Da quel che riportano i quotidiani, il funerale in pompa magna di Vittorio Casamonica non è stato proprio un evento a sorpresa, anzi. Vediamo l’aggiornamento da La Stampa: http://www.lastampa.it/2015/08/22/italia/cronache/funerale-in-stile-padrino-gabrielli-errori-gravi-Gmk7S1C7CiHRN3jkcOQmJJ/pagina.html.
Cronaca. Dalla quale sembra emergere che la struttura gerarchicamente sottoposta al Prefetto Gabrielli avrebbe commesso errori gravi. In qualsiasi Paese civile del mondo, la persona alla guida di una struttura pubblica che ha mancato ai propri compiti così gravemente da causare il discredito della nazione, si dimette nel volgere di poche ore, se non di pochi minuti. Di certo non resta al suo posto imperturbabile, cercando di scaricare le proprie responsabilità sui sottoposti.
Anche il parrocco della chiesa che ha ospitato i funerali dovrebbe sentire il dovere di togliere il disturbo. Soprattutto dopo aver sostenuto di essere pronto a celebrare nuovamente le esequie: errare è umano, perseverare è diabolico. E questo, per un sacerdote, mi pare peccato tutt’altro che veniale…
Sempre da La Stampa, vi propongo il commento di Francesco La Licata che spiega perché quanto accaduto giovedì a Roma costituisca motivo di profonda preoccupazione e perché non possiamo fingere che non ci riguardi tutti: http://www.lastampa.it/2015/08/22/cultura/opinioni/editoriali/le-inquietanti-analogie-con-il-passato-ApgConTs6Vpf6ovI31ghtN/pagina.html.
Buona stampa. Dall’articolo riprendo alcune righe: “…Il celebrante se n’è lavato le mani asserendo di aver fatto solo il proprio mestiere. Può la Chiesa negare un funerale? Eppure fu solerte, a suo tempo, quando negò la benedizione e il rito funebre a Piergiorgio Welby”. Per ora, sul diverso modo in cui la Chiesa ha trattato Casamonica e Welby, bastino le parole di La Licata, ma presto o tardi, come ho detto ieri, ne riparleremo.
Passiamo ora alla questione dei migranti, che giorno dopo giorno si fa più grave e più complessa, mostrando tutta l’inadeguatezza delle misure poste in essere dai singoli Paesi e dalle organizzazioni sovranazionali, Unione Europea in testa.
Rebus sic stantibus, non credo che la situazione possa cambiare. Se le soluzioni sono come quelle che propone il Felpo Matteo Salvini, possiamo stare tranquilli che il problema resterà irrisolto, aggravandosi, per anni e anni. L’ultima, lo ammetto, fantasiosa e, ovviamente, irrealistica, è quella di usare come centri di accoglienza per i migranti le piattaforme petrolifere. La notizia, e i commenti, li prendiamo da un articolo di Lettera 43: http://www.lettera43.it/capire-notizie/migranti-sulle-piattaforme-eni-l-idea-di-salvini-non-funziona_43675183920.htm.
Buona stampa. Se fossi Salvini, che parole userei per qualificare chi propone soluzioni assurde come fa lui? Qui, però, non le usiamo quelle parole…
Sul tema dell’immigrazione, visto che siamo ancora in un fine settimana estivo e, presumibilmente, avrete un po’ di tempo per leggere, vi suggerisco anch’io, come ha già fatto Roberto Plaja, la lettura di uno stupendo articolo di Anders Fjellberg tratto dal quotidiano norvegese Dagbladet (https://en.wikipedia.org/wiki/Dagbladet):
Buona stampa. Anzi di più: un esempio eccellente di quello che dovrebbe essere il giornalismo. Prendetevi un po’ di tempo per leggerlo, non vi pentirete.
Nella nostra battaglia contro i nemici della cultura e della musica, che ogni giorno danno prova della loro inesauribile ottusa violenza e del loro odio sanguinario per l’Uomo e per la Storia, oggi vi propongo un solo ascolto, ma, a mio giudizio, tutt’altro che banale. Si tratta di Preludio e Preghiera di Gino Marinuzzi (https://it.wikipedia.org/wiki/Gino_Marinuzzi_%281882-1945%29), una delle maggiori personalità della musica italiana del secolo scorso, come ha spiegato Paolo Isotta in un recente articolo sul Corriere della Sera: http://archiviostorico.corriere.it/2015/agosto/13/Gino_Marinuzzi_co_0_20150813_9aa48694-417d-11e5-b2c1-92dec9bcc914.shtml.
Buona stampa. L’esecuzione del brano di Marinuzzi è dell’Orchestra Sinfonica della Radiotelevisione Croata diretta da Niksa Bareza e del soprano Adela Golac-Rilovic.
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