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martedì 5 maggio 2015

La famosa acqua di Cologna


No, non sto farneticando, capirete dopo perché questo titolo. Prima, però, parliamo di un altro argomento.
Ieri, sul Corriere della Sera, ho letto un eccellente (come di consueto) articolo di Claudio Magris il cui argomento erano le violenze e i vandalismi di Milano. Purtroppo non era disponibile in rete e sono riuscito a reperirlo solo adesso sul sito Ristretti orizzonti (http://www.ristretti.org/). Questo è il link all’articolo: http://www.ristretti.org/Le-Notizie-di-Ristretti/giustizia-piazze-e-stadi-la-balbuzie-ideologica-dei-violenti.
Buona stampa. E buon lavoro di Ristretti orizzonti che sopperisce alla politica non molto comprensibile della redazione on line del Corriere. Magris possiede un’intelligenza lucidissima e una scrittura nitida, senza fronzoli, che porta al cuore delle questioni e le illumina perfettamente.
Nel corso delle mie inutili ricerche di ieri, avevo trovato nell’archivio del Corriere un articolo del 2 Settembre 2008, sempre scritto da Magris e sempre dedicato al tema della violenza e del vandalismo, in questo caso dei tifosi. Non ricordo a quale evento si riferisca l’articolo, ma questo importa poco o nulla. Quello che lascia sconcertati è che, a distanza di oltre sei anni, le problematiche siano rimaste sostanzialmente le stesse, senza che, da parte delle autorità competenti e delle società di calcio, fosse fatto alcunché per modificare le cose, come dimostrano anche gli eventi recenti di Torino e di altre città.
Buona stampa. Credo che anche lui sia andato a rileggerlo prima di scrivere quello pubblicato ieri. Che altro doveva fare? Non ci sono stati cambiamenti, non in senso positivo, anzi. Le parole del 2008 sono ancora valide, tutt’al più rese maggiormente fondate dall’aggravarsi del problema.
E torniamo alla qualità dei nostri giornalisti. Qualche ora fa ho letto questo articolo su Il Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-05-05/germanwings-brand-sparira-autunno--081511.shtml?uuid=ABrGodaD&fromSearch.
Adesso lo hanno corretto, ma al momento della pubblicazione on line, come di quella sul cartaceo, la Signora Mara Monti aveva scritto Cologna, non Colonia. Ecco il testo acquisito con lo scanner. E ho anche la copia della prima versione apparsa sul sito.


La correzione on line è seguita a una mail che ho inviato al Direttore de Il Sole 24 Ore, Roberto Napoletano, il quale si è affrettato a far modificare il testo, ma si è guardato bene dal rispondermi. E si è anche ben guardato dal far apporre due righe di scusa per l'errore. Detto altrimenti: ha messo la polvere sotto il tappeto ed è sgattaiolato via. Non mi pare l’atteggiamento giusto per chi guida un quotidiano che, giustamente, aspira a essere, ed è, uno dei più autorevoli anche in ambito internazionale. Ammettere un errore è prova di forza, non di debolezza. E di rispetto per i lettori.
Mala stampa.
Oggi cade un anniversario che mi pare giusto ricordare. Il 5 Maggio 1981 moriva Bobby Sands, uno dei più famosi esponenti dell'IRA, Irish Republican Army. Non ricordo la morte di Sands perché io abbia una qualsiasi valutazione personale su di lui e su ciò che rappresenta. La guerra civile irlandese è stata, con i conflitti arabo-israeliani e la fase conclusiva della guerra del Vietnam, parte della vita delle persone della mia età, resa una presenza costante dalla televisione e dai giornali che la documentavano, giorno dopo giorno.
Non commemoro, dunque, la morte di Bobby Sands, intendo ricordare una delle vicende più tragiche del XX° secolo, durante la quale, da entrambe le parti, sono stati commessi crimini brutali e spietati.
Restiamo in Irlanda, e nell'area politica in cui militava Sands, per il primo ascolto musicale. Nella seconda metà degli anni Settanta, infatti, il cantante Christy Moore era schierato accanto ai prigionieri dell'IRA detenuti a Maze (http://en.wikipedia.org/wiki/Christy_Moore). Il brano che vi propongo è Back Home in Derry.


Il secondo brano, che ha condiviso sulla sua pagina Facebook il mio amico Stefano e quindi il merito è suo, ci riporta al Jazz. Siamo alla fine degli anni 30 con alcuni tra i più apprezzati strumentisti dell’epoca, a cominciare dal leader, Django Reinhart, per passare a Coleman Hawkins e a tutti gli altri. Il titolo è Out of Nowhere.


martedì 6 novembre 2012

Economia giapponese e splendido jazz


Continuiamo a tenerci lontani dalla politica italiana. Prima o poi toccherà tornarci sopra, ma per adesso proviamo a guardare altrove e a riflettere su questioni non maleodoranti come quelle locali.
Sul Sole 24 Ore di oggi, Luigi Zingales propone un’interessante riflessione sulla situazione economica giapponese, partendo da una battuta paradossale che circola tra gli economisti. Ecco il link dell’articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-11-06/tokyo-sembra-atene-063652.shtml?uuid=AbR71Q0G.
Buona stampa.
Le considerazioni di Zingales sono piuttosto convincenti e le ragioni del pessimismo riguardo alle prospettive giapponesi, a mio avviso, vengono anche dal settore manifatturiero oltre che dal debito e dal deficit statale. Sono di questi giorni le notizie relative alla profonda crisi in cui versano aziende come Sharp, Olympus, Sony e Panasonic, ossia aziende che per anni hanno costituito la punta di diamante della potenza industriale del Sol Levante.
In qualche caso, quello di Sharp in particolare, si mette addirittura in dubbio la possibilità che l’azienda possa sopravvivere alla situazione di dissesto in cui si trova. I principali quotidiani finanziari si occupano da tempo delle difficoltà di molte industrie giapponesi. Vi indico un paio di articoli su Sharp dal Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2012-09-27/sharp-alza-forbice-10mila-102423.shtml?uuid=AbYKoQkG&fromSearch e http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-11-02/lhitech-tokyo-apple-samsung-073007.shtml?uuid=AbtgOIzG&fromSearch.
Gli altri potete tranquillamente cercarli voi, se volete.
Torniamo al pezzo di Zingales e teniamo bene a mente il monito conclusivo, perché la questione ci riguarda (anche se l’Italia non viene mai citata). Ci riguarda molto e molto ha a che fare con i nostri impegni in materia di finanza pubblica. Non lo dico a me stesso e ai miei tre lettori, mi piacerebbe che sentissero quelli che aspirano a governare il Paese…
E veniamo alla musica. Dopo quella dedicata al capolavoro dei Procol Harum, oggi vi offro un’altra selezione di esecuzioni differenti del medesimo pezzo.
Il brano che ho scelto per oggi è, forse, persino più importante di A Whiter Shade of Pale (ammesso che simili confronti abbiano senso, e non credo ne abbiano) e, comunque, è un altro immenso capolavoro: In a sentimental mood, scritto da Duke Ellington nel 1935 e interpretato da tanti maestri.
Cominciamo da una versione del compositore, però più recente, scelta perché Ellington non si esibisce con la propria orchestra, come di consueto, ma in veste di strumentista insieme a John Coltrane, uno dei massimi sassofonisti della storia del jazz. Ho detto anche troppo, lascio spazio a questi grandissimi musicisti. Il disco da cui è tratta l’esecuzione risale al 1962.


Passiamo a un altro eccezionale talento, il chitarrista francese Django Reinhart, considerato da molti il vero “inventore” della chitarra nel jazz. La sua versione risale al 1937.


Diamo nuovamente spazio al Duca, perché ascoltiamo la versione cantata da Ella Fitzgerald e tratta da un album doppio inciso insieme a Ellington e alla sua orchestra nel 1957.


La quarta versione è quella di un grande trombettista tormentato, Chet Baker, tratta dall’album Chet on Poetry del 1989, realizzato in Italia con musicisti italiani.


Finiamo con un altro immenso maestro, un uomo cui il destino ha riservato una vita difficile e troppo breve, ma che ha saputo raggiungere vette di bellezza straordianaria: Michel Petrucciani. Qui in un’esecuzione dal vivo con Gary Peacock al basso e Roy Haynes alla batteria. La registrazione è stata effettuata a Karlsruhe 1988. E' la versione più lunga che vi propongo, ma ascoltatela fino in fondo, non ve ne pentirete.