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sabato 19 settembre 2015

Wolfsburg, Italia?

In questi giorni sembra che non ci si possa allontanare dagli Stati Uniti.
L’ente federale per la protezione ambientale EPA (Environmental Protection Agency) ritiene che la Volkswagen abbia fraudolentemente programmato le centraline di circa 500.000 auto perché rispettassero i limiti di emissioni inquinanti soltanto al momento dei test periodici effettuati per verificare l’effettiva rispondenza alle norme. Se gli USA decidessero di infliggere la massima sanzione possibile, la Volkswagen sarebbe chiamata a pagare 18 miliardi di dollari. La notizia la prendiamo da The New York Times: http://www.nytimes.com/2015/09/19/business/volkswagen-is-ordered-to-recall-nearly-500000-vehicles-over-emissions-software.html?_r=0.
Buona stampa. Si tratta di quel genere di notizia che, a prima vista, sembra incredibile. Almeno a me: fatico a credere che i dirigenti di una delle maggiori aziende automobilistiche mondiali decidano di mettere deliberatamente sul mercato auto che non rispettano la normativa del paese in cui sono immatricolate. Qui non stiamo parlando del caso di un componente che si rivela alla lunga inadeguato o di un errore di progettazione che viene evidenziato dall’uso regolare del veicolo. In questo caso, se le accuse si riveleranno fondate, abbiamo un dispositivo installato appositamente per consentire alle auto di superare le verifiche periodiche e di violare la legge nell’uso quotidiano.
Sono sicuro che se venisse effettuato un sondaggio su un campione della popolazione mondiale chiedendo da che nazione vengano le auto con questo dispositivo, l’Italia se la vedrebbe con la Cina per il primo posto… E, invece, guarda un po’, se le cose stanno davvero come si dice, questa pensata degna del miglior Totò l’hanno fatta a Wolfsburg, Bassa Sassonia, Germania.
Chissà se Marchionne si è già seduto sulla sponda del fiume ad aspettare che passi il cadavere? Una multa da 18 miliardi di dollari metterebbe al tappeto anche un colosso, rendendolo preda abbordabile…
Torniamo in Italia per l’ennesima pessima prova della nostra classe politica, dalla quale, purtroppo, si traggono ragioni per dubitare che possa mai diventare anche soltanto decente e, quel che è peggio, che vi siano differenze sostanziali tra i vari partiti.
Si tratta dell’ordine del giorno della seduta del Senato prevista per ieri mattina: si trattava di iniziare la discussione sul testo della legge di riforma del Senato. 
Alla vigilia del voto alcuni esponenti del M5S pubblicano la foto di un corridoio ingombro di valige (ripresa da La Repubblica: http://www.repubblica.it/politica/2015/09/17/foto/riforme_m5s_senatori_in_fuga_trolley_gia_pronti_-123065880/1/#1). Peccato che, alla prova dei fatti, ossia ieri mattina, l’aula fosse quasi completamente vuota (prendo sempre le immagini da La Repubblica: http://www.repubblica.it/politica/2015/09/18/foto/riforme_pd_replica_a_m5s_altro_che_fuga_con_i_trolley_voi_non_siete_neanche_in_aula_-123145676/1/?ref=nrct-3#1). Credo si possa dire che non si salva nessuno, la mediocrità è l’unico vero elemento unificante dei nostri politici. Semplicemente vergognosi.
Oggi vi propongo un brano di jazz. Brad Mehldau in trio esegue No Moon At All.


venerdì 12 settembre 2014

Twittare tutto per non cambiare nulla


Il Corriere della Sera di oggi, sia in versione cartacea sia sul sito, propone un’intervista realizzata da Michele Farina a Alison Deighton, una donna imprenditore immobiliare inglese, che era interessata a effettuare un secondo importante investimento in Italia. Ecco il collegamento: http://www.corriere.it/cronache/14_settembre_12/super-manager-fuga-puglia-investirei-70-milioni-ma-non-si-puo-176fa44e-3a3e-11e4-8035-a6258e36319b.shtml#.
Buona stampa. Sempre che la signora dica la verità…  Scherzo ovviamente, non ho il minimo dubbio che la signora Deighton dica il vero e che qualche stupido burocrate (o più d’uno, probabilmente) abbia pensato bene di tergiversare sino al punto di mandare all’aria il suo progetto imprenditoriale. Non verremo mai a capo di nulla finché si ripetono vicende simili (e si ripetono, certo che si ripetono!). E c’è un’unica strada per modificare le cose: si deve cambiare radicalmente la filosofia fondamentale del nostro ordinamento giuridico. Si deve cancellare una volta per tutte il principio che tante attività dei cittadini e delle imprese debbano essere autorizzate da uno o più uffici pubblici. Finché questo principio varrà, il nostro paese sarà condannato perché in questo principio si annida il germe della corruzione e dell’inefficienza, dell’arbitrio e dell’irresponsabilità, delle estenuanti lentezze e delle decisioni autolesionistiche. E anche della spropositata dimensione della pubblica amministrazione, centrale e periferica, con le ovvie conseguenze in termini di spesa. Potrei continuare, ma mi fermo qui. Credo di aver già detto abbastanza.
Quando poi si pensa che, mentre la signora Deighton non ha potuto portare avanti il suo progetto perché stanca di confrontarsi con un muro di gomma, in giro per la penisola si svolgono innumerevoli attività abusive o, addirittura, illegali senza che nessuno faccia nulla…
Che l’attuale Presidente del Consiglio e i suoi collaboratori possano modificare questo stato di cose mi sembra assai improbabile. Direi, anzi, impossibile. Ho tenuto in sospeso a lungo il giudizio su Matteo Renzi. Si parva licet componere magnis, mi sono adeguato a quanto hanno fatto la maggior parte dei commentatori politici: per qualche mese sono rimasto a guardare, in attesa fiduciosa di vedere qualche segno concreto di autentico cambiamento. Non ne ho visti.
Renzi, purtroppo, marca una continuità sconcertante con il tizio decrepito: Berlusconi sottoscriveva contratti che valevano meno della carta su cui erano scritti, Renzi ogni secondo minuto annuncia su Twitter che farà questo e farà quello, ma a tutt’oggi, la sola misura rilevante adottata è quella dei famosi 80 euro di minor prelievo sulle buste paga più basse, una misura che è stata più che compensata da incrementi delle imposte (non tutti, per la verità, decisi dal suo governo).
E siccome non posso pretendere che crediate a me, vi suggerisco di leggere l’intervista al Presidente del Consiglio pubblicata dal Sole 24 Ore qualche giorno fa: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-09-03/renzi-subito-tagli-20-miliardi-e-bonus-non-torno-indietro-063516.shtml?uuid=ABjklspB.
Buona stampa. Roberto Napoletano, il mio (ottimo) omonimo direttore del quotidiano ci prova a condurre la conversazione sul piano del realismo, ma è tutto inutile.
Quel che lascia l’amaro in bocca è che gli italiani, pur consapevoli del fatto che Renzi sta facendo poco o nulla per portare il paese fuori dalle secche in cui sta arenato da quel dì, continuano ad apprezzarlo. I sondaggi dicono che piace: non fa nulla o quasi, ma può contare ancora sul sostegno della larga maggioranza degli italiani. Nella quale, sia chiaro, io non voglio essere annoverato.
Quella capacità di cambiamento che Renzi va cercando di accreditare viene smentita, tra i tanti, da due fatti, tra loro, plausibilmente, collegati. Il primo è l’imminente abbandono, da parte di Carlo Cottarelli, del ruolo di Commissario alla Revisione della spesa (Spending review per quelli che non sopravvivono senza ricorrere, senza ragione, all’inglese). Il secondo il rinvio sine die di ogni misura volta a costringere gli enti locali a chiudere una parte delle innumerevoli società partecipate, così come, tra le altre cose, suggeriva di fare Cottarelli.
E mentre, passo dopo passo, Renzi non ci porta da nessuna parte dove valga la pena di andare, alcuni eminenti (si fa assolutamente per dire) esponenti della classe dirigente italiana discutono di argomenti cruciali.
Penso a Rosy Bindi che si concentra sul ruolo della bellezza delle sue colleghe ministre, dando vita a un dialogo a distanza di eccelso livello.  O a Diego Della Valle che contesta a Marchionne la decisione di sostituire Montezemolo alla guida della Ferrari. Il futuro del paese sarà radicalmente modificato dal dibattito su questi temi fondamentali? Mah…
Buona notte e buona fortuna.

domenica 4 novembre 2012

Basta politica, forse...


Sarete annoiati anche voi, come me, dal fatto che continuo a scrivere delle vicende politiche italiane. Una ragione c’è, ovviamente: con l’avvicinarsi delle elezioni politiche riemerge il peggio del sistema e crescono le mie preoccupazioni per il futuro, già non trascurabili anche nell’ipotesi che, dopo il voto, Mario Monti restasse a Palazzo Chigi e potesse procedere con maggior determinazione e sicurezza nel processo riformatore appena accennato nei quasi dodici mesi trascorsi dal suo insediamento.
Oggi, spero me ne sarete grati, cambio argomento, anche se restiamo in Italia e il tema che vi propongo non è affatto privo di implicazioni politiche. Si tratta, infatti, del caso Fiat. Negli ultimi giorni si è tornato a parlare dell’azienda torinese e, soprattutto, dell’atteggiamento di Sergio Marchionne nella vicenda degli operai reintegrati a Pomigliano.
Non è di questa specifica vicenda che intendo occuparmi: so poco o nulla di diritto del lavoro e, come spesso in casi simili, dai giornali si fatica a ottenere un’informazione imparziale e chiara.
Vorrei, invece, farvi riflettere sul fatto che Marchionne, non so quanto involontariamente, sembra muoversi come il proverbiale elefante nel negozio di cristalleria. La mia opinione sull’Amministratore Delegato di Fiat, in estrema sintesi, è che sia un uomo che per cultura e per esperienza fa fatica ad adeguarsi ai meccanismi italiani e che sia senz’altro un ottimo manager (di gran lunga migliore di quasi tutti quelli che hanno guidato Fiat negli ultimi quindici anni), ma forse (come si verifica spesso nella nostra epoca) si preoccupa sì del futuro dell’azienda che guida, però anche del proprio, quindi cura molto la propria immagine, sebbene, apparentemente, faccia il contrario. E’ fuor di dubbio, comunque, che sia una personalità controversa, che suscita, com’è ovvio, insofferenza nelle controparti, ma anche entusiasmi e contrarietà negli organi di stampa.
Torniamo indietro di qualche settimana e andiamo a rileggere l’intervista del Direttore de La Repubblica, Ezio Mauro, a Sergio Marchionne: http://www.repubblica.it/economia/2012/09/18/news/fiat_intervista_marchionne-42748612/?ref=search. Il messaggio non era piaciuto a Massimo Mucchetti, editorialista economico del Corriere della Sera, che, il giorno seguente, aveva scritto questo pezzo critico e vagamente canzonatorio (com’è un po’ nel suo stile): http://www.corriere.it/editoriali/12_settembre_19/Il-lingotto-la-carta-tedesca-mucchetti_70e9fc24-021c-11e2-9f2e-6124d1c3f844.shtml.
A Mucchetti aveva risposto, sul proprio blog (assai più frequentato del mio), Franco Debenedetti,
Buona stampa. Soprattutto perché ci sono idee diverse che si confrontano, tuttavia non siamo in presenza di vergini purissime. Ammetto, sono malizioso, ma permettetemi di riepilogare. Ezio Mauro ha diretto a lungo La Stampa, quotidiano della famiglia Agnelli. Massimo Mucchetti scrive per il Corriere, ossia un quotidiano in cui la Fiat possiede una quota importante inserita nel sindacato di controllo, ma che ha in Mediobanca, non più amica di Fiat, il proprio principale azionista membro del patto di sindacato e che ha in Diego Della Valle uno dei principali soci esterni al patto di sindacato e che, infine, ha una compagine societaria nella quale non si può dire che regni la pace assoluta.
Franco Debenedetti è il fratello del padrone de La Repubblica, Carlo De Benedetti (sic! Nel senso che mia sorella ed io scriviamo il nostro cognome nello stesso modo), con il quale, verso la fine degli anni 70, fu protagonista di quella breve parentesi chiamata dei “Cento giorni”, quando Carlo fu nominato Amministratore Delegato di Fiat e Franco divenne uno dei dirigenti di massimo livello per poi essere entrambi, ma non contemporaneamente, allontanati da Gianni e Umberto Agnelli decisi a tornare sui propri passi per ragioni ancora un po’ oscure.
Fine della dietrologia e un salto a oggi, anzi a ieri. Grazie all’amico N.D. per avermi segnalato questa intervista a Massimo Cacciari sul sito LinkIesta: http://www.linkiesta.it/marchionne-cacciari-fiat.
Buona stampa. Soprattutto per merito dell’intervistato.
Cacciari è un bastiancontrario, non ci piove. E si piace. E non ci piove neppure su questo, ma ha una gran testa e la usa per conto proprio e non per conto terzi. Dice cose interessanti e, anche se fa parte del partito che vota per Marchionne, apre molti spazi di riflessione e squarcia il sipario qua e là senza paura.