martedì 25 agosto 2015

La liquidità c'è, manca altro

Dal 2007, anno in cui affonda le sue radici la crisi economico-finanziaria che ancora il mondo sta vivendo, le borse mondiali hanno “annerito” parecchi giorni, senza preoccuparsi che si trattasse di martedì o giovedì, trascurando, ovviamente, i sabati e le domeniche. O, quantomeno, questo dicono i titoli dei quotidiani che, un po’ ovunque, hanno definito anche il 24 Agosto 2015, in base ai bruschi cali generalizzati degli indici, “lunedì nero”.
Sarebbe meglio se la stampa, in Italia in particolare, ma anche altrove, evitasse di (ab)usare queste definizioni. Non c’è nulla di peggio che circondare di clamore eventi che meriterebbero di essere considerati con attenzione e con prudenza, moderando i toni e presentando valutazioni pacate e serie. Ma tant’è…
Storicamente, il primo giorno a diventare nero fu un giovedì d’Ottobre del 1929, per la precisione il 24, quello del crollo di Wall Street. In realtà, le cose andarono male anche nei giorni successivi, tanto che il 29 Ottobre viene ricordato come “martedì nero”. 
C’è già stato un "lunedì nero" nel 2015, il 6 Luglio, quando ancora non si vedeva la soluzione alla crisi greca. A onor del vero non la si vede bene neppure adesso, ma tutti fanno finta che non sia così.
Nel 1987 ci fu quello che, a ben vedere, si deve ancora considerare l’autentico “lunedì nero”: il 19 Ottobre (https://en.wikipedia.org/wiki/Black_Monday_%281987%29), quando gli indici subirono flessioni ben più decise di quelli di ieri.
Tutto questo per dire cosa? Per dire quasi nulla: non sono tanto sventato da andare appena un po’ oltre questo piccolo sfoggio di conoscenza delle crisi dei mercati finanziari. Se mi azzardassi a fare ipotesi su quel che succederà metterei, scusate la scarsa eleganza, il culo nelle pedate, prospettiva che preferisco senz’altro evitare.
Sull’andamento dei mercati di ieri, sulle cause e sulle possibili misure di intervento, come di consueto, mi limiterò a suggerirvi qualche lettura. Volendo, potrei esagerare con i suggerimenti, ma preferisco concentrarmi su un quotidiano e su due soli articoli per consentirvi di confrontare punti di vista assai diversi. Il Sole 24 Ore di oggi ospita un editoriale del direttore, Roberto Napoletano, (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-08-25/un-qe-pechino-065732.shtml?uuid=AC52FOm) e uno di Donato Masciandaro, economista e docente universitario, (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-08-25/quella-cura-svedese-la-bolla-071048.shtml?uuid=ACAbMOm).
Evito di dare il mio consueto giudizio, dirò solo che sono piuttosto sconcertato dalla distanza tra le due posizioni, che ci starebbe bene se non fosse coinvolto il direttore, la cui opinione schiera il giornale e finisce per smentire quella di Masciandaro. Non esprimo valutazioni, ma farò qualche osservazione che, credo, farà capire quale dei due mi convinca di più.
Se c’è un punto sul quale concordano la maggior parte degli osservatori che ho letto anche nelle scorse settimane (la questione non è di ieri) è che i problemi economici e finanziari della Cina sono affrontati in maniera abbastanza inadeguata dalle autorità del Paese. Quello che politici e funzionari cinesi non sembrano capire è che le forze dei mercati (di cui hanno largamente beneficiato sul versante del commercio estero e anche degli investimenti di partner stranieri) non obbediscono alle direttive del partito e non si possono controllare con i carri armati. E che, in un Paese che aspira, comprensibilmente, a un ruolo di primo piano come potenza industriale e finanziaria, le decisioni di natura economica, riguardino la valuta o la borsa poco importa, devono essere coerenti e trasparenti.
In altre parole, è indispensabile che governanti e burocrati di Pechino capiscano che la scelta, operata da Deng Xiaoping quasi trent’anni fa, di innestare la libertà economica nel regime politico comunista non può più essere gestita come è stato fatto sino ad oggi, e questo sia per ragioni interne che internazionali.
Ultima osservazione: i mercati finanziari non hanno bisogno di altre iniezioni di liquidità. Potrebbe apparire vero il contrario, come sostiene Roberto Napoletano, ma non è così. In realtà, la liquidità si sarebbe dovuta ridurre già da tempo, ma non è stato possibile farlo perché, soprattutto in Europa, ma non solo, sono mancate le risposte politiche ai problemi economici e le banche centrali hanno dovuto sopperire, anche troppo, al deficit di incisività e di autorevolezza della politica.
Per fortuna, almeno per oggi, le borse europee si sono riprese quasi completamente. Un "martedì bianco"?
Per la musica, oggi torniamo al jazz. Ascoltiamo il trio di Brad Mehldau nel brano di Nick Drake: Time Has Told Me.




Nessun commento:

Posta un commento