sabato 23 febbraio 2013

Dio salvi la Regina


La mia anglofilia ha trovato modo di rafforzarsi nelle ultime ore. Cominciamo da un argomento serio, suggerito dalla lettura di un articolo del sito LaVoce.info, nel quale si descrive come, nel Regno Unito, si cerchi di mantenere un rapporto positivo tra lo Stato e i cittadini e come l’esperienza potrebbe rivelarsi utile per rendere più efficace e meno sgradevole, tra l'altro, anche l’azione di Equitalia. Ecco il link al pezzo: http://www.lavoce.info/riformare-equitalia-psicologia-tasse-contenzioso/.
Buona stampa. E non soltanto perché giustifica il mio essere anglofilo. Cameron e i politici inglesi non saranno molto migliori dei nostri (sono, però, generalmente migliori), ma sembrano ricordarsi che cosa voglia dire essere cittadino e che uno Stato ben amministrato ed efficiente non ha bisogno di alzare la voce e di presentarsi a muso duro, anzi. E non mi dilungo, anche se lo meriterebbe, sull’approccio spesso ricattatorio della nostra amministrazione pubblica (“anche se hai ragione, paga qualcosa perché ti conviene”) di cui parla anche il pezzo de LaVoce.
Tornando nel Regno Unito, la sensibilità dei politici inglesi al rapporto tra Stato e cittadino mi sembra che possa trarre origine da diversi fattori, tra i quali mi piace indicare il fatto che i politici inglesi, diversamente dai nostri, si ricordano da dove vengono e dove torneranno. Detto in altre parole: un politico inglese ha ben presente di essere un cittadino al servizio di altri cittadini tra i quali si confonderà nuovamente una volta ultimata la carriera pubblica.
I nostri politici, come dimostrano i meccanismi grazie ai quali conservano gran parte dei privilegi della carica anche al termine del mandato, non si sognano affatto di ritornare cittadini normali. Da noi, la carriera pubblica è intesa come un sistema di promozione sociale (se non qualcosa di peggio) e di conquista definitiva di vantaggi preclusi alla gente comune. Un atteggiamento mentale non troppo diverso si ritrova anche nei dipendenti pubblici, pronti a sfruttare a proprio vantaggio gli interessi dei politici. Il modo in cui vengono determinate le retribuzioni dei parlamentari, per esempio, indica come funziona la catena di trasmissione che unisce gli interessi dei burocrati e quelli dei politici.
Per tornare alle rafforzate motivazioni del mio essere anglofilo, andiamo a casa della Regina Elisabetta II con questa corrispondenza del Corriere di ieri: http://www.corriere.it/esteri/13_febbraio_22/la-regina-si-mette-una-stufetta-elettrica-nello-studio-per-tagliare-i-costi_9e87601c-7cde-11e2-a4ef-4daf51aa103c.shtml.
Buona stampa. Non c’è nulla da aggiungere, salvo un paio di domande, alle quali, come al solito, io ho già dato la mia risposta. Vedete una simile sobrietà dalle nostre parti? Vi pare che ci sia la stessa attenzione al risparmio dalle nostre parti?
Per quel che riguarda le elezioni, vi propongo due articoli da giornali stranieri. Il primo, di ieri, del Wall Street Journal analizza lo scenario che avremo dopo il voto, che per il quotidiano americano lascerà l’Italia anche meno governabile di quant’è oggi: http://online.wsj.com/article/SB10001424127887323549204578318371777867636.html?mod=WSJEUROPE_hpp_MIDDLEFourthNews.
Il secondo articolo è tratto da The Guardian e parla della situazione a L’Aquila, vista come metafora dell’immobilismo nazionale: http://www.guardian.co.uk/world/2013/feb/22/italian-election-laquila-voters.
Buona stampa. Per entrambi. Su The Guardian trovate altri articoli che si occupano dell’Italia, sono anch’essi buone letture e, guarda caso, aiutano a capire le cose si casa nostra meglio di tanti pezzi dei quotidiani italiani. E anche questo, ovviamente, non nuoce alla mia anglofilia...

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