noi, la carriera
pubblica è intesa come un sistema di promozione sociale (se non qualcosa di
peggio) e di conquista definitiva di vantaggi preclusi alla gente comune. Un
atteggiamento mentale non troppo diverso si ritrova anche nei dipendenti
pubblici, pronti a sfruttare a proprio vantaggio gli interessi dei politici. Il
modo in cui vengono determinate le retribuzioni dei parlamentari, per esempio,
indica come funziona la catena di trasmissione che unisce gli interessi dei
burocrati e quelli dei politici.
Per tornare alle rafforzate motivazioni del mio essere
anglofilo, andiamo a casa della Regina Elisabetta II con questa corrispondenza del
Corriere di ieri: http://www.corriere.it/esteri/13_febbraio_22/la-regina-si-mette-una-stufetta-elettrica-nello-studio-per-tagliare-i-costi_9e87601c-7cde-11e2-a4ef-4daf51aa103c.shtml.
Buona stampa. Non c’è nulla da aggiungere, salvo un paio di
domande, alle quali, come al solito, io ho già dato la mia risposta. Vedete una
simile sobrietà dalle nostre parti? Vi pare che ci sia la stessa attenzione al
risparmio dalle nostre parti?
Per quel che riguarda le elezioni, vi propongo due articoli
da giornali stranieri. Il primo, di ieri, del Wall Street Journal analizza lo scenario che avremo dopo il voto,
che per il quotidiano americano lascerà l’Italia anche meno governabile di
quant’è oggi: http://online.wsj.com/article/SB10001424127887323549204578318371777867636.html?mod=WSJEUROPE_hpp_MIDDLEFourthNews.
Il secondo articolo è tratto da The Guardian e parla della situazione a L’Aquila, vista come
metafora dell’immobilismo nazionale: http://www.guardian.co.uk/world/2013/feb/22/italian-election-laquila-voters.
Buona stampa. Per entrambi. Su The Guardian trovate altri articoli che si occupano dell’Italia,
sono anch’essi buone letture e, guarda caso, aiutano a capire le cose si casa
nostra meglio di tanti pezzi dei quotidiani italiani. E anche questo, ovviamente, non nuoce alla mia anglofilia...
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